Dopo Faith Erin Hicks, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare un altro premio Eisner ospite a Lucca Comics & Games 2018: Jason Shiga. Laureato in Matematica, la sua arte fa spesso uso della Scienza Pura per eccellenza costruendo forme narrative e strutturali insolite. Con la serie di quattro volumi Demon, pubblicata in Italia da Coconino Press, l’autore non solo si è aggiudicato l’Eisner di cui sopra, ma l’altrettanto prestigioso Ignatz Award, conquistando critica e pubblico.

Ringraziando per la collaborazione la casa editrice romana e in particolare Luca Baldazzi, vi lasciamo alla nostra chiacchierata con il simpatico e geniale fumettista americano:

 

Ciao, Jason! Grazie di essere qui e benvenuto su BadComics.it!
Partiamo dai tuoi studi: da una laurea in Matematica al Fumetto. Com’è avvenuto questo passaggio?

Meanwhile, copertina di Jason Shiga

Ciao, e grazie a voi. Non credo che tra questi due mondi non esistano relazioni. Alcuni degli artisti che più amo hanno coniugato Arte e Matematica con strabilianti risultati. Per esempio, penso al grande M.C. Escher, il mio preferito, probabilmente, che ha fatto della Matematica e della Geometria i soggetti prediletti delle sue opere. Penso inoltre che gli studi abbiano influenzato molto anche le mie letture. Sono un appassionato di Fantascienza e di autori che hanno realizzato il meglio della loro produzione soprattutto negli anni ’60, come Arthur C. Clarke e Isaac Asimov. Entrambi questi scrittori hanno inserito parecchi concetti matematici e concezioni scientifiche nei loro romanzi e nei loro racconti, creando dei capolavori. In sintesi, la Matematica è stata un po’ un collegamento tra la Scienza e le mie passioni letterarie e artistiche.

Ritieni che il tuo tipo di laurea e la forma mentis che ne deriva ti abbiano aiutato o ispirato in qualche modo come fumettista?

Assolutamente sì. I miei fumetti hanno un taglio molto analitico, matematico. In alcuni casi nascono addirittura da una programmazione di tipo matematico, lunga anni. Mi riferisco ai grafici, ai diagrammi di flusso, al tipo di annotazioni che raccolgo durante le mie osservazioni, le mie riflessioni. Solo dopo molto tempo dedicato alla pianificazione di un progetto traduco tutto il materiale elaborato in storia e immagini.

Quando progetti la trama di una storia hai in mente sin dall’inizio gli sviluppi e la sua conclusione?

La risposta è sì, ma devo aggiungere che utilizzo un metodo un po’ insolito, ossia parto dalla fine. Voglio dire, inizio dal finale della storia e procedo a ritroso, realizzando le parti che portano alla sua conclusione. A essere precisi, l’ultima cosa su cui mi concentro è solitamente la fase centrale della storia.

Cosa ti ha spinto a fare fumetti? A quale esigenza devi rispondere?

Wow! È una domanda profonda. È molto filosofica. Non lo so! Suppongo sia la voglia di esprimermi.

È un divertimento per te fare fumetti?

È molto più che un divertimento. Mi divertono e mi piacciono un sacco di cose. Mi piace bere frullati, ma non sono la passione della mia vita. Penso che in fondo al mio desiderio di creare fumetti ci sia il mio amore per la cultura pop e la volontà di realizzare opere pop con le quali divertire nuove generazioni di lettori.

Ci sono dei maestri o dei titoli celebri che hanno ispirato te e le tue opere?

Oh, ce ne sono tantissimi. Il titolo che più mi ha influenzato per “Demon” è stato senza dubbio “Death Note”, lo shonen di Takeshi Obata e Tsugumi Ohba. Uno dei miei mangaka preferiti è poi Kazuo Umezu, ma adoro e traggo ispirazione da tutti i media, fumetti, romanzi, film, serie TV, e ovviamente dall’Arte e dalla cultura pop, come ho già detto.

Veniamo alla tua ultima opera, “Demon”. Com’è nata l’idea di questo progetto?

L’idea alla base di “Demon” è qualcosa che avevo in mente da parecchio tempo. Le influenze prevenienti dalla cultura pop sono state le più disparate. Mi vengono in mente pellicole come “L’Esorcista” [1973], “Ricomincio da capo” [1993], e la serie televisiva “In viaggio nel tempo” [1989]. Da un punto di vista tematico, con “Demon” intendevo esplorare il concetto di immortalità, cosa significhi vivere in eterno e come trovare un significato all’esistenza, ma voleva essere anche una riflessione sulla paura della morte e sulla sopravvivenza.

Hai affermato che “Demon” è un po’ il tuo omaggio ai giornaletti pulp e sconci della giovinezza, ma allo stesso tempo è frutto di una ricerca molto profonda su temi fondamentali. Inoltre, è sorretto da un’irresistibile ironia.

Grazie. Sì, sono d’accordo. È un fumetto ironico e nichilista, come lo sono io. D’altronde, il protagonista scopre che la vita non ha un senso, che non esiste un’anima e non c’è un aldilà. È solo caos e miasma. Non aggiungerò altro per non spoilerare la trama a chi non l’ha ancora letto.

In “Demon” fornisci delle risposte, ma intende essere un’esortazione per il lettore a trovare le sue, giusto?

Esatto. Credo che una buona storia possa anche funzionare… come dire, da istruzioni per la vita.

I contenuti di “Demon” fanno riferimento a complotti, programmi per la pace nel mondo e democrazia. Sono temi toccati sempre con ironia, ma qual è il tuo punto di vista riguardo all’attuale assetto mondiale? Sei ottimista o pessimista?

[Ride] Bella domanda! Credo che l’orientamento politico generale sia da anni quello di andare verso governi sempre più centralizzati, una tendenza che giudico positiva. Penso per esempio all’Unione Europea e alla possibilità di persone e merci di viaggiare liberamente senza confini e dogane, senza alcun vincolo di sorta. Ultimamente, però, sembra si stia assistendo a un trend nell’opposta direzione. Non sono ottimista per quanto riguarda l’immediato, ma penso che alla lunga si tornerà sulla strada giusta.

Prima di “Demon” hai realizzato altri fumetti. Ce n’è uno in particolare a cui ti senti particolarmente legato e di cui ci vuoi parlare?

Oh, sì! Penso che quello a cui sono più affezionato sia “Meanwhile”. È stato il mio lavoro più ambizioso: un fumetto interattivo. Mi sono ispirato all’idea che sta alla base dei libro-game, quelli del tipo “Scegli la tua avventura”, e ho provato ad applicarla in forma di fumetto. È un’opera che risale a diversi anni fa, quando non avevo ancora un editore. È stata una mia autoproduzione per circa un decennio, durante il quale mi sono preoccupato di ogni aspetto, dalle chine alla stampa, fino alla distribuzione. Anche per questi ultimi aspetti mi è molto caro.

Ultima domanda: un fumetto da consigliare ai lettori di BadComics.it?

Anche per questa domanda la risposta è: tantissimi! Dammi un attimo, voglio parlare di qualcosa d’insolito, o almeno di poco conosciuto… Ci sono! A mio parere, l’epoca d’oro dei manga sono stati gli anni ’70, dove abbiamo avuto la più grande generazione di mangaka e le più grandi opere. In Giappone è stata una sorta di baby boom. Il mio autore preferito in assoluto è senza dubbio Kazuo Umezu, e per me la sua “Aula alla deriva” [1972] è un vero capolavoro. La premessa è semplicissima: una scuola sparisce improvvisamente e appare in un altro luogo indefinito. Quando gli studenti guardano fuori dalla finestra, vedono solo uno sconfinato deserto e pensano di essere finiti in un futuro in cui la Terra è stata devastata dall’incuria dell’uomo. Devono quindi lottare per la sopravvivenza in un mondo totalmente ostile. Mi ricorda per certi versi “Il signore delle mosche”, di William Golding, anche se Umezu è più ottimista riguardo alla natura umana. Ho pianto alla fine.

 

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