Aveva sicuramente il sapore della leggenda il panel tenutosi sabato scorso al Chicago Comic & Entertainment Expo, il cui titolo tradotto era Gli Uomini, i Miti, le Leggende: Stan Lee e Frank Miller faccia a faccia. I due grandi veterani del fumetto americano hanno condiviso il palcoscenico per la gioia dei molti convenuti, spesso punzecchiandosi a vicenda e instaurando un divertente duetto in cui raccontavano aneddoti di vario tipo e commentandoli assieme.

Entrambi interpretavano i loro “ruoli” tradizionali anche nell’abbigliamento: Lee sfoggiava i suoi classici occhiali da aviatore, camicia e pullover, mentre Miller portava il suo tipico cappotto nero e cappello a tesa larga.

Tra le varie esperienze raccontate, Miller ricorda la sua prima visita alla Marvel, quando Stan ancora lavorava negli uffici di New York.

 

2. Elektra Saga (Marvel Omnibus: Devil di Frank Miller, Daredevil #168, 174 - 182)Miller – Mi affannavo alla macchina da scrivere e cercavo di inventare storie a fumetti fin da quando avevo cinque anni. Una volta mio padre, un tipo molto audace e molto diretto, mi prese e mi portò direttamente agli uffici della Marvel per incontrare quelli che ci lavoravano. Ricevetti un biglietto da Stan che recitava più o meno: “Il tuo materiale non è ancora all’altezza degli standard della Marvel, ma continua a lavorarci.”

Anni dopo, mentre lavoravo alla mia seconda storia di tre pagine, ebbi l’occasione di incontrare Stan di persona. Era una vero e proprio rito iniziatico a cui si sottoponevano tutti quelli che cominciavano a lavorare per la Marvel. Stan mi tenne la sua famosa lezione su come si fa una storia di supereroi… credo che la parte che più mi rimase impressa fu la regola secondo cui ogni singolo supereroe dovrebbe farti capire chi è nel momento in cui entra in scena, facendo l’esempio di Ant-Man che si rimpicciolisce accanto a qualcosa di già piccolo, o Spider-Man che si spaventa e, con un salto, rimane attaccato a una parete.

Lee – Una volta ero una persona relativamente normale. Dopo il liceo, risposi a un annuncio in cui cercavano del personale per lavorare alla Timely Comics. Per qualche tempo lavorai sotto Joe Simon e Jack Kirby, poi i due ebbero dei problemi con i proprietari e il giorno dopo non si presentarono al lavoro. Non sapevo nemmeno se fossero andati loro, o se fossero stati licenziati, ma l’editore si curava talmente poco dei fumetti che si limitò a dire: Stan, ce la fai a occupartene tu finché non trovo qualcun altro?

 

C’è stato spazio anche per una delle storie più famose di Lee, la nascita di Spider-Man:

 

Lee – Inizialmente, l’editore aveva rifiutato l’idea perché a nessuno sarebbe piaciuto un eroe basato su un ragno (la gente odia i ragni), o che fosse un teenager (gli adolescenti potevano fare solo da spalla) o che fosse afflitto da problemi personali (gli eroi erano immuni da ogni problema). Inserii la storia in un albo a bassa tiratura in procinto di chiudere, ma quando Amazing Fantasy #15 andò esaurito, il boss si rifece vivo e pretese che il personaggio avesse una sua serie personale. È la dimostrazione che il capo ha sempre ragione!

 

È toccato poi a Miller raccontare la sua esperienza con Daredevil:

 

Miller – Adoravo l’idea di un supereroe il cui tratto distintivo fosse un handicap e non un potere. Per mia fortuna, proprio in quel periodo Gene Colan era fuggito a gambe levate da una gestione di Daredevil durata più di 100 numeri. Abbandonai la formula del “supercriminale del mese” e iniziai a progettare archi narrativi più lunghi. E soprattutto riuscii a rubare Kingpin alla serie di Spider-Man, trasformando la serie in un fumetto crime.

 

Giunti al momento del commiato, Miller ha offerto a Lee l’occasione di un cammeo in un ipotetico futuro film di Sin City:

 

Miller – La vera domanda è: Stan Lee è pronto a beccarsi un proiettile?

Lee – In cambio di un cammeo? Certo che sì!

 

 

Fonte: CBR