Venticinque anni dalla nascita della Image Comics. Un quarto di secolo in qualche modo celebrato il primo febbraio dalla casa editrice, che ieri ha proclamato la giornata il suo Image Day. In occasione di questo storico anniversario, Comic Book Resources ha intervistato Eric Stephenson, attuale direttore Image, parte dell’avventura praticamente dai suoi esordi negli anni Novanta. Ecco cos’ha dichiarato il sempre analitico e interessante Stephenson.

 

Saga vol. 6, copertina di Fiona StaplesDall’inizio dell’anno, siamo del tutto operativi qui a Portland, dopo il trasferimento da Berkeley della sede. Il nostro staff è tutto qui, ora, dopo tre mesi dallo spostamenti. Quindi non è stato rapido, ci sono state alcune interruzioni, ma ora va tutto bene. E il fatto di essere riusciti, pur con qualche difficoltà, a concludere questo trasloco è una prova della flessibilità dei nostri ragazzi e di quella consentita dalla moderna tecnologia.

Siamo in una situazione migliore, sia per gli spazi maggiori per gli uffici che per quanto riguarda il contesto. La zona della Baia di Berkeley è cambiata drasticamente negli ultimi dodici anni e non era più ospitale per la compagnia. A un certo punto abbiamo pensato a Oakland come possibile meta, ma i prezzi degli immobili si sono impennati da quando parecchie aziende hanno mollato San Francisco per trasferirvisi. Volendo crescere di staff e strutture, Portland era il posto giusto.

Oggi, Image è una compagnia e un’industria molto più che in passato e certamente più che agli esordi. C’è ancora una componente di libertà creativa ed di impresa artistica pura dentro di noi che ci rende un’editrice piccola, adattabile, dinamica. Ma siamo molto più solidi nelle strutture. Negli anni abbiamo creato un’organizzazione che funziona. Il selvaggio west delle origini è stato utile, ma non sarebbe stato sostenibile nel lungo periodo.

Il nostro impegno è sempre stato quello di guardare al futuro, ma credo che le circostanze della nostra nascita siano ancora importanti per la nostra identità. Quel che siamo riusciti a creare e a diventare nel mondo del fumetto e dell’intrattenimento credo sia incredibile. Se Rob Liefeld, Todd McFarlane, Erik Larsen e tanti altri avessero solo creato uno spazio dove pubblicare se stessi, tutto sarebbe finito in fretta. Invece hanno voluto invitare altri a unirsi a loro e, così facendo, hanno cambiato il fumetto americano.

 

Stephenson ha elencato i principali successi della casa editrice: rendere il fumetto indipendente una pietra di paragone del settore, impattando su tutto il mercato, sia dal punto di vista produttivo che creativo. Gli altri editori, sostiene, stanno ancora reagendo ai risultati Image, ad esempio mescolando spesso i team creativi per evitare che creino fedeltà e seguito attorno a se stessi come artisti.

Ha quindi parlato di Image Expo, che non è ancora nei piani del 2017, dato che il venticinquesimo anniversario sarà festeggiato presso l’Emerald City Comicon, con cui ci sono ottimi rapporti. La convention aziendale è una delle vittime del discreto impegno rappresentato dal trasferimento a Portland, ma questo non farà mancare eventi dedicati ai fan e ai fedelissimi.

 

Hinges #3, copertina di Meredith McLarenDal punto di vista delle vendite è stato un buon anno, ma è terminato con un calo di entusiasmo del mercato, il che credo sia da imputare alla generale noncuranza di alcuni editori. Troppa roba già vista e troppi ennesimi rilanci che ora presentano il conto. Ci sono titoli che sono al dodicesimo rinnovo e credo che sia ormai evidente che le due big abbiano esagerato, con il risultato di rendere inutili queste iniziative. Rilanci di testate che non hanno nemmeno un anno: che incentivo si dà ai lettori di iniziare a seguire una serie?

C’è una mancanza di lungimiranza che, alla lunga, finirà per danneggiare tutti quanti. Credo che beneficeremmo tutti se si pensasse meno a ripetere comportamenti già visti decine di volte e si tentasse di più di fare qualcosa di nuovo, o di farlo meglio rispetto agli altri.

Se ci sono titoli Image che non ricevono quel che meritano? Mi sento frustrato quotidianamente da questo genere di cose. Spesso pubblichiamo materiale che riceve recensioni grandiose, ma non ottiene l’attenzione del pubblico. Il che mi lascia perplesso. Che sia un classico come Stray Bullets, pietra miliare del fumetto noir, o una cosa nuova come Lake of Fire di Fairbairn e Smith, o ancora Hinges della McLaren, ci sono sempre delusioni in agguato.

 

Tra i crucci ci Stephenson di cono diversi titoli, ma per lo più le soddisfazioni li superano. Da Injection di Warren Ellis e Declan Shalvey, passando per Deadly Class di Rick Remender e Wesley Craig, approdando a Black Road di Brian Wood e Gary Brown, sono tanti i motivi per sorridere in casa Image. E per progettare l’uscita di titoli nuovi, non solo in quanto inediti, ma in quanto innovativi e mai visti. Ecco il tipo di fumetto che dobbiamo aspettarci nel 2017.

 

Sono convinto che sarebbe un mondo migliore se tutto il fumetto fosse creator-owned, onestamente. Ed è chiaro che la competizione sia sempre una cosa buona, ma, ad oggi, ci sono pochi editori che offrono agli autori indipendenti quello che offriamo noi.

Tutti quanti sono a caccia di opzioni per il cinema o la TV, oggigiorno, ma non noi. Non che sia un male in sé, ma credo che rappresenti una distrazione, nel migliore dei casi. Promettere agli autori i red carpet non è necessariamente un danno per il loro lavoro, ma mettere le mani nelle loro tasche significa andare a interferire con la loro indipendenza creativa. E quest’ultima, per noi, è un valore fondamentale.

 

 

Fonte: Comic Book Resources