Un numero sempre maggiore di autori italiani sta esportando la propria arte nel mercato statunitense grazie a collaborazioni con le principali case editrici di comics. Marvel e DC Comics si stanno dimostrando attente ad accogliere nel proprio roster giovani promesse del disegno, come Matteo Buffagni.

Da ormai diversi anni, Matteo è stato coinvolto nella realizzazione di interessanti progetti della Casa delle Idee che l’hanno visto approdare nel recente passato sulla storica testata Amazing Spider-Man, accanto allo scrittore Dan Slott, e su Daredevil con Charles Soule. Questa vetrina internazionale fa il paio con il lavoro di Matteo su un altra storica testata, questa volta tutta italiana: Diabolik

Tanti progetti in cantiere, nonostante la sua giovane età, hanno portato questo artista all’attenzione del grande pubblico. L’occasione è ghiotta per fare quattro chiacchiere con lui.  

 

Cominciamo parlando della tua passione per il fumetto: com’è nata e come sei entrato in questo ambito lavorativo?

Ho sempre voluto fare del disegno il mio lavoro e grazie alla Scuola Internazionale di Comics e alla gavetta con Giuseppe Palumbo mi sono preparato all’esordio nel 2007 nel mondo dei fumetti francesi, per poi arrivare alla Marvel.

Giovanissimo, hai già avuto modo di collaborare con una delle case editrici più importanti a livello mondiale, la Marvel, disegnando icone come gli Avengers, gli X-Men e Spider-Man. Come sei approdato alla Casa delle Idee e come ti sei sentito quando è successo?

Nel 2010, in occasione del Mantova Comics & Games, ho mostrato il mio portfolio a C.B. Cebulski che ha subito apprezzato il mio lavoro, dandomi la possibilità di cimentarmi sulle loro testate.

In Italia hai prestato la tua arte a un personaggio chiave della nostra tradizione narrativa a fumetti: Diabolik. Vuoi parlarci del tuo rapporto con Astorina?

Il mio rapporto con l’Astorina è iniziato quando loro, avendo bisogno di un matitista, mi hanno scelto tra alcuni disegnatori in prova. Da lì poi è stato un crescendo, fino ad arrivare alle copertine nel 2014.

Tornando oltreoceano: quanto è stato difficile per te adattarti a una realtà così grande come quella del mercato statunitense?

In realtà, a parte i ritmi serrati tipici di quel mercato, da un punto di vista stilistico non ho incontrato grosse difficoltà, anche perché una volta portato da un editor all’interno della casa delle idee, di norma viene lasciata molta libertà all’artista.

Non possiamo non chiederti com’è stato lavorare con firme del calibro di Dan Slott, Warren Ellis, Kelly Sue DeConnick e Charles Soule, autori che hanno legato il loro nome ad archi narrativi importanti di Amazing Spider-Man, Avengers Assemble e Daredevil.

La cosa interessante di lavorare con sceneggiatori diversi è il doversi confrontare con diverse metodologie di lavoro e con diverse cifre stilistiche, in termini di lessico, libertà lasciata al disegnatore, scambio di idee…

L’importante è sempre cercare di entrare in sintonia, in modo da rendere il passaggio tra ciò che ha immaginato lo sceneggiatore e la pagina disegnata il più fedele possibile.

Hai dovuto adattare il tuo stile su richiesta di editor e sceneggiatori o hai mantenuto invariato il tuo approccio alla composizione?

No, la cosa bella della Marvel è proprio che sia per le tempistiche strette che per un rispetto verso il disegnatore, superato lo scoglio della prima review, e quindi una volta che si sono accertati che la tua qualità rispecchi i loro standard, la parte stilistica viene lasciata alla soggettività dell’autore.

Diciamo che le poche correzioni che ho ricevuto sono quasi sempre state rivolte al rispetto delle linee guida e all’etica aziendale.

La differenza di impaginazione tra Diabolik e Amazing Spider-Man è lampante: com’è stato lavorare su una composizione della tavola più libera, com’è quella dei fumetti Marvel, rispetto a quella più rigida della serie di Astorina?

Lavorando a Diabolik ho avuto modo di comprendere la solidità di una gabbia più classica e quindi di muovermi con più accortezza all’interno della libertà dei fumetti americani: di fatto dobbiamo sempre considerare che il primo fattore d’importanza del fumetto è la leggibilità. A volte noi disegnatori tendiamo a sacrificarla a favore di una pagina maggiormente d’impatto.

Daken, Wolverine, Ultimate Iron Man, Capitan America, Devil, Spider-Man… sono moltissimi i personaggi che hai tratteggiato: chi hai sentito più tuo? Su quale senti di aver dato un tocco personale?

Ognuno di loro è venuto in un momento diverso della mia ricerca, quindi è molto difficile da dire, in realtà. Tendenzialmente direi forse proprio Daredevil, essendo venuto per ultimo e quindi in un momento di maturità maggiore (si spera.. eh eh eh).

Daredevil di Matteo Buffagni

Un numero sempre maggiore di tuoi colleghi sta sbarcando nel mercato a stelle e strisce per lavorare su personaggi storici e dall’immagine iconica. Sta cambiando qualcosa nelle scuole di fumetto italiane o la nostra tradizione è stata notata al di là dell’oceano? A cosa attribuisci questa tendenza?

Mah, sicuramente il processo di globalizzazione e internet rendono anche gli scambi intercontinentali assai più facili, contribuendo grandemente alle possibilità di aspiranti disegnatori.

Il rovescio della medaglia è però che il numero dei concorrenti è aumentato in maniera vertiginosa, così come il livello medio della qualità, indurendo ancora più un ambiente già molto competitivo.

Come vedi la situazione del mercato italiano del fumetto, invece?

La vedo piuttosto positiva. Nonostante alcuni numeri dell’editoria più popolare registrino un fisiologico calo, penso che il sentimento comune stia spingendo verso prodotti più autoriali, o anche solo più curati e adatti alle librerie, alzando la considerazione di questo bellissimo medium e strizzando un po’ l’occhio alla concezione franco-belga.

A quali lavori stai lavorando attualmente e su che tipo di fumetto vorresti lavorare in futuro?

Sto rimettendomi proprio ora al lavoro su una delle testate degli X-Men, chiaramente portando avanti il rapporto con l’inossidabile ladro dagli occhi di ghiaccio.

Ti senti di consigliare ai nostri lettori una lettura a fumetti che recentemente ti ha affascinato?

Gipi, con La terra dei figli, perchè penso sia un esempio lampante delle potenzialità di un fumetto: uno stile apparentemente semplice supportato da uno storytelling e una modernità disarmanti.

Diabolik di Matteo Buffagni

 

Intervista a cura di Pasquale Gennarelli e Francesco Borgoglio.