Come già dovreste sapere, tocca a Kieron Gillen occuparsi delle gesta dello 007 a fumetti edito da Dynamite, dopo le storie narrate dalla penna di Warren Ellis. Di quale agente segreto britannico scaturirà dalle pagine di James Bond 007: Service, lo sceneggiatore ha parlato con la redazione di Comic Book Resources nell’intervista che vi riassumiamo qui di seguito, nei suoi concetti principali.

 

James Bond: Service, copertina di Jamie McKelvieIn questo momento, non sono particolarmente interessato a lavorare su progetti che non siano miei e sono concentrato su ciò che già mi coinvolge. Desideravo collaborare con Nick Barrucci e con la Dynamite da parecchio, però. Siamo sempre andati d’accordo, ma non avevamo mai trovato il tempo di fare qualcosa assieme. Mi hanno dato la chance di togliermi questo sfizio e avere per le mani un’enorme icona, quindi ho detto di sì. Immaginate Kieron Gillen che fa una cover di una canzone di Warren Ellis, per darvi un’idea.

Il primo romanzo di James Bond che ho letto è Dalla Russia con Amore. Mi ricordo una copertina gialla e di averlo preso in biblioteca a undici o dodici anni. La prima sua immagine che ricordi è invece il poster di Octopussy. Diciamo che il personaggio è sempre stato parte del mio immaginario, sin da ragazzino.

Il nostro è il Bond della letteratura, quindi quello più brutale. Si tratta di uno strumento decisamente letale in mano al moderno mondo dello spionaggio. Diciamo che sia lui che la Gran Bretagna sono trattati come strumenti in una storia che scava fino alle ultime fasi dell’impero di sua maestà e a quelle del MI-6. Si guarda indietro fino alla Seconda Guerra Mondiale. Volevo parlare non solo del personaggio, ma anche dell’intelligence britannica e dell’identità dell’Inghilterra.

 

Anche i rapporti non sempre semplici tra Regno Unito e Stati Uniti hanno un loro ruolo, con riflessi nel presente. Gillen non nasconde di aver scritto il soggetto dando per scontata l’elezione di Hillary Clinton al seggio presidenziale americano, all’indomani del referendum che ha portato alla Brexit. L’elezione di Donald Trump lo ha indotto a cambiare la sceneggiatura e a produrre una storia che risuona in maniera del tutto diversa con la contemporaneità. Una delle premesse è che il Regno Unito sia un alleato meno utile per gli U.S.A., in quanto meno coinvolto nei legami con l’Unione Europea.

 

Questo volume è autoconclusivo, non parte di una serie, mentre di solito siamo abituati a fruire del personaggio di Bond in esperienze narrative più lunghe. Il che rende la storia un po’ più complessa da gestire, perché non permette di partire troppo lentamente, in maniera introduttiva. Ma, del resto, non volevo nemmeno rinunciare ai tropi classici di 007. Ci sono Moneypenny, M e Q.

Per questo sono partito sostanzialmente dal finale, per creare una storia che desse a tutti gli effetti le sensazione di un classico di James Bond, ma condensato. Lo vedremo fare cose da spia, lo vedremo in trappola, lo vedremo ingannare, lo vedremo uccidere delle persone. Data l’importanza della Seconda Guerra Mondiale nella storia, ho cercato di rispondere alla domanda: cosa farebbe Bond se il suo fucile Sten facesse cilecca?

Il cattivo è un agente che si è ribellato, convinto di agire per il bene e la tutela dell’Inghilterra, un terrorista solitario i cui metodi fanno chiaro riferimento al conflitto mondiale. Ho fatto un po’ di ricerca storica per crearlo e per renderlo un paladino di una certa idea, molto precisa, dell’identità nazionale britannica. Che è un tema che affronto parecchio nel fumetto.

I luoghi dell’azione sono il Museo Imperiale della Guerra, soprattutto, e poi alcune ambientazioni secondarie. Ho pensato che una vicenda così intrisa di storia fosse perfetta da ambientare in un fottuto museo. Del resto, una delle cose più difficili da fare con Bond è trovare il modo di rendere originale e interessante il fatto di vederlo freddare i suoi nemici. L’ambientazione del museo credo aggiunga molto alla storia.

 

Alle matite, Antonio Fuso, che Gillen definisce un artista perfettamente in grado di comunicare la durezza del mondo reale in una storia a fumetti, rendendola iperrealistica; non un disegnatore dal classico stile britannico dell’avventura, il che ha arricchito la storia e le ha dato un aspetto visivo decisamente più moderno.

 

 

 

Fonte: Comic Book Resources