Il suo nome è legato in maniera indelebile a uno dei simboli di protesta più noti al mondo e la sua arte ha dato vita a una delle opere più lucide e critiche sulla deriva verso cui la nostra società si sta dirigendo: David Lloyd, insieme ad Alan Moore, ha creato uno dei capolavori della Nona Arte, V for Vendetta. Ma l’artista inglese non è solo questo: il suo impegno per la diffusione di fumetti di qualità, slegati da logiche mainstream, è forte e trova nel magazine online Aces Weekly la sua giusta dimensione.

L’abbiamo intervistato per voi in occasione dell’ultima edizione di BGeek, durante la quale ha partecipato in qualità di ospite internazionale, dimostrandosi un osservatore lucido e loquace, oltre che enormemente disponibile.

 

Signor Lloyd, è un onore darle il benvenuto su BadComics.it! Le va di parlarci del progetto che la vede coinvolto, “Aces Weekly”?

“Aces Weekly” è un magazine di fumetti online. Non vedo perché nel XXI Secolo sia necessario spendere tutti quei soldi per leggere fumetti, soldi che il più delle volte servono per la distribuzione. Quindi abbiamo deciso di rivolgerci direttamente al lettore con una rivista antologica che contenga tante storie di vari generi. Chi volesse seguirci può sottoscrivere un abbonamento, e riceverà un numero a settimana. Ogni sette settimane le storie presentate vengono raccolte in un volume che può essere acquistato direttamente online. Finora ne abbiamo già completati ventotto, e posso dirti che il costo di ognuno è davvero esiguo.

Molto spesso ci si dimentica che i lettori di fumetti non hanno poi molti soldi a disposizione per leggere grandi storie. E allo stesso modo, colpevolmente, ci si dimentica del guadagno del team creativo che realizza quei racconti. Sono loro che si sobbarcano il grosso del lavoro, ma le case editrici tendono a trattenere la maggior parte dei guadagni. Con noi puoi occuparti della creazione del tuo fumetto sotto tutti punti di vista, fino alla pubblicazione.

Aces Weekly #11, copertina

Quindi vede nel Web un grande strumento per consentire al Fumetto di svilupparsi e crescere ulteriormente.

Internet rappresenta un ottimo modo per diffondere il Fumetto. Comixology guadagna un mucchio di soldi operando in questa maniera. Prevalentemente si tratta di materiale Marvel o DC Comics pubblicato in digitale, ma io spero che in futuro ci possano essere più fumetti in digitale e soprattutto più opere originali in digitale. Non mi interessa che venga semplicemente riproposto materiale già presentato in formato cartaceo. Il vero problema è che il lettore di fumetti nella maggioranza dei casi è anche un collezionista, e il collezionismo rappresenta una grande fetta del guadagno di una casa editrice. Le multinazionali questo lo sanno, e spesso ne approfittano.

Inoltre, la percezione che la gente ha dei fumetti in digitale è che siano completamente gratis, come se non ci fosse tutto un lavoro dietro per realizzarli. La diffusione di siti legali con cui leggere manga senza pagare nulla, ad esempio, è un avversario difficile da sconfiggere. Ecco, credo che questi siano due degli aspetti che impediscono al Fumetto digitale di diffondersi. Sono però convinto che Internet offra la possibilità di raggiungere quante più persone possibili, anche quelle che magari hanno meno mezzi a disposizione.

Passiamo alla sua opera più celebre, “V for Vendetta”, realizzata insieme ad Alan Moore: com’e nata una storia così importante e rappresentativa di un’epoca ma allo stesso modo senza tempo?

Le mie opere precedenti erano prevalentemente classici fumetti di avventura. Il messaggio che abbiamo voluto trasmettere con “V for Vendetta” è invece letterario. Quando io e Alan abbiamo avuto l’opportunità di creare un nuovo progetto, abbiamo voluto far confluire al suo interno tutte le nostre idee precedenti, facendo coesistere due differenti spunti. Il primo è l’importanza dell’anarchia, o almeno quanto possa essere un buon binario su cui incanalare la società, una componente voluta fortemente da Alan. Io, invece, volevo che venisse posto l’accento sull’importanza dell’individuo. L’individualità e l’integrità sono una reazione alla corruzione delle masse, influenzate da leader corrotti.

V for Vendetta #1, copertina di David Lloyd

È davvero strano constatare come la situazione da voi descritta in “V for Vendetta” sia così similare a quanto sta avvenendo oggi: come ci siamo ritrovati in una condizione del genere?

Già. Fortunatamente, le situazioni non sono così simili. La maggior parte del mondo occidentalizzato è ancora guidata dalla democrazia, e la speranza è che lo possa essere ancora per molto tempo. Questo tipo di sistema è però in declino a causa della presenza di molti governi corrotti: lo stanno rovinando non rispondendo più alle aspettative della gente.

Recentemente, si sta consolidando la tendenza a scegliere un leader forte, al quale la gente si possa appellare per combattere la propria disperazione. Molte delle persone che negli Stati Uniti hanno votato Trump, alle ultime elezioni, sono persone che non volevano essere schiacciate da qualcun altro, ad esempio dagli stranieri che, secondo loro, mettono a rischio non solo la loro esistenza, ma anche i loro soldi.

In Francia, Marine Le Pen ha rischiato di vincere la corsa all’Eliseo perché molte persone erano frustrate dalla classe politica che non faceva nulla per aiutarle. Parliamo di situazioni in cui la gente si sente esclusa da chi sta al governo e vuole dimostrare il proprio dissenso. Così com’è accaduto in Gran Bretagna con la Brexit. La gente ha votato per uscire dall’Unione Europea come forma di dissenso.

Un altro caso che potrebbe verificarsi a breve è quello della Germania, con tutte le difficoltà interne che ha questa nazione. In passato, quando la gente si sentiva disperata cercava riparo in questi leader autoritari, e agli inizi del secolo scorso abbiamo avuto regimi totalitari in tutto il mondo, vedi Franco in Spagna, Mussolini in Italia e così via in Russia e in Giappone. Poi sappiamo com’è andata… Questo dovrebbe portarci a fare delle profonde riflessioni sulla nostra situazione attuale. Non possiamo semplicemente incrociare le braccia.

Tra le altre cose, Internet offre la possibilità di accedere alle informazioni istantaneamente. Potrebbe essere questa la chiave per cambiare direzione ed evitare di ripetere gli errori del passato?

Internet e la presenza dei social network rappresentano certamente uno strumento utile per combattere le notizie false e riuscire ad avere un’idea precisa di quello che avviene lontano da casa nostra. Allo stesso tempo, però, avere troppe informazioni è come non averne nessuna. Molto spesso, alcuni media diventano canali per la propaganda di questo o quest’altro leader, e risulta difficile riuscire a districarsi tra così tante voci discordanti tra loro. Attraverso i social media è possibile mantenersi informati e farsi una propria opinione in merito ai fatti. Internet, a differenza dei giornali, non può essere controllato e questo rende molto più difficile il lavoro di repressione che su media come la Televisione e la Stampa molto spesso viene esercitata. Sì, Internet può avere un ruolo decisivo e importante in tutto ciò.

Qual è stata la sua prima reazione quando ha visto Anonymous indossare la maschera da lei creata?

Ne sono stato felice. Che si tratti di Anonymous, Occupy Wall Street o qualsiasi altro gruppo di protesta, mi fa piacere che possano identificarsi con qualcosa che io ho creato. La cosa più importante, però, restano le intenzioni: la maschera è un simbolo di resistenza all’oppressione. Tutti i gruppi che ho citato hanno lo stesso obiettivo, quindi non posso che essere contento di questa identificazione.

Negli anni ‘80 abbiamo assistito alla nascita di molte opere che provavano a incanalare attraverso il Fumetto la voglia dei loro autori di trasmettere un messaggio di critica sociale, di rottura. Penso a casi eclatanti come “V for vendetta”, “Watchmen” o “Il Ritorno del Cavaliere Oscuro”. Crede che oggi sia possibile tornare a utilizzare il Fumetto come forma di protesta, ricreando quella stagione che l’ha vista protagonista?

I fumetti parlano di politica da anni, ma non quelli mainstream. Il fumetto mainstream si occupa di tutt’altro. Le opere che hai citato, però, sono molto diverse tra loro. Per quanto si tratti di fumetti fantastici – e mi riferisco in particolare a “Watchmen” – non tutti sono accomunati dalle stesse caratteristiche. Inoltre non mi piace molto la maniera in cui Frank Miller tratta il tema della distopia. Ma tornando alla politica nei fumetti, ci sono tante antologie negli Stati Uniti, che sono state pubblicate per anni, in cui vengono trattati temi politici, o le ideologie in generale. Ma non nel fumetto mainstream.

Quando io e Alan abbiamo creato “V for Vendetta”, ci è stata data massima libertà per farlo. La nostra etichetta, all’epoca, era piccola e non aveva molti soldi a disposizione. Questo ci ha permesso di avere il controllo su tutte la varie fasi della realizzazione. Ma è stata un’eccezione. Nelle multinazionali non hai il totale controllo su ciò che crei, c’e sempre qualcuno che ti viene a dire cosa puoi o non puoi fare. In fondo il loro unico obiettivo è vendere, fare quanti più soldi possibile.

Anche “Watchmen” e “Il Ritorno del Cavaliere Oscuro” sono delle straordinarie eccezioni, perché stiamo parlando di star del Fumetto a cui è stato concesso di fare ciò che volevano. Nel fumetto mainstream c’e veramente poco di politico, e quel poco che c’è è persino ridicolo, perché si rivolge a quei lettori non interessati alle ideologie politiche: vogliono semplicemente leggere le avventure dei loro personaggi preferiti. Se vuoi della politica devi cercarla tra le serie indipendenti o underground.

V for Vendetta, di Alan Moore e David Lloyd

Il fatto che le principali case editrici del fumetto statunitense abbiano sempre un occhio rivolto al guadagno e alle classifiche di vendita è uno dei motivi per cui non l’abbiamo mai vista su un fumetto di supereroi?

No, semplicemente non ho mai ricevuto richieste specifiche. Inoltre, il genere supereroistico non mi appartiene, non è nel mio stile. In passato ho scritto un paio di serie con protagonisti dei supereroi – anche una storia di Capitan America per beneficenza – e mi sono divertito nel realizzarle, ma poi ho semplicemente preso altre strade.

Non sono mai stato particolarmente interessato alle storie di supereroi, e non mi piace che oggi abbiano acquisito un’importanza così grande nell’industria del Fumetto. È un peccato. Il loro successo fa sì che la gente sia interessata solo a questo genere di pubblicazioni, relegando gli altri prodotti a nicchie sempre più piccole. Questo cosa è devastante se pensi ai mezzi straordinari che un mezzo come il Fumetto ha a disposizione. Ad esempio, mi lascia allibito il fatto che in tanti leggano un fumetto di finzione ma non vogliano leggere qualcosa basato sulle storie di Tom Clancy. È assolutamente incredibile!

Che fumetti consiglierebbe oggi ai nostri lettori?

Mi dispiace deludervi, ma non sono un grande lettore di fumetti. Agli inizi della mia carriera leggevo moltissimo, ma poi qualcosa è cambiato: non mi riconoscevo più in quello che leggevo. Questo è uno dei motivi per cui ho deciso di far nascere “Aces Weekly”. I fumetti che leggo sono proprio questi. C’è tanto ottimo materiale, ci puoi trovare di tutto, fumetti che trattano temi politici, sociali e tanto altro.

Ci sono artisti che, secondo lei, oggi potrebbero portare avanti l’eredità che lei e Alan Moore avete lasciato?

Non so dirti se oggi ci siano artisti in grado di fare questo tipo di fumetto perché non leggo molto materiale contemporaneo. Credo, però, che siano tanti gli artisti davvero bravi che lavorano nell’industria fumettistica. Il loro problema è che si devono misurare con Superman, Flash e gli altri supereroi. Non hanno la possibilità di scrivere un altro “Watchmen”, perché devono scrivere la prossima storia di Spider-Man. Questo è il vero problema del fumetto mainstream.

Pasquale Gennarelli e David Lloyd