Stan Lee ripensa al passato e alla costruzione di ciò che la Marvel fu ed è oggi. Lo fa in occasione di un evento tributo, organizzato da alcune star di Hollywood e sulle pagine di Comic Book Resources, che ha raggiunto il novantaquattrenne pilastro del Fumetto americano e della cultura popolare contemporanea, per raccogliere alcune dichiarazioni in merito a una vita e una carriera che hanno avuto un impatto notevole su quelle di molti altri.

 

Il mio editore alla Timely Comics non apprezzava molto i dialoghi e non voleva che mi impegnassi troppo nella caratterizzazione dei personaggi. Diceva che ai lettori importava solo dell’azione. “Non perdiamo tempo con discorsi, filosofia, caratterizzazioni. Non ha alcun valore per il pubblico. Datemi l’azione!” Il che non mi metteva proprio allegria, quando facevo il mio lavoro.

Divenne divertente quando ebbi l’occasione di pubblicare le storie che volevo, invece di quelle che voleva lui. Da quel punto in poi, mi sono divertito un mondo, ero entusiasta e ho amato ogni minuto della mia carriera.

 

Era nata la Marvel, erano nate le storie dei supereroi con superproblemi, di personaggi che erano prima uomini e donne e solo successivamente dei vigilanti in maschera.

 

Ciò che ho sempre amato del mio lavoro era il fatto di poter instaurare una relazione personale con i lettori. Mi divertivo a scrivere una rubrica chiamata Stan’s Soapbox e a infilare dei piccoli editoriali all’inizio e alla fine di una storia ogni volta che potevo. Secondo me, se i lettori hanno l’impressione di conoscere la persona che sta scrivendo le storie e di poterci comunicare, allora non hanno semplicemente la sensazione di comprare un fumetto da leggere e poi buttare. Cercavo di dar loro l’impressione di leggere storie scritte da un vecchio amico. Tentavo di renderle una cosa personale.

Vedere crescere la popolarità che acquisirono i personaggi, vederli diventare cartoni animati, videogiochi e poi protagonisti di ogni prodotto che ne è derivato è stata una gioia, sapendo di essere parte di tutto questo.

 

Una delle sue esperienze preferite? Le letture registrate delle storie Marvel con la sua voce che si realizzarono negli anni Sessanta. Soprattutto perché era direttamente coinvolto nella loro realizzazione. Negli anni Settanta, avrebbe avuto un ruolo anche nelle serie TV, live action e animate, che nacquero all’epoca.

 

Stan Lee e Grumpy CatDiedi sempre una mano a progettare le serie animate, e all’inizio non fu semplice. Ma poco a poco riuscimmo a dar vita a dei cartoni sui personaggi e a farli approdare in televisione per poi attrarre sempre più persone e lettori che avrebbero fatto la conoscenza dei nostri eroi.

La cosa importante da ricordare è che il loro successo non è semplicemente merito mio. Io ho ideato moltissimi dei concetti originali e scritto un sacco delle prime storie, ma se non avessimo avuto con noi i grandiosi artisti che hanno collaborato, se non avessimo avuto grandi scrittori che hanno preso in carico i personaggi dopo di me, se non ci fossero stati bravi editor, non saremmo mai giunti dove siamo oggi.

Siamo stati fortunatissimi a lavorare con persone di enorme talento che si sono unite alla Marvel e che volevano essere parte della Marvel. E credo che una delle più importanti ragioni del nostro successo sia aver avuto i migliori editor e i migliori uomini dietro le quinte che si potessero chiedere. E sono orgoglioso di essere stato parte di quel processo.

 

 

Fonte: Comic Book Resources