Come già dovreste sapere, David F. Walker rimane al timone della vita di Luke Cage anche nella serie omonima, dopo il divorzio editoriale del personaggio dall’amico di sempre, Danny Rand, coprotagonista della defunta serie Power Man and Iron Fist. Ai disegni, Nelson Blake II, per un fumetto che promette tanta azione e narrazione vecchio stile.

 

Luke Cage #1, copertina di RahzzahLa versione più nota delle origini di Luke è, a mio modo di vedere, un elemento fondamentale del personaggio. Il fatto che ci sia un tizio in galera per un crimine che non ha commesso e che subisce esperimenti in carcere è un’idea basica e molto potente, raccontata un numero di volte piuttosto esiguo, se ci pensate, rispetto a tante altre origini. Dopo la serie Netflix, però, ha preso maggiormente posto nell’immaginario collettivo ed ora è un buon momento per arricchirla di dettagli.

Raccontarla nuovamente, significa trovare un tono che stia in equilibrio tra chi ha visto la serie TV e quindi è convinto di sapere già tutto, anche se Luke ha cinquant’anni di storia editoriale, i nuovi lettori e i vecchi appassionati. Ecco perché è importante, per me, aderire al nucleo del personaggio e puntare sulle caratteristiche che lo rendono interessante. Non si può accontentare tutti, ma possiamo impegnarci nel far brillare abbastanza Luke da soddisfare più palati possibili.

Come ho tentato di fare con Power Man and Iron Fist, anche qui includerò alcuni elementi che possano dare l’idea di chi fosse Luke ai tempi della sua nascita, della Blaxploitation e degli anni Settanta. Sono il più grande fan della narrativa di quegli anni e di quel genere che possiate incontrare, ci ho scritto sopra un libro e diversi saggi al college. Luke, a dirla tutta, è figlio del mondo stilizzato e surreale della narrativa di Chester Himes, simile a quello reale, ma non quello reale. Un’idea molto simile a quella dell’Universo Marvel. Il suo Harlem Detective aveva un’ambientazione non troppo diversa.

 

Walker applaude lo sforzo dello show Netflix di umanizzare moltissimo il personaggio, mostrandone la personalità e la quotidianità; un impegno che le serie a fumetti che lo riguardano hanno preso in carico solo in tempi recenti, con Alias e New Avengers, che hanno scalfito l’aura da eroe quasi impenetrabile.

Riguardo ad alcune somiglianze tra il Luke di Power Man and Iron Fist e quello messo in scena da Netflix, le giustifica con un’ovvietà: gli showrunner hanno gli stessi suoi riferimenti passati sul personaggio e per questo le due versioni hanno molto in comune.

 

Luke Cage #1, variant cover di Tim BradstreetSono cresciuto guardando film d’azione che non erano di Michael Bay. Sono vecchio. Per me, l’azione è quella degli anni Settanta e Sessanta, di French Connection e Bullit. Sono inseguimenti d’auto e scazzottate, piuttosto brevi, in cui, su un paio d’ore, avevi circa quindici minuti di azione dura e pura. Il resto era storia. Oggi, in John Wick, che ho adorato, per la cronaca, c’è quasi solo quella.

Quando leggo un fumetto, non voglio vedere il mio eroe combattere per sei o sette pagine su venti, motivo per cui Luke Cage non sarà solo mazzate e combattimenti. Da lettore, considero la più grande scena d’azione di sempre in un fumetto, quella di Daredevil #181 in cui Bullseye uccide Elektra. Ma se penso a tutti gli altri momenti che mi sono rimasti impressi in oltre quarant’anni di letture, nessun altro è una scena d’azione, ma sono tutti istanti che definiscono il personaggio, dal punto di vista emotivo o psicologico. Sono i volti di Sue Storm che scopre di aver perso il bambino, il processo a Galactus, cose così. Persino nei film di supereroi vediamo che alcuni dei momenti migliori non sono affatto scene d’azione.

Ovviamente, non ho alcuna intenzione di annoiare i miei lettori con un fumetto in cui Luke non fa altro che stare seduto e parlare, ma cercherò un equilibrio tra caos e narrazione, tra eccitazione e progressione della storia.

 

La serie parlerà del rapporto tra Luke e il Dottor Burstein, colui che gli ha conferito i poteri, rivedendo l’atteggiamento di quest’ultimo nei confronti del protagonista. Walker parla del rapporto tra i due come qualcosa di simile a quello tra un figlio che cresce e realizza di non aver mai realmente capito chi fosse il proprio padre, perché diverso dall’idea che se n’era fatto. Ma, assicura, non c’è alcuna nostalgia in questo percorso: semmai la negazione del concetto stesso di nostalgia, strappato via dal cuore di Luke.

 

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Fonti: Marvel | Comicosity