Rob Liefeld torna a parlare di Deadpool: Bad Blood, graphic novel scritta insieme a Chad Bowers e Chris Sims (X-Men ’92) che rappresenta il suo ritorno al personaggio che ha contribuito a creare. Dopo la prima parte del suo recente intervento su Comicbook.com, dove ha messo in luce la componente in qualche modo autocelebrativa del progetto, vi riportiamo le sue dichiarazioni più nel merito della storia.

 

Deadpool: Bad Blood, anteprima 01

Se certamente ci sono delle differenze rispetto al passato nel modo in cui ho scritto Deadpool in questa circostanza, credo che lui sia sempre lo stesso. Il mondo del fumetto lo adora come ha sempre fatto. Credo che nel 2010 avesse cinque serie a lui dedicate, lo trovavi nei videogames, era in Spider-Man: Shattered Dimensions e in Lego Marvel Super Heroes.

Mi ricordo che il presidente della Warner Bros mi chiamò per chiedermi i codici per sbloccare il suo personaggio proprio in quest’ultimo gioco, perché non desiderava altro. Pazzesco: il presidente della concorrenza cinematografica della Marvel che mi chiede una cosa del genere. Da ridere.

Insomma, i lettori lo amano e la Marvel lo tratta molto bene. Quando mi hanno chiamato per chiedermi di realizzare questa graphic novel, ho chiesto come mai volessero proprio me. Mi hanno risposto che consideravano questo format importante per il personaggio, e quindi accettai. Dopo tanti anni a scrivere opere seriali, per me era una nuova sfida avere solo cento pagine da riempire.

Mi assicurarono che il progetto si sarebbe fatto a prescindere dall’uscita del film, che all’epoca era ancora da venire. Cosa che apprezzai moltissimo. Deadpool, negli anni, è diventato una potenza, una macchina da guerra. Chiedete alla HBO quante volte ha mandato le repliche del film e con quali risultati. Oggi è uno dei volti più riconoscibili del fumetto internazionale, e la cosa eccezionale è che è rimasto fedele a quel che io misi sulla pagina venticinque anni fa.

Deadpool: Bad Blood, anteprima 02

Credo che Thor abbia avuto qualcosa come dieci diversi costumi, nel frattempo, e che Iron Man abbia cambiato armatura tipo venticinque volte. Vi garantisco che Spider-Man ha vestito diverse uniformi differenti. Ma Deadpool è sempre lui. Eccolo lì.

In Deadpool: Bad Blood nessuno cerca di conquistare il mondo. Si tratta di una storia incentrata sul personaggio, che alza l’asticella di quel che si può raccontare con lui ed espande la sua mitologia e la sua biografia passata. La prima cosa che ho chiesto alla Marvel è stato il permesso di introdurre un nuovo personaggio, aspettandomi un secco divieto. Invece mi hanno dato carta libera, mi hanno detto che non era un problema.

Ho adorato lavorare con Chad Bowers e Chris Sims, che non applaudirò mai abbastanza. Sono responsabili di buona parte dell’umorismo e dell’atmosfera della storia, sono bravissimi. E una delle cose più belle di tutto questo è tornare a girare per le città d’America e fare promozione, ad ascoltare la gente che ti parla di quel che le piace, per riprendere contatto con il pubblico e ritrovare concentrazione.

 

Il nuovo personaggio è Thumper, e proviene da una parte del passato di Wade che ancora non conosciamo. In passato, il Mercenario Chiacchierone era il suo idolo, ma qualcosa nel loro rapporto si è spezzato, dando vita a un forte risentimento. Thumper sa di non poter uccidere Deadpool, quindi ha un piano ben preciso in mente per fargli del male. Un personaggio che Liefeld ha creato nella speranza che possa durare nel tempo.

 

Deadpool: Bad Blood, anteprima 03

L’idea di Thumper, come molte altre che hanno trovato posto in Bad Blood, mi gira in testa dal 2009, dai tempi di Deadpool Corps, quando ho introdotto Lady Deadpool. Ma altre cose avevano la priorità, allora. In realtà, la nascita di questa storia risale ai primi anni del millennio, quando buttai giù delle idee, subito dopo un paio di numeri di Wolverine che scrissi. Bad Blood nacque lì, ed era ora che vedesse la luce.

Nelle cento pagine di questa storia c’è un sacco di azione. Abbiamo avuto modo di regalarvi parecchie scene dinamiche e decisamente estese, dato che una delle cose che il pubblico ha adorato del film è proprio l’azione. Mi sono goduto il formato della graphic novel e ci ho giocato il più possibile.

Niente trucchi, niente pause, niente vuoti da riempire. Solo cento pagine di narrazione, senza pensare a quello che viene dopo, al prossimo numero. Axel Alonso si è premurato che io ne fossi consapevole. Ed io mi sono divertito un mondo a dare un ritmo diverso a un mio fumetto.

 

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Fonte: Comicbook