Incontro con David Lopez e Pepe Larraz, i due ospiti spagnoli di Panini Comics in occasione di Cartoomics 2017. I due disegnatori Marvel hanno risposto alle domande di Nicola Peruzzi e Diego Malara toccando una svariata serie di argomenti.

Ecco quanto di interessante è emerso dalla loro chiacchierata di fronte al pubblico di Milano. Si ringrazia, per l’immagine che trovate in copertina, Davide Formenti.

 

All-New Wolverine #14, copertina di David LopezLopez – Cos’ha significato da fan dei supereroi lavorare per la Marvel? Quando inizi a lavorare con le major, sei prima un fan e solo dopo diventi un professionista. All’inizio non ti rendi bene conto di quello che sta succedendo. Ora, dopo qualche anno, sento che è un buon momento, perché ho trovato sia la distanza emotiva che viene della professionalità che un modo per mantenere viva la passione del fan.

Larraz – Quando inizi a lavorare in un ambito che hai sognato fin da bambino e lo vedi diventare una cosa reale, si crea un conflitto tra passione e professione. Il lavoro non è mai come lo hai immaginato e devi diventare un professionista molto in fretta. Il piccolo fan dentro di te muore inevitabilmente, sei portato a ucciderlo. Il vero segreto è mantenerlo in vita e lasciare che esca.

Lopez – Tornerò ad essere un autore completo, come ero agli esordi, con una storia per Panel Syndicate. La mia idea originale di carriera è sempre stata quella di realizzare in toto i miei fumetti. Ma lavorare per Marvel e DC è molto divertente, puoi giocare con i loro personaggi e questo regala delle sensazioni grandiose: essere parte della storia di personaggi così importanti è fenomenale. Inoltre è un’occasione di diventare riconoscibile a livello internazionale.

X-Men 92 #1, copertina di Pepe Larraz

Non fosse per il mio lavoro su Wolverine e su tante serie Marvel non sarei qui a Milano oggi. Ma dopo più di quindici anni di professionismo come disegnatore per una major, sento la stanchezza per la routine e la voglia di fare dell’altro. Bisogna tornare a divertirsi, e ora è il momento giusto. Senza la Marvel non avrei mai potuto lavorare con Guillermo Del Toro, per farvi capire quanto le sono grato. Sto bene alla Marvel e mi piacerebbe moltissimo scrivere qualcosa per la Casa delle Idee.

Larraz – A un certo punto della mia carriera ho deciso che ero più un disegnatore che un autore, che mi piaceva di più lavorare sulla base di script altrui e darne la mia visione, piuttosto che lavorare alle sceneggiature. Decidere di tentare questa strada proprio alla Marvel è stato facile, perché il mio stile è decisamente più adatto ai loro prodotti. Ho iniziato a mandar loro delle sample page. Il trucco è stato continuare a rompere le scatole e aspettare che avessero spazio per me, per darmi del lavoro.

La parte divertente è che a un certo punto mi hanno affidato una storia di Capitan America, ma l’ho disegnata così male che hanno deciso di non pubblicarla. Bell’esordio! Mi lasciarono senza lavoro per sei mesi. Poi mi fecero lavorare sui fill-in di alcune storie. Da allora non ho mai smesso di lavorare.

Come mi fa sentire vedere un personaggio che ho creato sul piccolo schermo? Auran, che sta per apparire nella serie Marvel sugli Inumani, mi fa sentire quasi un padre, per l’orgoglio di avergli dato i natali.

All-New Wolverine #1, variant cover di David Lopez, sketchLopez – Secondo me la somiglianza tra la mia Gaby e la X-23 di Logan – The Wolverine è un caso… anche se la capigliatura è proprio uguale! Al di là degli scherzi, è chiaro che ci si sente molto felici e che si ha una sensazione di importanza e riconoscimento personale. La Catwoman dell’ultimo film di Nolan, per esempio, ha proprio i movimenti  che le davo io sulla serie a fumetti. Anche il design di Mimo in Agenti dello S.H.I.E.L.D. è pari pari a quello con cui la realizzavo io.

Larraz – Il mio personaggio preferito? Un tempo avrei detto Wolverine, perché sono sempre stato un suo fan, ma ora è Caleb, di Kanan: L’Ultimo Padawan, perché l’ho creato io, ci ho passato un anno. Dovessi scegliere il mio preferito di tutto il mondo, di ogni tradizione fumettistica, probabilmente sarebbe Corto Maltese.

Lopez – Da lettore il mio personaggio preferito è Kitty Pride. Da disegnare è Catwoman.

Larraz – Lavorare con Greg Weisman, l’autore di Kanan, che non era un autore di fumetti, ma uno degli autori della serie animata di Star Wars, mi rendeva all’inizio un po’ sospettoso. Poi ho scoperto di avere di fronte uno scrittore ottimo, nonché l’autore di Gargoyles, la bellissima serie Disney. È stato perfetto e le sue sceneggiature mi sono subito parse grandiose. Abbiamo sperimentato, ad esempio, nel modo in cui raccontavamo all’interno delle splash-page.

Kanan #6, copertina di Pepe Larraz

Raccontare una storia a fumetti in prima persona è sempre difficile. Kanan è la storia di un bambino che prende decisioni complesse. La tentazione era quella di raccontare gli eventi in modo leggero, di edulcorare per adeguarsi all’età del protagonista, invece Greg è stato capace di raccontare con la voce di un bambino, ma senza banalizzare la storia, che era pesante e tosta.

Lopez – A me è sempre stato garantito un po’ di spazio per sperimentare alla Marvel. All’inizio tendevo a fare una trascrizione letterale in immagini dello script. I miei editor mi hanno invece chiesto di tradurre, e quando traduci non puoi mai farlo letteralmente. Ho iniziato a lavorare come se lo sceneggiatore mi avesse raccontato una storia e io dovessi rinarrarla, per immagini, ai lettori. Lavorando per Marvel hai l’occasione di essere creativo e più metti di te stesso della storia, meglio è. Loro ti incoraggiano, anche se all’inizio magari non te la senti.

Larraz – Io e David ci sentiamo spesso via Skype e ci confrontiamo spesso. Abbiamo parlato diverse volte di questa traduzione della storia per immagini di cui parlava prima. Se lavori nei comics devi dare per scontato che i tuoi editor vogliano vedere la tua visione delle cose. Ora mi impegno molto nel comprendere il personaggio, le motivazioni per cui i protagonisti fanno quello che fanno, e trovo che questo migliori molto il mio lavoro: sapere cosa vogliono e cosa vogliono ottenere.

Captain Marvel #15, copertina di David Lopez

Se uno scrittore è un buon scrittore, deve iniziare a scrivere per l’artista, conoscerlo e dargli modo di fare del suo meglio, anche accontentandolo, da un certo punto di vista, in modo che il risultato sia più organico.

Lopez – Vi faccio un esempio. Il numero #15 di Captain Marvel, di Kelly-Sue DeConnick è nato dopo averla conosciuta a livello personale. A quel punto sapevo perché stava scrivendo un certo tipo di storia, dopo due anni orribili che aveva vissuto. Si trattava di una storia tristissima ma con un finale speranzoso, prima di dare l’addio a un personaggio che ha reinventato. Lei sapeva che quando affronto una scena, amo conoscerne il valore drammatico, qual è il tono.

Essendo questo albo molto personale per lei, mi ha chiesto di trattare la cosa in maniera specifica, ma lo ha fatto conoscendo i miei punti di forza e i miei gusti. Alla fine, eravamo convinti di aver prodotto il nostro miglior fumetto. E le reazioni delle persone che l’hanno letto erano proprio quelle che volevamo, di nostalgia assieme a un po’ di speranza alla fine. Questo è quel che succede quando si lavora in team e la cosa funziona.