Paul Allor, sceneggiatore di Secret Empire: Brave New World, è stato intervistato dal sito ufficiale della Marvel e ha parlato di svariati argomenti. Dopo aver detto altrove del merito dell’albo autoconclusivo in questione, che racconta vicende parallele a quelle del megaevento estivo, eccolo analizzare altre questioni, legate al formato e allo spazio narrativo della storia.

 

Secret Empire: Brave New World #2, copertina di Paulo SiqueiraHo cominciato realizzando storie brevi, un addestramento che mi ha aiutato moltissimo per questo lavoro. Il mio primo fumetto mai pubblicato era una serie composta da uscite di dodici pagine, poi ho continuato con uno one-shot intitolato Orc Girl e quindi con le storie singole di Teenage Mutant Ninja Turtles. Gran parte della mia carriera alla Marvel è rimasta su questi formati e, onestamente, si tratta di un’esperienza che ha reso il mio stile di scrittura molto più solido.

Nelle storie brevi ci sono tutti gli elementi che rendono grande una serie, ma manca lo spazio per gli errori. Se sbagli, se non hai ritmo, è dolorosamente evidente. Se il personaggio non ha ragioni valide per le sue azioni, si sente. Se non hai nulla da dire, non hai modo di nasconderti. Quindi sì, essere uno scrittore di storie soprattutto brevi mi ha aiutato molto nella mia carriera.

In un caso come questo, c’è sempre da tenere a mente che esiste una vicenda più ampia a cui si fa riferimento. Ovviamente, poi, con poco spazio, si devono condensare gli elementi importanti della storia, perché le occasioni per comunicare ciò che conta sono limitate. Il che non significa che ogni singola battuta debba per forza essere fondamentale, che basti rimuovere un singolo momento narrativo perché la storia collassi, ma solo che ognuno di essi deve contare, contribuire a mandare avanti la vicenda.

Inoltre, è fondamentale ricordarsi che, anche se le pagine sono meno e la storia più piccola, bisogna pensare con pari attenzione e progettare con la stessa intensità la personalità dei personaggi, le loro motivazioni, la linea narrativa che seguiranno. Loro e il mondo in cui si muovono devono dare l’impressione di essere sviluppati appieno, esattamente come quelli di una serie di venti numeri. Inoltre, anche se so che molti sono allergici alla parola “tematica”, bisogna ricordarsi che c’è sempre un messaggio, qualcosa che si vuole e si deve comunicare. La storia e i personaggi devono avere un punto, una prospettiva, un proposito.

 

Allor nota come moltissime storie tra le cinque e le otto pagine a fumetti abbiano una struttura fissa, fatta di premessa, sviluppo, sorpresa e finale. Funziona, ma non è l’unica possibile e bisognerebbe cercare di non lasciarsi inibire dal formato ridotto, continuando a sperimentare con la struttura narrativa. La storia rimane una storia, con un inizio, una parte centrale e una fine. Non c’è nulla di più frustrante di un fumetto che sappia di allenamento per altri lavori di maggior respiro.

 

Personalmente, non penso che sia vera la distinzione tra concentrarsi sui personaggi ed enfatizzare la vicenda. Se si racconta bene, lo sviluppo della storia è anche sviluppo dei protagonisti. L’equilibrio si raggiunge assicurandosi che gli uni siano intrinsechi all’altra, che proseguano in parallelo. L’unica differenza è che, con una storia più breve, nuovamente, siamo senza spazio per gli errori. Non è consentito barare.

 

Gli one-shot Marvel preferiti da Allor, che in qualche modo lo hanno ispirato per Secret Empire: Brave New World? Lo sceneggiatore cita Winter Soldier: Winter Kills, di Ed Brubaker e Lee Weeks, come esempio di magistrale economia narrativa e di come si possa dire moltissimo in poco spazio. Un altro caposaldo è Captain America and Crossbones, di William Harms e Declan Shalvey, storia perfettamente centrata sul personaggio principale e sulla sua prospettiva, senza mai deviazioni e condotta in totale coerenza.

 

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Fonte: Marvel