A Cartoomics 2017 abbiamo intervistato il disegnatore spagnolo Pepe Larraz, ospite di Panini Comics. Firma delle matite di Uncanny Avengers, di varie storie di Thor, di Wolverine and the X-Men e di Kanan: L’Ultimo Padawan, Larraz ha discusso con noi della sua carriera, in spettacolare ascesa, e di molto altro ancora.

Ringraziamo lo staff di Panini per la gentile collaborazione che ha reso possibile questa intervista e l’amico Davide Formenti per le fotografie.

 

Hai lavorato con diversi grandi autori negli ultimi anni, da Jason Aaron a Matt Fraction.

Pepe LarrazNon solo loro. Ho avuto la fortuna di lavorare con un altro dei cosiddetti architetti dell’Universo Marvel, ovvero Brian Michael Bendis. Inoltre, ho potuto disegnare per Greg Weisman su Kanan: L’Ultimo Padawan. Sono stato molto fortunato e ho adorato lavorare con tutti loro. Hanno stili molto differenti, ma hanno in comune la tendenza a dare grande attenzione ai dialoghi, alle espressioni dei personaggi, alla loro personalità e alle emozioni. Con tutti loro c’è più enfasi sulle parole che sulle azioni.

Nel caso di Aaron, mi sono approcciato da fan della serie Scalped e mi piacevano molto le storie che stava scrivendo per Wolverine and the X-Men, in cui si spiegava come mai Logan fosse così incazzato, in quel periodo. Mi ricordo di aver pensato diverse volte di avere il privilegio di star disegnando la miglior serie a fumetti del mese, perché il lavoro di Jason era veramente pazzesco, e di essere rimasto a bocca aperta per la bellezza della storia e la fortuna di poterla leggere due mesi prima di tutti.

Per Matt Fraction, invece, hai disegnato Thor e ieri il tuo amico David Lopez ha detto che questo personaggio in particolare è particolarmente adatto al tuo stile. Avevi un forte legame con il Dio del Tuono?

All’inizio per nulla. Non sono mai stato un gran lettore di Thor e so di dover colmare una grave lacuna, dato che non ho mai letto le storie di Walt Simonson, anche se adoro il suo stile. Ho una certa passione per i barbari di ogni genere, però, e sarebbe splendido disegnare Conan, per dire. Ma con Thor è successo che il mio amico Pasqual Ferry ha avuto dei problemi e non poteva terminare alcuni albi, così mi ha raccomandato alla Marvel come sostituto. Avevo un paio d’anni di esperienza di storie brevi per la Casa delle Idee e approdare su Thor era probabilmente il lavoro più importante della mia vita, fino a quel momento. Fu il momento in cui mi feci effettivamente notare dal pubblico e dall’editore.

Inoltre, hai lavorato anche con Gerry Duggan. Di persona è davvero il folle che dà l’idea di essere nelle interviste?

[Ride]. Ma no, è un tizio a posto. Parliamo parecchio, io e lui. E dire che non sono il tipo che sentirebbe spesso editor e scrittori. Forse mi vergogno del mio inglese, chissà. Ma con Gerry parlo un sacco di colonne sonore, ad esempio. Quando mi manda una sceneggiatura, ad esempio, finiamo sempre per parlarne. Mi suggerisce una musica per le scene che devo disegnare, molto spesso, e devo dire che mi è utile, perché mi permette di capire con grande velocità che atmosfera dare a una sequenza in particolare piuttosto che a un’altra.

Del resto, chi pensa che fare fumetti sia una cosa che ha a che fare solo con i fumetti, probabilmente non ha davvero idea di cosa siano.

Esatto. Spesso Gerry mi dà indicazioni per vie diverse. A volte, invece, non fa altro che descrivere quel che succede a grandi linee, dicendomi di fare quello che voglio e che poi lui aggiungerà dei dialoghi in un secondo momento. Mi ricordo un’enorme battaglia tra ninja in un numero di Uncanny Avengers in cui la sceneggiatura non diceva praticamente altro. “Ninja fight – Ninja fight – Double splash – Ninja fight”. Gerry è un tizio divertente, anche se prende molto sul serio quel che fa ed è terribilmente consapevole. Ed è uno scrittore fantastico, perfettamente in grado di rallentare il ritmo della narrazione per creare grandi momenti. A volte, le sue storie sono davvero poetiche.

Parlando di Uncanny Avengers, abbiamo appena saputo che Jim Zub sta per sostituire Duggan. Tu rimani?

No, sfortunatamente. Finirò il prossimo numero e poi lascerò la serie. Non posso dirti molto sui miei piani futuri, ma sappi che sto parlando con la Marvel del mio futuro prossimo. Sono molto contento e sarà qualcosa di grosso, credo. Ma non sono ancora definiti i dettagli. Diciamo che posso confidarti che rimarrò nell’orbita degli Avengers. Avevo intenzione di dedicarmi ad altro, ad essere sincero, ma poi mi hanno fatto questa proposta interessantissima e ho deciso di accettare.

Ottima notizia. 

Sì, sono molto contento.

Bene. Parliamo un po’ del tuo impegno su Star Wars. Immagino tu sia un fan, vero?

Chi non lo è?

Oh, io conosco gente che non sopporta la saga.

Davvero? Esistono persone così? Interessante.

Ti sei divertito di più rispetto alle serie supereroistiche Marvel?

Kanan #6, copertina di Pepe Larraz

Devo dire di non aver avuto la sensazione di lavorare in un contesto diverso. Certo, si tratta di un universo narrativo differente, ma lavorare all’interno dello stesso ambiente editoriale mi ha fatto sentire poco la differenza. Dal punto di vista delle storie, io sono un appassionato dell’avventura in generale, e Star Wars è sostanzialmente un western, come stile narrativo e per quanto riguarda i ruoli dei personaggi. Quindi siamo sempre all’interno dello stesso genere.

Il vantaggio è quello di non avere tutti i legami che ti impone il genere supereroistico, quello che io definisco il canone della storia di supereroi. Non ci sono tizi muscolosi, superpoteri, costumi sgargianti in Kanan: L’Ultimo Padawan. La storia è molto più concentrata sui sentimenti e sulle emozioni del protagonista, un ragazzino che cresce per diventare il fuorilegge che si vede nella serie animata Rebels.

Ti sei sentito più libero, nel disegnare Kanan? Perché si dice che lavorare con la Lucasfilm significhi grande attenzione da parte loro per quanto riguarda la correttezza del tuo lavoro.

Sì, si prendono grande cura dei loro prodotti. Ma devo dire di essere stato ancora una volta fortunato. Quando la Marvel ha lanciato la collana dei fumetti di Star Wars, c’erano, se non sbaglio, quattro serie in tutto. E tutti i nomi dei team creativi erano una cosa pazzesca. John Cassaday e Jason Aaron. Wow! Poi Terry Dodson e Mark Waid. Wow! Salvador Larroca, Kieron Gillen… insomma erano tutte stelle. E poi chiamano me.

Be’, niente male, devi aver pensato. Una promozione.

Sì, ma una promozione che non si sa da dove piovesse, senza meriti.

Ma, non direi. Probabilmente alla Marvel hanno pensato che te la meritassi.

Non saprei. So solo che quando l’ho saputo ero a una convention a Bedford, totalmente da solo. Mi è arrivata una mail sul telefono ed ero emozionatissimo, ma non potevo dirlo a nessuno. Dovevo dirlo a qualcuno, da quanto ero felice. Fortunatamente ho incontrato Carlos Pacheco e ho potuto chiacchierare un po’ con lui. Quindi, per tornare al discorso, credo di essere stato l’artista che ha avuto più libertà di tutti, in quel momento, su una serie di Star Wars. Non saprei dirti perché, ma è così.

Domanda di carattere più generale: quali artisti internazionali credi che abbiano avuto la maggior influenza su di te?

Wow. Non è facile. So perfettamente chi sono, ma scegliere è un altro discorso. Credo però di dover fare per forza il nome di Stuart Immonen che credo sia il migliore in assoluto. Olivier Coipel è un altro artista che ammiro moltissimo. E poi ci sono tutti i tuoi connazionali, che mi piacciono moltissimo. Sara Pichelli, Valerio Schiti, Elia Bonetti. Siete grandiosi.

Uno dei miei disegnatori italiani preferiti è Giuseppe Camuncoli.

Giuseppe Camuncoli! L’ho incontrato poco fa ed è un tipo simpaticissimo. Ci sono un sacco di autori che mi influenzano. E la cosa meravigliosa è che ogni giorno scopro disegnatori che mi lasciano a bocca aperta. Tra gli spagnoli, Daniel Acuna, Victor Ibanez e altri ancora. E ci sono anche un sacco di Brasiliani che adoro. Greg Tocchini. Madonna!!! A volte mi capita di incontrare ragazzi che mi dicono che io sono un modello per loro. No, no, no, no, vi prego. Copiate quelli bravi.

Per esempio, David Lopez, che è qui a Milano con me oggi, credo sia una delle più grandi influenze su di me in questo momento. Non tanto per il suo stile, quanto per il modo in cui è in grado di pensare una storia. Ha la capacità di immergersi nel personaggio in maniera davvero profonda ed è stato capace di cambiare il mio sguardo sui comics. Parliamo un sacco e…

…E ovviamente essere suo amico personale aiuta molto in questo senso.

Sì. Davvero.

All’incontro con il pubblico di oggi hai detto che Corto Maltese è forse il tuo personaggio a fumetti preferito di sempre. C’è qualcos’altro che ti piace del fumetto italiano?

Innanzitutto credo che il fumetto italiano sia un mercato pazzesco, in senso positivo. Ieri ho scoperto che Tex, solo in Italia, vende più di Batman. Si tratta di una cosa pazzesca. Poi sono profondamente innamorato di Gipi. Ho letto Unastoria e non ci ho capito niente, ma ero completamente innamorato.

Lasciami dire che ogni volta che chiedo a un artista internazionale chi stimi in Italia, tutti quanti fate il nome di Gipi.

Sì, perché è sorprendente. Quando ho letto La Mia Vita Disegnata Male l’ho trovato fantastico. Una storia davvero poetica, una poesia in immagini. Se mi chiedi di cosa parli, forse non te lo so dire, ma mi ha emozionato moltissimo. E poi, ovviamente, Milo Manara e Guido Crepax sono tra i miei modelli.