A Lucca Comics & Games 2016, abbiamo intervistato John Cassaday, artista americano di fama internazionale che ha prestato la sua arte a titoli leggendari come Planetary e Star Wars, oltre che a disegnare tante storie con protagonisti Capitan America, gli Avengers e gli X-Men. Ringraziamo Panini Comics per l’opportunità concessaci.

 

Ciao, John! Benvenuto su BadComics.it.

Ciao, è un piacere!

Partiamo da Star Wars. Che responsabilità ha rappresentato per te essere l’artista incaricato di rilanciare il franchise a fumetti nell’era Marvel?

Si è trattata di una tremenda responsabilità, oltre che di un grande onore. Sono cresciuto come fan piuttosto accanito di Star Wars e di certo quando mi è stata offerta l’opportunità di dare il mio contributo a questo fantastico universo narrativo non potevo lasciarmela sfuggire. Era molto importante per me che questa serie fosse Marvel e canonica: il fumetto sarebbe stato parte di un universo espanso connesso anche alle pellicole cinematografiche. In sostanza, finalmente una storia ufficiale. Era altrettanto importante che andassimo a raccontare una storia che si pone cronologicamente tra Episodio IV ed Episodio V, così da avere a disposizione l’intero cast dei miei personaggi preferiti di Star Wars. Quei giocattoli stupendi con cui tutti vogliono giocare, come Luke, Leia, Han e tutti gli altri.

Parlando di giocattoli, da sempre sono affascinato dagli Stormtrooper di Star Wars, il cui design, sebbene essenziale, è uno dei marchi di fabbrica della saga oltre che una specie di costante che lega un po’ tutti gli episodi. Questi personaggi sono sostanzialmente carne da cannone, ma tutti sono in grado di riconoscerli, tanto che tu per primo utilizzi il layout del casco per le tue dediche. Qual è il tuo pensiero sugli Stormtrooper?

Sai, gli Stormtrooper sono personaggi interessanti. Li volevo disegnare da quando ero bambino, ma ero sempre preoccupato dall’idea di non riuscire a rappresentarli graficamente nel modo corretto. Una volta che ho firmato per Star Wars, mi sono reso conto di non aver mai disegnato uno Stormtrooper in vita mia, e quando mi sono dovuto cimentare nella realizzazione della copertina del numero #2 della serie, è stata la mia prima volta con questi personaggi. Ho dovuto penare con quella copertina talmente tanto che quando l’ho completata sapevo disegnare uno Stormtrooper a occhi chiusi!

Li diamo molto per scontati a volte, ma sono davvero un’opera d’arte: questi personaggi sono proprio fighi. Basta guardare ai loro caschi e alla loro simmetria, così come al costume che ha un aspetto davvero unico, con degli elementi asimmetrici in alcuni piccoli dettagli. Wow!

Parliamo di Jason Aaron, sceneggiatore di Star Wars, tra le altre cose, nonché fresco vincitore di un Eisner Award. Cosa puoi raccontarci su questo autore così poliedrico, sia come artista che come uomo?

Come uomo, credo sia una ragazzina troppo cresciuta! [ride] Scherzi a parte, la prima volta che ho incontrato Jason è stato quando io e lui ci siamo recati allo Skywalker Ranch assieme ad alcuni editor per fare ricerche che ci avrebbero aiutato a costruire la nostra storia. Lì si trova del materiale incredibile, dagli archivi che contengono documenti dei quali non posso nemmeno parlare, ai costumi originali delle pellicole. Un paese dei balocchi! Jason è un tipo estremamente alla mano e molto gentile, abbiamo trovato da subito un ottimo feeling, sviluppando assieme le nostre idee su Star Wars. È stato un incontro meraviglioso, anche perché eravamo come dei bambini in un negozio di caramelle.

In Star Wars ti sei trovato a lavorare su un universo narrativo già edificato, contrariamente a quanto fatto su Planetary assieme a Warren Ellis, saga nella quale avete costruito tutto ex novo: è stato qualcosa di più facile o no?

Sì, è stato incredibilmente facile. Ogni aspetto era già predefinito e inoltre conoscevo a memoria questo meraviglioso universo d’avventura sin da quando ero piccolo: i personaggi, le location, le astronavi, i costumi… davvero, conoscevo tutto. Trovare la mia direzione artistica in questo senso è stato quasi istintivo.

Hai sicuramente sentito del rilancio WildStorm che nel 2017 prenderà il via sotto la supervisione di Warren Ellis. Quali sono i tuoi sentimenti su questo reboot di un universo narrativo del quale sei stato parte integrante?

Non so, mi piace moltissimo l’Universo WildStorm, e con Planetary noi abbiamo giocato in una nicchia di questo, raccontando la nostra storia. Eravamo una sorta di satellite di un pianeta più grande. Non vedo l’ora di leggere queste nuove storie, nelle quali non sono coinvolto.

Ho letto che ami molto il personaggio di Capitan America, confermi? Ci racconti perché?

Be’, amo questo personaggio perché guardo a lui come a un uomo che vuole fare la cosa giusta, più che a un eroe. Penso molto poco alla bandiera che indossa, ma trovo stupenda la sua natura: è disposto a combattere per chiunque su questo pianeta. A lui interessa il bene dell’umanità intera. Crescendo, ho conosciuto tanti eroi e antieroi, ma mi piace avere Capitan America nel mio cuore, anche se può sembrare un cliché o qualcosa di stucchevole: posso guardare a lui e trovare ispirazione per la cosa giusta da fare, la scelta migliore in qualsiasi aspetto della mia vita, almeno è quello che spero.

Amiamo questo personaggio perché crediamo in lui e sappiamo che lui crederebbe in noi, se facessimo la cosa giusta. A tutti piace un personaggio in grado di estrarre artigli dalla mano, ma alla fine quello che mi interessa davvero è che ci possa essere qualcuno in grado di ergersi in difesa di chiunque ne abbia bisogno.

Hai lavorato con lo sceneggiatore John Rey Rieber alla sua serie di Capitan America, che fu molto discussa, occupandoti dei disegni del primo arco narrativo. Anche qui, cosa ricordi di questa esperienza e della natura di questo titolo, anche in funzione delle critiche di carattere politico ricevute?

Ho sempre guardato a questa storia come un racconto pieno di sentimento, più che di politica. I sei numeri che ho disegnato parlano di un uomo che soffre tantissimo a causa di un terribile attacco subito dal suo Paese, quello dell’11 settembre 2001. Il protagonista era un uomo spezzato, pieno di rabbia, che doveva trovare il modo di rialzarsi e continuare a combattere per la giusta causa.

Oltre che un artista, sei anche un regista. Cosa pensi dei cinecomics, genere cinematografico che in questi anni sta vivendo un successo che era difficile da immaginare in passato?

Guarda, credo che i film della DC abbiamo un potenziale incredibile, non sfruttato però al meglio: questi personaggi sono assurdamente fantastici e si potrebbe fare di più. Per quanto concerne i film Marvel Studios, sono un grande fan di queste pellicole, soprattutto in quanto fan di Capitan America. Mai in tutta la mia vita avrei immaginato che ci sarebbe stato un Cap così fantastico sul grande schermo: è tutto meraviglioso, ed essendo amico di molte persone che lavorano a questi film ho la fortuna di visitare i set e di essere nel cuore dello sviluppo dei vari progetti, il cui risultato finale, diciamolo, è spesso perfetto. Ci sono ovviamente delle eccezioni.

Qual è il tuo preferito?

Penso che The Avengers sarà sempre un film duro da battere nel mio cuore. Ma credo anche che Captain America: The Winter Soldier sia quello più impeccabile da un punto di vista più tecnico. Vedere questo personaggio in un’iterazione moderna, da badass, quasi come se fosse James Bond, è stato davvero divertente.

Hai citato The Avengers, e non posso non chiederti qualcosa di Joss Whedon, regista e scrittore che conosci molto bene, avendo collaborato con lui a diverse storie a fumetti Marvel…

È un gran bastardo, non me ne frega niente di lui! [ride] Ok, seriamente: Joss è una delle mie persone preferite al mondo, uno dei miei migliori amici, qualcuno che conosco da prima di iniziare a collaborarci. Quando abbiamo fatto gli X-Men assieme, oltre a dar vita a un bel fumetto, siamo diventati ancora più uniti, il che è sempre una cosa positiva, perché non si sa mai davvero come andranno le cose con una persona amica con la quale poi ti trovi a dover lavorare. Lui è attento a ogni più piccolo dettaglio, oltre a essere un tipo molto dolce e comprensivo.

John Cassaday