“Avete sentito? Alla Marvel pensano che gli artisti non contino nulla! Lo ha detto Axel Alonso“. Se seguite le notizie e le discussioni che circolano attorno al fumetto americano, non stupirebbe che abbiate sentito questa frase da qualcuno, che il concetto che esprime sia rimasto nella vostra testa. Le parole dell’Editor-In-Chief della Casa delle Idee ve le abbiamo già riportate con fedeltà e avete avuto modo di farvi una vostra idea.

Il fatto è che, come voi, anche se un po’ in anticipo, le hanno lette anche autori e artisti americani. Ecco una carrellata delle principali reazioni che hanno voluto affidare ai social.

 

Chris Samnee – Ho sentito dire oggi che gli artisti non aiutano a vendere fumetti. Se per caso comprate un albo per il disegnatore, fatelo sapere al suo editore.

Jamie McKelvie – A me piacciono i fumetti su cui l’artista rimane per almeno 12 numeri. :)

Kurt Busiek – Non penso affatto che gli artisti non facciano vendere fumetti, nemmeno alla Marvel Comics. Se la Marvel avesse disegnatori scarsi sulle sue serie, le vendite crollerebbero.

Kate Leth – Ci sono un sacco di cose che mi tengo per me, mentre sono in viaggio con la “artista irrilevante” della mia serie oggetto di “diversità”.

Scott Snyder – Sono qui con un artista che mi ha insegnato a essere uno scrittore e un uomo migliore e che sposta l’ago della bilancia come il fottuto figo che è. Greg Capullo.

Erik Larsen – La Marvel ripete ai venditori che gli artisti non contano sin da quando il nostro gruppo della Image Comics se ne andò.

Colleen Doran – Per anni alcuni dell’amministrazione hanno cercato di vendere l’idea che qualunque artista farebbe vendere le serie a fumetti, così da poterli pagare poco.

Colleen Doran – Ingaggia un disegnatore, non promuoverlo quasi per nulla, pubblica il suo fumetto come se gli facessi un favore. “Gli artisti non fanno vendere fumetti”. Perfetto.

Declan Shalvey – Quanta frustrazione nel sentirli lamentare di qualcosa che è il risultato di una pratica che loro stessi hanno messo in moto.

Brandon Graham – Stiamo parlando di una casa editrice che ha sminuito il valore dei disegnatori in quanto creativi negli ultimi vent’anni o giù di lì.

 

Un coro unanime di sdegno e di reazione collerica? Quasi. In effetti le dichiarazioni dei quadri Marvel hanno fatto alzare, come era forse prevedibile, parecchie sopracciglia. C’è comunque qualche voce fuori dal coro e scoprire quale sia la più interessante, probabilmente non vi stupirà, dato che ci ha abituati a cantare da solista. Infatti è Frank Cho a levare lo scudo per Axel Alonso.

 

Cho – Negli ultimi giorni tutti hanno dato addosso alla Marvel e, nello specifico, ad Axel Alonso, per i suoi commenti. Sono stato oggetto di mobbismo sui social media più di una volta, quindi mi sento in dovere di parlare in sua difesa. Come molti di voi sanno, non sono un grande fan di alcuni dei messaggi sociali che risultano onnipresenti nei fumetti degli ultimi anni, ma se devo parlare della mia personale esperienza di lavoro con Axel alla Marvel, posso dirvi che è sempre stato un difensore della mia arte e degli artisti in generale, dacché lo conosco.

I suoi gusti per i disegni sono ampi e diversificati, dal classico all’avanguardia, e nei miei quattordici anni alla Marvel non ho mai incontrato un editor più appassionato del lavoro degli artisti. Non solo è stato spesso un mio sostenitore, ma anche di tanti altri. L’ho visto tante volte pensare fuori dagli schemi e trovare così i progetti giusti per i disegnatori. Come per Richard Corben su Cage o Brian Stelfreeze su Black Panther. O me su Savage Wolverine. Non sempre scelte di successo, ma sempre volte a far esprimere il massimo potenziale del disegnatore.

So che fa figo gettare fango sulla gente su internet alla minima provocazione, ma farlo con Axel per queste dichiarazioni è qualcosa che non mi trova concorde. Secondo me, Axel Alonso è sempre stato un campione per il disegno e i disegnatori, e lo sarà sempre.

 

E noi, che posizione abbiamo? Brevemente, da lontano, con tutta la difficoltà nel comprendere il mercato d’Oltreoceano e i rapporti tra gli artisti e le case editrici, crediamo che le dichiarazioni di Alonso siano una registrazione di una realtà. Chi segue il fumetto americano da vent’anni almeno, meglio se più di vent’anni, sa che un tempo si comprava una certa serie per il disegnatore, mentre oggi si sceglie soprattutto in base allo sceneggiatore.

Almeno è quel che capita di sentire dire a noi che questo mondo lo frequentiamo da sempre. Lo sappiamo, non è un metodo statistico scientifico, ma negli anni Novanta, tra appassionati, parlavamo di McFarlane, di Marc Silverstri, di Capullo, di Romita, di Larsen. Santo cielo, parlavamo persino di Liefeld e di Turner. Oggi ci sentiamo un po’ colpevoli per averlo fatto.

Ma il punto è che oggi, noi che negli anni Novanta c’eravamo, continuiamo a farlo, ma i nostri amici, i lettori che conosciamo, anche quelli più competenti e appassionati, molto meno. Parlano di Snyder, di King, di Bendis, di Gillen, di Vaughan. E comprano un fumetto soprattutto per loro. Le star di ieri erano i disegnatori, indiscutibilmente. Oggi non è più così.

Non crediamo sia colpa della Marvel. Né di Axel Alonso, che, pronostichiamo, preferirebbe di gran lunga fotografare il panorama di qualche decennio fa. Ma non può. E pertanto afferma quella che per noi è una sensazione vivissima da anni. Forse sbagliata, ma vivissima. Da anni. Per quel che vale.

 

 

Fonti: Bleeding Cool | Bleeding Cool