Proseguiamo la nostra serie di interviste agli autori di Dylan Dog, in occasione delle celebrazioni per i suoi primi 30 anni di vita editoriale, con un artista raffinato e dallo stile molto personale, tra i più amati dai lettori dell’Indagatore dell’Incubo: diamo il nostro benvenuto su BadComics.it a Nicola Mari!

 

Ciao, Nicola, è un piacere averti con noi in occasione dei 30 anni di Dylan Dog, a cui presti da tempo la tua arte. Ma torniamo per un attimo indietro nel tempo: il tuo esordio in Bonelli è stato sul numero 7 di Nathan Never, è corretto?

Ciao, Francesco. Ciao, BadComics.it, il piacere è reciproco. Esatto, numero sette e numero otto, un albo doppio su sceneggiatura di Antonio Serra.

Com’è avvenuto il passaggio all’Indagatore dell’Incubo?

Si è trattato di un passaggio fisiologico, essenzialmente dovuto al mio tratto che ben si accompagna alle atmosfere cupe e introspettive dell’universo dylaniato.

Quale storia non tua ricordi in modo speciale e perché?

L’alba dei morti viventi: è la prima storia di Dylan Dog, la prima volta che un fumetto popolare rivoluziona se stesso.

Quale storia tua ricordi in modo speciale e perché?

Phoenix, perché è la prima storia che ho disegnato per Dylan Dog, e che da subito mi vide confrontarmi col genio assoluto di Tiziano Sclavi. Come dimenticarla?

Tre aggettivi che utilizzeresti per definire Dylan Dog?

I primi che mi vengono in mente senza pensarci, o quasi: ironico, sfingeo, iconico.

Con quale personaggio, soggetto, atmosfera, ti trovi più a tuo agio e adori disegnare?

Amo le atmosfere inquiete e, in un qualche modo, ironiche. Ironiche, non nel senso della gag, ma dello spostamento del punto di vista; e il personaggio che meglio compendia questi due aspetti, che meglio li rappresenta è senz’altro Dylan Dog, che, anche per questo motivo, adoro disegnare.

Come ti approcci a una sceneggiatura di Dylan? Da dove cominci, hai dei riti preparatori che compi usualmente?

Dylan Dog 123: PhoenixPer me è fondamentale leggere la sceneggiatura intera, in modo da poter catturare il nucleo che anima ogni storia; poi mi affido al mestiere, non inteso come procedura meccanica, ma come capacità di ricreare il necessario “stato di grazia”.

Per quanto riguarda la dimensione rituale, non lavoro se non sono (a differenza del mio studiolo) totalmente pulito, asettico e con le mani perfettamente lavate (non so quante volte le laverò in un giorno!). In fondo il rito, la ripetizione, è fortemente connessa alla dimensione “clinica” dell’ossessione…

Lavoro sempre con alcuni film in sordina, che non ascolto, ma che ricreano la giusta atmosfera, riducendo il rischio di un eccesso di concentrazione che, paradossalmente, mi deconcentrerebbe. Non lavoro mai con la musica, perché il mio amore per la musica confligge con l’idea possa essere un sottofondo.

Come ti cali e cerchi ispirazione per la scena da disegnare?

Essenzialmente facendomi trasportare dal testo, e, mi si conceda il vezzo, abbandonandomi ai miei fantasmi.

Che consiglio daresti a un giovane disegnatore che si avvicina per la prima volta a Dylan Dog?

Di amarlo. Non parlo di sentimentalismo, ma di sentimento, inteso come capacità di “sentire”. Quindi amore come istanza cognitiva che consenta di cogliere l’essenza di chi ci sta innanzi, foss’anche, come in questo caso, un personaggio di fantasia.

Cosa significa per te disegnare Dylan Dog? Sei conscio del fatto di essere uno dei suoi disegnatori più apprezzati da pubblico e critica?

Dylan Dog 348: La mano sbagliata.jpgDisegnare Dylan Dog significa incontrare la visione di Tiziano Sclavi, un artista che attraverso la propria creatura ha contribuito a riconfigurare il nostro immaginario collettivo, ossia il modo attraverso cui una determinata epoca – all’interno di una determinata società – è in grado di leggere se stessa. In questo senso, per me disegnare Dylan significa anche interagire con il mio tempo.

Per quanto riguarda il riscontro favorevole di pubblico e critica nei miei confronti, e premesso che non ho idea di quale sia la reale portata, non posso che ringraziare sentitamente. Non bisogna mai dimenticare che è grazie al consenso del fruitore, in tutti i suoi aspetti, che ciascun autore trova una propria ragione d’essere. Da questo punto di vista, pubblico e critica diventano coautori e padri ideali degli autori amati, diventano artistici: il sogno di Baudelaire e Wilde!

Puoi svelarci qualcosa sui tuoi attuali progetti, che siano legati a Dylan Dog o meno?

Sto concludendo una storia di Dylan Dog, scritta da Barbara Baraldi, in cui incontreremo un giovanissimo Dylan, roadie di una rock band glam/ghot.

Di esterno a Dylan Dog, è appena stato presentato a Lucca Comics un artbook, per le Edizioni Inkiostro e curato da Rossano Piccioni, che raccoglie mie illustrazioni inedite. Tuttavia, anche questo volume non è del tutto esterno al mio lavoro bonelliano, poiché comprende un capitolo interamente dedicato a illustrazioni di Dylan Dog e Nathan Never.

Vorresti chiudere con il tuo personale augurio al nostro Old Boy?

Che il dubbio sia sempre con te, Dylan Dog.

 

SPECIALE 30 ANNI DI DYLAN DOG: