Daniele Di Nicuolo, classe 1987, è un disegnatore milanese che ha ottenuto una menzione d’onore al Lucca Project Contest 2011. Dopo aver mosso i primi passi nel mondo del fumetto illustrando un numero di Long Wei e la graphic novel Nick Banana: Gli anni segreti, si è dedicato a diversi progetti dividendosi tra il mercato italiano e quello estero. Recentemente ha firmato la miniserie dedicata al Pink Ranger, edita dai BOOM! Studios, e tra qualche settimana arriverà in edicola il secondo numero di Orfani – Sam, da lui disegnato.

Lo abbiamo contattato per parlare proprio di questi fumetti, del suo stile e delle sue fonti di ispirazione.

 

Iniziamo parlando della miniserie Power Rangers: Pink, conclusa qualche mese fa negli Stati Uniti: da bambino eri un fan dei Power Rangers?

Ero un fan sfegatato! Avevo sette anni quando i Power Rangers sbarcarono in Italia, nel ’94, e fu un fenomeno incredibile per tutta la mia generazione. Con gli amici si giocava al parchetto, e ognuno impersonava un Ranger diverso. Ovviamente il mio preferito era il Green Ranger: come si fa a non amare un Ranger cattivo con un costume differente e un dragone come zord?

Pink può essere considerata una sorta di sequel delle prime stagioni del telefilm, in cui ritroviamo alcuni personaggi noti apparsi sul piccolo schermo. A differenza delle figure nuove, come ti approcci nel ritrarre un membro del cast di cui i lettori conoscono già le fattezze?

Come base di partenza mi sono stati dati gli studi dei personaggi fatti da Hendry Prasetya, il disegnatore della serie regolare [Mighty Morphin Power Rangers – NdR]. Non mi è stato mai chiesto di attenermi alle fattezze degli attori, anche perché la natura del progetto e l’estetica messa in gioco sono lontani dal realismo fotografico, che a mio parere avrebbe appesantito un po’ troppo la narrazione di un fumetto come questo, andando magari a inficiare sull’espressività dei personaggi. La mia priorità era che i personaggi rispettassero i loro caratteri originali, che le loro movenze e le loro espressioni fossero in linea con quelle della serie TV. E difatti uno degli apprezzamenti ricorrenti fatti alla serie è che i protagonisti rispecchino le loro controparti televisive.

Il personaggio di Kimberly, proprio come nel telefilm, è un modello femminile particolarmente riuscito, sia come caratterizzazione narrativa che visiva: per disegnarla ci sono figure affini (da fumetti, film o serie televisive) che ti hanno in qualche modo ispirato?

Non ho preso nessun modello preciso di riferimento. Probabilmente nel mio bagaglio inconscio c’erano già svariate eroine moderne da cui mi sono reso conto solo in un secondo momento di aver attinto ispirazione. Sarà che amo le donne cazzute che non si limitano ad essere versioni tettute degli eroi maschili, ma che sono interessanti e complesse proprio perché conservano la loro grazia e la loro femminilità, senza il bisogno di scadere in un’inutile e stereotipata “sessualizzazione”.

Ecco, la figura che più mi è piaciuta negli ultimi anni e che mi ha ispirato nella creazione di Kim è Korra, la protagonista di The Legend of Korra: un personaggio meraviglioso, sfaccettato, che deve mediare tra le sue necessità e debolezze di giovane donna e le responsabilità che il suo ruolo comporta.

Pink Ranger

La lavorazione della miniserie è avvenuta in concomitanza con l’esordio della serie regolare Mighty Morphin Power Rangers e, pur essendo ambientata qualche anno dopo, queste due opere sono i primi prodotti di un universo espanso a fumetti: ti è stato mostrato il lavoro di design che era stato sviluppato per l’altra serie, o ti sei approcciato alle sceneggiature indipendentemente?

Sì, la base di partenza sono stati gli studi dei personaggi fatti per la serie regolare. Da lì ho avuto carta bianca per creare e “far crescere” i personaggi che tutti conosciamo. È stato divertente sperimentare e immaginare come fossero diventati i teenagers with attitude che tutti amiamo, per quanto riguarda il re-design del loro outfit da civili, ma anche e soprattutto per le nuove tute da Ranger.

Proprio perché la miniserie si svolge anni dopo quella regolare, e copre una parte di storia mai affrontata nella serie TV, ho avuto un sacco di spazio libero per creare cose nuove e giocare con gli stilemi classici dell’estetica super sentai, cercando di produrre idee che fossero moderne ma che al contempo rispettassero la tradizione. I lettori e la fanbase dei Power Rangers pare abbiano apprezzato davvero tanto le mie scelte e questo è la più grande soddisfazione.

Parallelamente alla lavorazione di Pink era in produzione anche il film dei Power Rangers, uscito nelle sale qualche settimana fa. Pur essendo il fumetto ambientato nell’universo della serie TV, vi è stato chiesto di tenere conto in qualche modo di questo imminente reboot? Ne siete stati influenzati?

No, assolutamente. Il film è una sorta di reboot che prende una strada totalmente diversa rispetto alla serie originale. Possiamo dire che hanno una partenza comune, ma che prendono direzioni diverse.

Hai uno stile di disegno decisamente riconoscibile che trova un perfetto equilibrio tra realismo ed estetica cartoon: quali sono i tuoi maestri e le opere che hanno influenzato la tua formazione artistica?

Pink RangerDa ragazzino ero un lettore vorace di manga, in particolare di Naruto e One Piece (che leggo ancora come se avessi quindici anni), e proprio Kishimoto e Oda sono due mangaka che adoro e che tuttora mi accompagnano quando disegno.

Restando sempre nel Sol Levante, Cowboy Bebop è un altro tassello fondamentale della mia adolescenza che è rimasto impresso nella mia testa perché mi fulminò quando sbarcò in Italia, su MTV. Impossibile poi non citare Otomo e Koji Morimoto.

Mi sono avvicinato ai comics americani relativamente tardi, quando ho iniziato a frequentare la Scuola del Fumetto: Immonen, Walker e Ottley sono i disegnatori che trovo più affini alla mia sintesi.

Per quanto riguarda la scuola europea, Ibanez è anche lui perennemente presente nella pila di fumetti che tengo accanto, in studio: il suo dinamismo, sia nei movimenti dei personaggi che nella regia e nelle inquadrature, è incredibile. E non dimentichiamoci di Gianfelice: durante gli studi il suo stile mi ha ispirato moltissimo, e ora non solo è un amico con cui condivido lo studio da più di cinque anni, ma è anche il mio socio sul numero 2 di Sam.

Qualche settimana fa è uscito per Wilder un numero di Australia per il quale hai disegnato una copertina variant: ci puoi raccontare come sei stato coinvolto in questo progetto e se hai altro in cantiere per questa nuova etichetta?

Conosco Leonardo Favia dai tempi della Scuola del Fumetto. Lui frequentava il corso di sceneggiatura con Diego Cajelli, e ogni mercoledì ci si trovava assieme in classe, cominciando a muovere i primi passi nel mondo del Fumetto. La mia primissima pubblicazione è stata proprio con una sua storia su un’antologia a tema alieni. Potrei dirti che siamo amici da tanto e che c’è grande stima reciproca, ma in realtà mi ha corrotto con un sacco di fumetti. Simone [Di Meo] invece è un pazzo furioso e talentuoso, ma andiamo d’accordo proprio per questo, quindi è stata una produzione in famiglia.

Per ora non ho nulla in ballo con Wilder, però conoscendo così da vicino praticamente tutti i creatori dell’etichetta ed essendo Jacopo Paliaga un recente acquisto dello studio, non escludo affatto che possa nascere qualche nuova collaborazione.

Hai disegnato Stella cadente, il secondo numero di Orfani – Sam. Immaginiamo che tu non possa anticiparci molto della trama, ma puoi descriverci con tre aggettivi l’episodio?

Va bene lo stesso se uso tre sostantivi? Pallottole, sangue, robot!

Ti vedremo al lavoro anche su altri episodi della sesta stagione di Orfani?

No, la mia sarà una fugace relazione con Orfani. Mi è stato proposto di continuare su uno dei prossimi, numeri, ma c’erano già accordi in ballo oltreoceano. Meglio fare una cosa alla volta ma farla bene

Ci puoi presentare The Infinite Loop, fumetto di IDW Publishing inedito in Italia di cui stai disegnando il secondo volume?

The Infinite LoopLa prima serie di The Infinite Loop narrava le gesta di Teddy, un’agente governativa con l’incarico di eliminare delle anomalie temporali che un’organizzazione apparentemente terroristica faceva apparire nel continuum spazio temporale.
Durante una missione però, si imbatte per la prima volta in un’anomalia dall’aspetto umano, una splendida ragazza dai tratti orientali, di cui ovviamente si innamora. La fantascienza quindi fa da amplificatore e cornice a dei temi quanto mai attuali, come il diverso, la paura e la libertà di poter amare senza discriminazioni.

La seconda serie mi vedrà come main artist al posto di Elsa Charretier (che diventa co-scrittrice assieme a Pierrick Colinet), ed è ambientata qualche anno dopo la fine della prima. Senza fare troppi spoiler, Teddy ha deciso di adottare metodi drastici nella lotta contro il suo stesso governo, in favore dei diritti delle anomalie; Ano invece (l’anomalia di cui si è innamorata) ha scelto una via più diplomatica, diventando un politico e combattendo il sistema dall’interno.

I temi sono anche questa volta attualissimi: si parlerà, oltre che di discriminazione, di post-verità e menzogne, che di questi tempi preferiamo alla verità perché più semplici da digerire e in quanto sfogo delle frustrazioni e della rabbia delle masse.

Hai lavorato per etichette indipendenti, grandi case editrici come Titan, IDW, BOOM! e ora anche per Bonelli: quali sono le principali differenze che hai riscontrato in questi diversi scenari editoriali?

Mighty Morphin Power Rangers: PinkL’agilità produttiva è uno dei punti di maggiore differenza tra le produzioni nostrane e quelle americane. Il fatto di avere albi più corti permette di mettere in produzione più rapidamente delle storie che non rischino di essere fuori tempo massimo, e magari anche di sterzare in corsa se la piega presa non convince più.

Mi sembra che ci sia anche un po’ più di coraggio nella scelta delle storie. Qui da noi le idee interessanti e accattivanti non mancano, ma sarebbe bello se si sperimentasse un po’ di più, anche su target di pubblico differenti.

C’è sicuramente anche più libertà stilistica per quanto riguarda i disegnatori. Uno dei tanti meriti di Orfani, secondo me, è di aver portato in Bonelli disegnatori con un tratto non classico, e sarebbe bello se nuove testate e nuove storie offrissero un incarico a disegnatori bravissimi che altrimenti si vedrebbero costretti a cercare lavoro all’estero perché qui fanno fatica a trovare un posto.

Molte cose stanno cambiando in Italia, è un periodo produttivo florido. Parecchie case editrici stanno investendo sempre di più in nuovi prodotti e in giovani autori, e sono sicuro che faremo sentire la nostra voce anche fuori dallo stivale.

Concludiamo con una domanda di rito per i nostri intervistati, ossia ti chiediamo qualche consiglio per i nostri lettori: quali sono i fumetti che più ti hanno colpito negli ultimi mesi?

Leggo tantissima roba, ma mi limiterò a tre titoli che spero tutti stiano seguendo perché sono il top delle produzioni fumettistiche del momento: Deadly Class (l’ultimo TPB uscito, il 5°, mi ha messo una scimmia addosso che in confronto King Kong è uno scimpanzé); Invincible, che è l’analisi perfetta della figura del supereroe e di ciò che significa essere eroi; Last Man, un gioiello nato come omaggio agli shonen e rivelatasi una creatura piena di vita e personalità, con un comparto artistico che mi commuove per la sua bellezza.

Mighty Morphin Power Rangers: Pink