Marzo. Mese della donna. Marvel.com intervista una delle donne più famose del fumetto americano, una delle autrici più influenti dei giorni nostri, artefice del successo, negli ultimi anni, dell’eroina maggiormente sotto i riflettori della Casa delle Idee, ovvero Capitan Marvel.

A parlare della propria evoluzione, da fan e lettrice di comics a una delle professioniste e sceneggiatrici più apprezzate, c’è ovviamente Kelly-Sue DeConnick.

 

Captain Marvel #1Sono cresciuta nelle basi dell’aeronautica, al seguito di mio padre, e i fumetti erano uno degli elementi fondamentali della cultura condivisa della base. Adoravo, ovviamente, Wonder Woman e mi piaceva Vampirella, forse meno ovvia. Mi ricordo di aver comprato tutti i numeri di Detective Comics in cui c’era Nocturna. Probabilmente la mia indole dark si faceva già spazio.

Il primo fumettista che ha colpito la mia attenzione e che ho seguito è stato Marv Wolfman, assieme a José Luis Garcia-Lopez, ai tempi di New Teen Titans. Diamine, che tavole! Dovrei andarmi a rileggere quella roba. Mi ricordo un numero in cui il riflesso degli occhiali da sole fu usato come vignetta, se non sbaglio. Garcia-Lopez disegnava queste pose pazzesche per Lilith, che appariva splendida e terrificante allo stesso tempo. Dovrei davvero andare a cercare quale ciclo di storie fosse e ricomprarlo.

Wonder Woman è il personaggio la cui personalità mi colpiva di più. Erano gli anni Settanta, quindi ero anche una fan della serie TV con Lynda Carter, ed ero una ragazzina nerd, ossessionata dalla mitologia greca. Amazzoni. Come non amarle?

Quella di diventare una fumettista non è mai stata una decisione cosciente. Vi stupirà, ma è così. Ho avuto così tanti interessi e ho provato a fare così tante cose diverse nella mia vita, che non mi sono mai trovata a scegliere consapevolmente di voler diventare una cosa in particolare. Non ho fatto altro che seguire i miei interessi e realizzare, a un certo punto, che non erano più un hobby, ma una carriera.

 

Riguardo alle sue storie con protagonista Capitan Marvel, la DeConnick parla di un procedimento piuttosto interessante di comprensione del personaggio e delle sue motivazioni.

 

Ho iniziato a scrivere la sua serie prendendo le mosse dal suo comportamento durante gli eventi di Civil War. Sebbene capissi il perché di alcune sue scelte, non potevo sfuggire al fatto che alcune di esse le trovassi indifendibili. Carol non era esattamente qualcuno per cui mi venisse naturale fare il tifo, all’epoca.

Quindi tornai a leggere le sue primissime storie e andai in cerca di quale fosse la sua ferita originaria, il trauma alla base della sua personalità, per costruire il personaggio da lì. Mi sono ritrovata con l’idea che il rapporto con suo padre l’abbia messa nella condizione di dover sempre dimostrare di essere brava almeno quanto i propri fratelli.

Aggiungici la mentalità di un pilota da caccia ed ecco una donna con un ego complicato, sempre in cerca del limite, preoccupata di essere migliore, più grande, importante.

 

 

Fonte: Marvel