Nel corso di Lucca Comics & Games 2016, abbiamo avuto la possibilità di intervistare il giovane e talentoso fumettista Stefano Simeone, che ci ha parlato del suo ultimo lavoro Diciottovoltevirgolatre (il tonno, la tigre, il tempo), delle intenzioni e aspettative inerenti quest’opera, dei suoi progetti per il futuro e del successo del webcomic Vivi e Vegeta.

Si ringrazia lo staff di BAO Publishing per l’occasione concessaci.

 

Ciao, Stefano, e benvenuto su BadComics.it!

Ciao, ragazzi, grazie per avermi invitato!

Partiamo da Diciottovoltevirgolatre (il tonno, la tigre, il tempo), un grosso progetto sotto più punti di vista, anche quello meramente fisico, annunciato anni fa e che ha richiesto tanto lavoro. Come nasce e cosa volevi raccontare con questa storia?

Diciottovoltevirgolatre (il tonno, la tigre, il tempo), copertina di Stefano SimeoneSe devo essere sincero, Diciottovoltevirgolatre nasce da una specifica richiesta da parte dei lettori dei miei libri precedenti, Semplice e Ogni piccolo pezzo: spesso mi chiedevano di cosa parlassero, e io non sapevo mai descrivere la trama in maniera compita.

Con questo libro, invece, la trama può essere riassunta con una semplice definizione, un aspetto utile anche a me per capire la direzione da prendere. Si tratta ovviamente di una “truffa”, un pretesto per soffermarmi sulle cose di cui voglio davvero parlare, e soprattutto di farlo in un certo modo. Proprio il metodo di narrazione è l’aspetto che mi interessa di più, nel mio lavoro: è l’ambito in cui posso divertirmi e sperimentare sempre cose nuove.

Questo libro ha richiesto molto tempo di lavorazione, con conseguenti ritardi, a causa del fatto che negli ultimi anni sono stato molto impegnato anche con altri progetti, cosa che ha persino fatto saltare l’uscita originariamente prevista da BAO Publishing; rimettermi in calendario ha richiesto un anno. In questo gap sono però riuscito a iniziare a lavorare anche al mio prossimo libro, quindi di fatto non ho perso tempo.

Hai accennato al libro nuovo e non posso fare a meno di chiederti qualcosa al riguardo…

Il mio prossimo libro racconterà una storia di genere storico-fantascientifico. Sarà di circa duecento pagine – quindi un po’ più breve di Diciottovoltevirgolatre – ma decisamente più impegnativo sotto l’aspetto grafico. È un lavoro che sta richiedendo un po’ di tempo. Inoltre sono tornato al passato: come fatto per Semplice, sto dando vita a quest’opera senza aver scritto prima una sceneggiatura. Realizzo una pagina dopo l’altra, con una trama ben definita che però ho solo in testa. Lavoro su diverse sequenze in contemporanea e solo quando le ho ultimate inserisco i testi.

Con questo metodo capita che vada a scartare diverse pagine; in totale saranno circa una sessantina su duecento totali. Con i miei tre libri ho sempre lavorato in modo diverso, e con questo “ritorno alle origini”, se da un lato è vero che vado a cestinare intere sequenze e ore di lavoro, dall’altro mi trovo a provare molto più entusiasmo per quello che sto facendo. Perché solitamente mi annoio molto a disegnare.

Torniamo a Diciottovoltevirgolatre: cosa ti ha fatto optare per la scelta di una protagonista femminile, Francesca, che conosciamo in tutte le fasi della sua vita? Come mai hai scelto di raccontare letteralmente una vita intera di un personaggio dell’altro sesso?

Ho scelto una protagonista evidentemente molto diversa da me perché mi piacciono molto le sfide, mettermi alla prova come narratore. Inoltre, nella mia mente ho sempre concepito questa storia con protagonista una donna. Anche la scelta di raccontare “una vita intera”, come dici tu, è una mezza truffa: ho sempre avuto difficoltà – lo dico chiaro e tondo – a scrivere i finali delle mie storie, motivo per il quale ho scelto una storia con un inizio e una fine naturali: per forza di cose non poteva andare diversamente e questo mi ha reso molto più tranquillo nel corso della lavorazione.

Raccontando di quella che è una persona come tante, hai improntato la tua storia sul realismo più totale, non rinunciando però a un elemento fantasy: Beatigre, che sembra essere una citazione di Calvin & Hobbes.

In realtà, l’ho capito solo dopo. Non avevo pensato a Calvin & Hobbes quando ho creato il personaggio di Beatigre, devo ammetterlo! Mi sono accorto di questa “citazione involontaria” solo quando ne ho letto nelle varie recensioni. Ho scelto il personaggio della tigre per un motivo meramente cromatico, dato che volevo che fosse arancione. E poi mi piaceva molto il nome “Beatigre”, che è abbastanza “coccoloso”, adatto al modo di pensare e al linguaggio di una bambina. A Calvin & Hobbes ho pensato solo poi, a causa vostra!

Hai parlato di linguaggio. Questo è un aspetto interessante del libro, perché si rivela essere mutevole in funzione della crescita della protagonista, dall’infanzia, all’età adulta, fino alla vecchiaia. Quanto è stato impegnativo dover dare diverse “voci” al personaggio principale della tua storia?

Questa è stata la parte più difficile del lavoro, anche in funzione del confronto con l’editore. Non è stato facile far capire quello che volevo raccontare e come intendessi farlo; ad esempio, facendo sparire la voce narrante per più di duecento pagine. Insieme alla parte grafica – due elementi che sono ovviamente molto interconnessi per me – è stata una sfida davvero dura.

Parliamo quindi della grafica di Diciottovoltevirgolatre, che è veramente molto particolare. A una prima occhiata ci si accorge subito che hai scelto per quest’opera un registro grafico e cromatico abbastanza diverso rispetto ai tuoi lavori precedenti, oltre che atipico in una prospettiva più generale, dato che si tratta di uno stile estremamente mutevole, quasi sperimentale. Talvolta forse anche troppo, sebbene io abbia trovato ogni tua scelta pienamente giustificata ai fini della narrazione.

Innanzitutto, credo che fare un libro nello stesso modo del precedente, senza farsi alcuna domanda o senza alcun tentativo di sperimentazione, sia sbagliato. Raccontare due volte la stessa storia è qualcosa che non mi piace. Non credo nell'”usato sicuro”. Io faccio fumetti perché voglio raccontare cose mie utilizzando questo medium. Se per fare ciò adoperassi un metodo ripetitivo, mi annoierei moltissimo, troverei questo lavoro talmente inutile che smetterei di farlo.

Se invece cambio il tipo di storia e il modo di raccontarla – cosa che sto facendo anche per il quarto libro attualmente in lavorazione – riesco sempre a dare il meglio. Cambiare registro, non scimmiottando nessuno, tantomeno film o serie TV, è ciò che funziona, per me.

Inoltre cerco sempre di far sì che il disegno si sposi al meglio con la mia storia, e se questo varia rispetto al passato è semplicemente perché ciò che sto raccontando è diverso dai precedenti progetti. So che è un metodo di lavoro anche strano – se vogliamo – ma in questo modo posso sfruttare la grammatica del fumetto per raccontare qualcosa di mio. Non potrei farlo diversamente.

Uno spazio tra le vignette, una linea fatta in un modo piuttosto che in un altro, l’eventuale assenza di colore… sono tutti mezzi perché la mia storia venga presentata nel modo migliore possibile. Per Diciottovoltevirgolatre era importante l’essenzialità della trama – anche perché è molto lunga – e così facendo ho ottimizzato i tempi di narrazione, accelerando o rallentando il ritmo con l’utilizzo di questi strumenti.

Devo dire che sembra aver funzionato, perché la risposta a questo libro mi ha stupito un po’ su tutti i fronti. Stanno arrivando tantissimi responsi positivi. Sta piacendo davvero a tutti, come questa Lucca sta dimostrando. Non nascondo di aver avuto un po’ di paura, perché so di aver rischiato; ma ripeto, a quanto pare ha funzionato e i lettori hanno capito quello che volevo assolutamente raccontare. Sentire delle persone dire: “Ho preso questo libro per i disegni” penso sia la mia soddisfazione massima, oltre che un grande sollievo. Posso sperare nel genere umano!

Chiudiamo con Vivi e Vegeta, webcomic scritto da Francesco Savino e da te illustrato, la cui edizione cartacea è stata recentemente annunciata proprio da BAO Publishing. Nata quasi per gioco, quest’opera si è rivelata un grande successo, con la nascita di un vero e proprio bizzarro universo narrativo e degli spin-off. Quanto sei sorpreso della riuscita di Vivi e Vegeta, e quanto ti sei divertito a illustrare questa folle storia con protagonisti piante e fiori antropomorfi?

Tutto è nato qualche anno fa, quando mi sono recato alle redazione di BAO, e Francesco mi disse che voleva fare una striscia a fumetti con protagonista un cactus che di mestiere faceva il portiere di condominio. Ci pensai un attimo e gli risposi che volevo proprio fare un fumetto con protagoniste delle piante, così lui tirò fuori questa storia!

La scusa ufficiale, all’inizio, era che “non sapevamo disegnare le facce”, ma Francesco – che credo sia un bravissimo scrittore – ha realizzato una storia davvero incredibile, con sceneggiature puntuali e originali. All’orizzonte c’è anche una seconda stagione, che arriverà il prossimo anno e che sarà pubblicata anche online da Wilder.

Vivi e Vegeta è nato dall’entusiasmo di due persone desiderose di collaborare assieme e dar vita a qualcosa di bello. Per me vale anche come esercizio, sia per allenarmi a disegnare su sceneggiature non scritte da me, che per sperimentare cose nuove. In tutto ciò, mi diverto da morire: è una figata lavorarci! Non vedo l’ora che esca la versione cartacea, che avrà circa trenta pagine inedite: sarà molto diversa rispetto alla versione digitale, tanto che devo persino rifare delle tavole… ma questo solo perché sono stupido!

Vivi e Vegeta di Stefano Simeone