Vi abbiamo parlato diverse volte dell’operazione di revisione di Luke Cage delle proprie origini. L’eroe dalla pelle impenetrabile ha nuovamente notizie dal Dottor Noah Burstein, colui che gli ha dato i poteri, nella serie scritta da David F. Walker che ha avuto inizio il mese scorso negli Stati Uniti.

Ecco cos’ha dichiarato lo sceneggiatore di nuovo, rispetto a quel che già sappiamo.

 

Luke Cage #2, copertina di RahzzahLa storia avviene a New Orleans, in parte per il carattere idiosincratico di questa città. Volevo posizionare Luke in un ambiente che reca con sé una certa forma di preconcetti, e New Orleans è una di quelle città che mette in moto la fantasia, anche se non la si è mai vista. Inoltre, volevo Luke fuori dal suo elemento.

Dorothy lascia il Kansas, Frodo la Contea e Luke Skywalker deve abbandonare Tatooine. Nel farlo affrontano grandi pericoli e imparano qualcosa di nuovo su loro stessi. Volevo accompagnare Luke in un viaggio di scoperta che lo costringesse a ripensare alla sua idea di sé e il modo migliore per farlo era portarlo fuori dal suo elemento.

La maggior parte delle persone vive in una zona grigia, dal punto di vista etico, persino chi crede di avere un codice morale cristallino. Luke, per me, ne ha sempre avuto uno, ma fermamente radicato nelle sue esperienze personali. Il che mette quel codice in una posizione potenzialmente ambigua. Abbiamo un personaggio che ha iniziato come piccolo criminale, è finito in carcere per colpa di qualcun altro e poi è diventato un supereroe.

Ha vissuto da entrambe le sponde del fiume, così come nel mezzo. Sa che ci sono degli innocenti in prigione, ma è anche diventato amico di criminali spietati. Tutto questo, per me, è molto più interessante rispetto a un codice etico semplificato e alla morale manichea che spesso vediamo rappresentata nella cultura popolare, in cui tutto è bianco o nero, senza sfumature.

Il motivo è che la vita vera è proprio così. Tutti quanti conosciamo persone che hanno fatto scelte discutibili, ma a cui concediamo una sorta di perdono, chiudendo un occhio, perché sono nostri amici o membri della nostra famiglia. E questo fa parte di quella zona grigia di cui parlavo, della complessità che ci rende degli esseri umani.

 

L’autore ha quindi parlato di Nelson Blake II, disegnatore con cui collabora per la prima volta, spiegando di preferire un approccio molto comunicativo, quando possibile, con i disegnatori con cui lavora. Tuttavia a volte spiega i concetti in maniera piuttosto astratta, oppure facendo esempi non sempre comprensibili a chiunque. La sua intesa con Blake è incarnata da un piccolo episodio.

 

Stavamo discutendo di un personaggio specifico che non avevo descritto proprio al meglio nella sceneggiatura. Era complesso, perché contava la sua personalità, molto più e prima del suo aspetto. Io e Nelson stiamo parlando al telefono, con lui che mi fa una serie di domande. All’improvviso esclama: “In pratica è come Tupac Shakur”. E ci ha preso in pieno, anche se a me non era passata per la mente la somiglianza. Questo è uno dei momenti di cui andiamo sempre a caccia noi narratori, che dimostrano che la collaborazione con il proprio collega ha raggiunto il livello successivo.

 

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Fonte: Marvel