Vent’anni fa nasceva Ridi Topolino, bimestrale divenuto un cult tra i lettori per la sua natura surreale e diversa da qualunque altro prodotto disneyano, nonché l’unica testata ad aver chiuso per vendite troppo alte. Ebbene sì. L’umorismo surreale con cui Tito Faraci aveva riempito quella che sarebbe dovuta essere una semplice rivista antologica umoristica ottenne un successo inaspettato, ma i suoi toni poco si adattavano all’immagine di Topolino e compagni.

Il “danno”, però, era ormai stato fatto: migliaia di giovani menti erano state travolte dalla comicità demenziale di Ridi Topolino, che in quegli anni era affiancata da L’Omino Bufo, scritto da Francesco Artibani sulle pagine di Cattivik. Tra questi adepti c’era Sio, che proprio grazie a Ridi Topolino ha sviluppato il suo gusto per il nonsense. Da quando l’autore di Scottecs Megazine è entrato a far parte della scuderia Disney, il nome di questa testata è rimbalzato più volte durante gli incontri con il pubblico e nelle interviste, generando un forte interesse a riguardo: curiosità da parte dei giovani fan di Sio, desiderio da parte della vecchia guardia di rivedere in edicola un prodotto così divertente, ora che Disney è tornata a sperimentare e proporre prodotti collaterali.

Le grandi storie di Ridi Topolino è un volume unico che raccoglie buona parte dei fumetti di 10 pagine disegnati da Giuseppe Ferrario appositamente per il bimestrale. È un piacere perdersi in questi gioiellini di comicità, nelle gag e nella destrutturazione meta-fumettistica di alcuni tòpoi di Topolino, come le storie a bivi o le parodie.

Tra gli episodi che compongono l’indice spiccano le indagini di Manetta e le avventure di Paper-Bat, come l’ormai mitologica Nervoniani, dissacrante rivisitazione di PKNA. Dal fatto che siano storie in bianco e nero (o comunque su sfondo monocromatico) si capisce che è un prodotto realizzato a basso budget, una sorta di fanzine carbonara stampata con il ciclostile nelle cantine della redazione di Topolino.

Due ulteriori contenuti preziosi del volume sono la prefazione a fumetti di Sio e i due articoli redazionali scritti da Tito Faraci: finestre che spiegano l’importanza di Ridi Topolino e di cosa abbia rappresentato alla fine degli ‘anni 90, nonché una perfetta contestualizzazione in grado di raccontare una volta per tutte come sia nato quel bizzarro esperimento editoriale e l’incredibile riscontro positivo ottenuto. L’albo riesce dunque a “insegnare la Storia” alle nuove generazioni e permette ai vecchi lettori che rimpiangono di essersi liberati della loro vecchia collezione Disney di mettere sullo scaffale un bignami della testata.

Il più grande difetto di questo albo viene già esplicitato – forse inconsciamente – dallo stesso Sio nella sua prefazione, quando racconta che “paradossalmente, la parte più interessante non erano nemmeno le storie, ma le rubriche!”. Limitarsi quindi a raccogliere i fumetti permette di apprezzare solo parzialmente lo spirito di Ridi Topolino. Ci sono comunque, in piccola parte, alcuni esempi delle rubriche e degli scarabocchi di Marco Bolla che infestavano il bimestrale, ma è troppo poco per ricreare l’efficacia della rivista.

Confidiamo quindi in Ridi Paperoga, vero e proprio erede in arrivo sugli scaffali, che, dedicando il titolo a un personaggio più bizzarro, potrà probabilmente permettersi di liberare senza freni la vena surreale di Faraci e Sio, confezionando un prodotto all’altezza dell’originale.