È uno degli autori italiani dal tratto più riconoscibile e immediato, dotato di una sensibilità e un’ironia che da sempre caratterizzano le sue opere. Con i suoi fumetti abbiamo imparato a guardare personaggi storici come Giuseppe Garibaldi, MatisseKurt Cobain con occhi diversi e da prospettive inedite. Stiamo parlando di Tuono Pettinato, al secolo Andrea Paggiaro, autore di biografie a fumetti sempre originali e avvincenti.

L’abbiamo intervistato per voi in occasione dell’ultima edizione di BGeek, durante la quale ha partecipato a diversi talk incentrati sul suo impegno nell’ambito della divulgazione scientifica.

 

Ciao, Andrea, e benvenuto su BadComics.it!
La tua carriera come fumettista è stata caratterizzata da opere che raccontavano le vite di personaggi illustri, da Galileo Galilei a Giuseppe Garibaldi, fino ai più recenti Kurt Cobain e Freddie Mercury: da dove nasce questa volontà di cimentarti con le biografie?

Prima che questo filone diventasse commercialmente spendibile per il mio editore, mi ero cimentato in una biografia breve di Pierre de Coubertin – padre dei moderni Giochi Olimpici – che in quel racconto faceva di tutto per perderli e applicare così la sua stessa filosofia [“l’importante non è vincere, ma partecipare” – NdR].

In un altro progetto raccontavo la vita del pittore Matisse in stile “Matrix”, infatti si intitolava “Matisse Reloaded”. In generale, leggere anche solo poche pagine della vita di un personaggio storico fa nascere in me la voglia di raccontare la sua vita.

La scelta di questi personaggi che provengono dall’Arte, dalla Scienza, dalla Fisica e dalla Musica rispecchia un tuo background personale eterogeneo o sono progetti su cui ti sei ritrovato a lavorare casualmente?

“Garibaldi” è stata una committenza, nato per celebrare il personaggio nella ricorrenza dei centocinquant’anni dell’unità d’Italia. Mi è stato richiesto di raccontare con il mio stile – decisamente lontano da quello che si addice a una commemorazione storica – e, nonostante la richiesta, mi sono divertito molto a fare mio l’argomento, giocando con il personaggio e la situazione.

Da quel momento in poi ho capito che potevo utilizzare questo filone – diventato nel frattempo un modo rodato di fare fumetti – per raccontare vite di personaggi di cui ricorrevano celebrazioni nel breve periodo. Con “Enigma” [dedicato ad Alan Turing – Ndr], ad esempio, ho deciso insieme a Francesca Riccioni di sfruttare il centenario della sua nascita e provare a rileggere la sua vita inserendo elementi quali robottoni, Biancaneve e Hitler con le fattezze della matrigna. Il tutto, però, tenendo sempre ben chiara e rispettosa la parte biografica di Turing.

Un discorso analogo può essere applicato anche a “Nevermind“. Sono un mega-fan dei Nirvana, ho vissuto la stagione grunge e mi dispiaceva che Cobain venisse ricordato come un’icona maledetta o per la sua depressione, trascurando, invece, tutta quella componente energica che la band aveva. Ho quindi deciso di concentrarmi sulla sua infanzia e di inserire un elemento avulso dal racconto e che poi ne diventa la chiave di lettura. Nello specifico, ho voluto evidenziare il rapporto con Boddah, l’amico immaginario a cui Kurt dedica tante cose, non ultima la sua lettera di commiato: un aspetto che per anni è stato marginale, e che invece diventa centrale, raccontato come “Calvin e Hobbes” di Bill Watterson.

A quel punto, decidi di passare da un personaggio che per anni ha schivato la notorietà a un altro che invece viveva per il suo pubblico, per la celebrità: Freddie Mercury.

Esatto. Nella sua lettera d’addio, Kurt dice proprio questo, ovvero di invidiare quelli come Freddie Mercury che hanno questa grinta dentro. “Nevermind” vuole raccontare la vita di chi non ce la fa ad andare avanti e sceglie la via del suicidio, scelta diametralmente opposto a quella di Freddie che, una volta saputo della malattia, decide di buttarsi nel lavoro, nel realizzare quanti più dischi possibili sfruttando ogni ritaglio di tempo a sua disposizione. Si tratta di due storie complementari, una voluta da me [“Nevermind” – NdR] e l’altra propostami da Dario Moccia.

Vite illustri rilette con il tuo sguardo e la tua sensibilità: quanto è importante la tua formazione, il tuo bagaglio di esperienze nelle storie che racconti?

Io non ho fatto studi di disegno, ho frequentato per anni il DAMS e mi sono nutrito esclusivamente di Cinema. A un certo punto, ho scoperto che ciò che imparavo dal Cinema poteva essere trasportato nelle storie a fumetti. Il modo in cui si costruisce un film assomiglia, per certi versi, a quello con cui crei un fumetto. La cosa che mi viene immediata, quindi, è mettere quest’enorme bagaglio di film, libri e fumetti all’interno delle storie che racconto; a volte, come se si trattasse di elementi slegati dalla storia ma che poi diventano determinanti per la storia.

Il mio stile – che da un lato è una scelta e da un altro è il più congeniale alla mia condizione di autodidatta – è molto vicino a quello cartoonesco, alla “Topolino”, per intenderci, che poi cerco sempre di adattare ai contenuti. Una componente inevitabile per il mio lavoro è inserire dell’umorismo, anche all’interno delle storie più drammatiche. Ogni volta è una sfida che mi porta ad alzare la posta in palio. Mi ripeto: vediamo cosa riesco a fare dopo aver raccontato la storia di un matematico suicida, un rocker suicida e una storia di infanticidio! [ride]

La tua esperienza come fumettista nasce all’interno di un collettivo di artisti, i Super Amici. In una stagione in cui gli autori tendono a riunirsi per proporre iniziative sempre più interessanti, quanto è importante il ruolo dei collettivi?

Per me l’esperienza con i Super Amici – che nonostante gli anni e i percorsi di vita intrapresi continua a essere viva – è stata fondamentale. Mi ha permesso di crescere, in molti casi di scoprire nuove letture. Ricordo che in quel periodo mancavano una serie di strumenti che rendono oggi l’editore quasi non più necessario.

Attualmente insegno a Bologna, all’Accademia di Belle Arti. Nelle mie classi ho membri di questi collettivi e osservando da vicino il loro metodo di lavoro mi rendo conto che ormai sono autonomi, indipendenti nella realizzazione di un’opera. Prima l’autoproduzione era utile a farsi notare da un grande editore e poi intraprendere un percorso in qualche casa editrice; oggi, invece, questi collettivi hanno canali di distribuzione diversi che danno loro maggiore libertà.

Posso realizzare le storie che ho in mente – siano esse destinate a un pubblico più underground o magari racconti per bambini – senza troppi limiti. Penso a strumenti quali il crowdfunding, i blog, le pagine Facebook sulle quali puoi realizzare delle vignette che trattino l’attualità in maniera immediata. Una serie di soluzioni, insomma, che possono mettere in crisi l’editore e il suo modo di intendere il mondo del Fumetto.

Stiamo vivendo una rivoluzione nel settore?

La presenza di Internet ha sicuramente cambiato il modo di pubblicare. All’inizio c’erano casi in cui l’editore ti chiedeva di crearti un bel seguito per poi pubblicare un volume. È un modo per mettersi al riparo di eventuali flop, per non rischiare troppo. Oggi, invece, un autore che ha un seguito considerevole di follower ha molta più scelta, rispetto a presentarsi da un editore. Una buona fetta di fumettisti si stanno aiutando con il Patreon, finanziati dai propri lettori. Sono cose che dovrebbero spingere a fare qualche riflessione. Le case editrici dovrebbero chiedersi cos’hanno da offrire in più agli autori, che, in un certo senso, sono sempre più autonomi rispetto a prima.

Quando avremo modo di leggere un tuo nuovo fumetto? A cosa stai lavorando in questo periodo?

Non proprio leggere, ma giocare. A breve, infatti, uscirà un mio “Memory” con i fumettisti italiani. Si chiamerà “Yambo”, in onore dell’omonimo fumettista i cui natali sono contesi tra Pisa e Firenze, ed essendo io di Pisa ho voluto omaggiare questa figura un po’ Signor Bonaventura un po’ Giulio Verne toscano.

Sto lavorando, inoltre, a un fumetto scientifico, insieme a Francesca Riccione, sulla crisi climatica. Anche in questo caso giocheremo molto e proveremo a far vedere la Terra attraverso gli occhi degli alieni.

E poi, insieme a Dario Moccia, siamo stati in Giappone, e credo che per Lucca 2018 dovrebbe essere pronta questa improbabile guida turistica basata sulla nostra esperienza, i nostri appunti e le foto che abbiamo scattato durante il viaggio.

Pasquale Gennarelli e Tuono Pettinato