Claudio Chiaverotti rappresenta la storia di Dylan Dog, lui che molto probabilmente è stato l’autore più vicino al sentire del creatore del personaggio: Tiziano Sclavi. Abbiamo incontrato il creatore di Brendon e Morgan Lost a Rapalloonia 2016 e, ovviamente, non potevamo non chiedergli di parlarci dell’Old Boy e dei suoi due pargoli.

 

Ciao, Claudio e bentornato su BadComics.it! La prima domanda è ovviamente legata al tuo battesimo su Dylan Dog. Come sei stato coinvolto nel team creativo del progetto?

Dylan Dog 34: Il buioDevo andare veramente indietro nel tempo… [sorride]. Non è che sono stato coinvolto, ho proposto dei soggetti. In realtà ho iniziato a lavorare in Bonelli con Martin Mystère. Quando fu approvata la mia prima sceneggiatura, stava uscendo in edicola Dylan Dog, da cui rimasi folgorato al punto da dirmi: “Voglio scrivere questo personaggio, vedere se ne sono capace”. Quindi mandai alcuni soggetti, tra cui uno che si intitolava Nel buio – poi diventato Il buio – disegnato da Pietro Dall’Agnol, con il quale ho esordito sulla testata.

Non avevo frequentato scuole particolari e ho sempre pensato, e lo penso ancora oggi, che sia un delitto regalare un finale. Io avevo elaborato questo soggetto senza svelarne la conclusione e ricordo che il grande direttore di allora, Decio Canzio, mi aveva rimproverato dicendomi: “No, Claudio. Tu con noi devi essere chiaro, limpido, trasparente. Devi raccontarci tutto, anche il finale, e noi ti perdoniamo.”

Ho iniziato così e la fortuna è stata che mi sono ritrovato subito in sintonia con Sclavi. Ho fatto una cinquantina di Dylan e la maggior parte di questi erano tra i primi cento. Sono felicissimo di aver fatto parte di quegli anni irripetibili del personaggio, quando divenne un vero e proprio fenomeno di costume.

Quali sono gli elementi di Dylan Dog che hai sentito immediatamente tuoi, nelle tue corde?

Tutti. Tutti è troppo, diciamo parecchi. Fai conto che Dylan Dog ha poi scandito la mia vita lavorativa e privata. Comprai e lessi metà del numero 1 prima che mi operassero al setto nasale, sperando di leggere l’altra metà dopo, una volta uscito dalla sala operatoria! [ride] Mi sentii subito in linea con questo personaggio ironico, divertente, introspettivo, che era poi un’espressione del suo geniale autore.

Memorie dall’invisibile per esempio, scardina gli stilemi canonici del fumetto. Il cattivo viene spiegato a pagina 60 e il protagonista piange per amore di una prostituta. Pazzesco! Quell’albo ha poi un’umanità particolare che rende vera, quasi palpabile, la personalità del personaggio, ti sembra di conoscerlo. Mi sono sentito subito vicino lui, sia per la sua ironia, che per la sua sofferenza interiore. Poi mi piaceva la regia: Dylan Dog iniziava subito, da pagina 1, anticipando una modernità incredibile.

In fine adoravo il gioco delle citazioni, anche se non riuscivo a coglierle tutte. Sclavi è una persona dalla cultura enciclopedica, così come lo erano Canzio e Sergio Bonelli. Ricordo che una delle cose che mi disse Sclavi all’inizio fu: “Se vuoi fare Dylan Dog devi leggere Thomas Mann, non solo Stephen King.”

Tre aggettivi per definire Dylan Dog?

Questa è tremenda. Mi hai beccato impreparato. Sono sicuro che appena te ne dico tre mi pento e voglio cambiarli. Mi avvalgo della facoltà di non rispondere! [ride]

Se Dylan Dog non fosse un fumetto, cosa sarebbe?

Tutto. Una serie di telefilm. Non è per piaggeria, ma se lo scrive Sclavi va bene tutto. Forse potrebbe essere uno spettacolo teatrale, mi piace l’idea.

Visto che hai sceneggiato a lungo il personaggio, secondo te, cosa Dylan Dog non farebbe mai?

Dylan Dog 34: TitanicNon farebbe mai cose che Sclavi non farebbe. Questa è una cosa molto interessante che vale per tutti i personaggi. Tendenzialmente sono una proiezione del loro autore; è una questione di comodità, per garantire sempre una coerenza di comportamento.

Morgan Lost sono io, come pure Brendon, anche se descrivono lati diversi della mia personalità: il primo la voglia di scappare che abbiamo tutti, il secondo il fascino del mistero, della psicanalisi.

Ricordo che per Titanic [Dylan Dog 90 – NdR], mentre stavo spiegando il soggetto a Sclavi, gli ho detto: “Senti, potremmo fare che alla fine si avvicina alla nave deserta un elicottero per prendere di Dylan e portarlo in salvo.” Al ché rammento molto bene che Tiziano mi rispose: “Ma sei impazzito? A me, per farmi salire sull’elicottero, devono darmi una botta in testa!”.

Quale storia non scritta da te ricordi in modo speciale e perché?

Guarda, mi sembra una ruffianata, ma tutte quelle di Sclavi. Sinceramente, io non ricordo tutte le mie storie scritte per Dylan, ma ricordo tutte quelle di Tiziano. [sorride] Le ricordo quasi a memoria. Potrei azzardarti Il fantasma di Anna Never, perché è l’unica ottimista. In una scala da 1 a 10, lui è sempre stato 13 e i suoi meno belli erano da 9 e mezzo. Tiziano ha saputo mettersi a nudo in modo unico, io non riuscirei mai a fare ciò che ha fatto lui, con quella sincerità, tendo a essere molto più chiuso.

Cosa pensi del fatto che Tiziano stia per tornare con una serie inedita?

Ti riferisci a Le storie di Dylan Dog? Non vedo l’ora di leggerla!

Quale storia scritta da te ricordi in modo speciale e perché?

Qui sono più preparato. Direi Il confine [Dylan Dog 122 – NdR], illustrato da Dall’Agnol. Era il periodo in cui facevo tutte le storie. Tiziano si era preso un anno sabbatico dopo un lavoro immane. In quell’albo ero partito alla Sclavi, senza sapere come sarebbe andato a finire il fumetto, iniziando con il fatto che erano tutti morti. Dopo qualche giorno passavo le ore sul divano a fissare il soffitto… E non potevo tornare indietro, Piero aveva già realizzato diverse tavole. Poi la fantasia mi è venuta in aiuto, così come i disegni bellissimi di Dall’Agnol. [sorride]

Dopo che hai abbandonato per diversi motivi Dylan Dog, hai continuato a seguire le sue vicissitudini narrative ed editoriali? Come le giudichi?

Sì, lo seguo abbastanza. Penso che, com’è normale che sia, ogni sceneggiatore metta nella storia che racconta qualcosa di se stesso, un pezzo di sé, e questo non può che far bene al personaggio, che è molto interiore.

Se potessi ringraziare Dylan di persona per ciò che rappresenta per te, cosa gli diresti?

Be’… Ha rappresentato il mio esordio nel fumetto, un esordio molto interessante che mi ha permesso poi di avere dei “figli miei”, cioè Brendon e Morgan Lost.

E, visto che è il suo compleanno, che auguri vorresti fare a Dylan per i suoi 30 anni?

Suonerà scontato, ma gli auguro come minimo altri trent’anni.

Spostiamoci verso le tue creature: ti sei portato dietro qualcosa di Dylan Dog in Brendon e Morgan Lost?

Te lo porti inevitabilmente. Ho convissuto con Dylan quasi dieci anni, i ricordi sono tanti: è come aver condiviso i tuoi giorni con una persona in carne e ossa. Una cosa che rivedo molto nelle mie storie è la scansione narrativa. Ho l’ossessione della velocità, ho sempre paura che le mie sceneggiature siano troppo lente. Mi viene in mente Cagliostro [Dylan Dog 18 – NdR], un capolavoro in questo senso: ogni pagina è un cambio di scena. Sclavi aveva già intuito le potenzialità di un videoclip. Intendiamoci, Dylan non è un videoclip, anche se non lo ritengo un termine dispregiativo; ci sono dei videoclip fighissimi in questo momento, al cinema.

Io mi sono sempre sentito in linea con Tiziano su moltissime cose e avendo avuto l’opportunità di lavorarci per anni, cercavo di fare mio tutto ciò che riuscivo a imparare da lui. Mi sentivo in linea con Sclavi, ma non è detto che ciò valesse anche per i miei personaggi. Anzi, non dovevano esserlo. Non è stato facile allontanarmi, per certi versi, da Dylan. Ho cercato di diversificare il più possibile le mie creature, a partire dall’ambientazione, che ha sempre delle ripercussioni inevitabili sul personaggio, come accade nella realtà su un individuo e sul suo carattere.

Io non sono mai stato bravo a scuola, perché la maggior parte delle cose che dovevo imparare non mi interessavano e non riuscivo a ricordarmi nulla delle lezioni. Quello che mi hanno insegnato quattro grandi come Sergio Bonelli, Decio Canzio, Alfredo Castelli e Tiziano Sclavi ce l’ho scolpito nel cervello, perché ero interessato ed è l’ABC del fumetto. Quello è entrato a far parte del mio bagaglio personale di autore sia da un punto di vista professionale che emotivo.

I tuoi “figli”, come ami chiamare Brendon e Morgan Lost, in cosa ti assomigliano e in cosa si assomigliano tra loro?

Speciale Brendon 13: La mappa delle stelleÈ naturale, innanzitutto, che un tuo personaggio rifletta – se non tutti – alcuni lati del tuo carattere, positivi e negativi. Credo che siano molto diversi tra loro, onestamente, anche se credono più o meno negli stessi valori; valori positivi, a cui aggrapparsi per andare avanti per sopravvivere. Devono credere in qualcosa, come noi dobbiamo credere in qualcosa per avere la forza di buttarci giù dal letto domani. [sorride]

Brendon è un cavaliere di ventura e rappresenta la mia voglia di evadere, di fuggire. La mia modesta intenzione era quella di provare a dar vita a un “Corto Maltese dark”, con tutto il rispetto per il maestro Hugo Pratt e per il suo capolavoro. Tra parentesi, penso che Corto Maltese e Dylan Dog siano i due fumetti più belli che io conosca. Il nuovo corso di Brendon, quello che uscirà sugli Speciali dopo il crossover con Morgan Lost, sarà improntato sui deliri. Mi piace raccontare immagini visionarie che per gli scenari di Brendon possono pure essere reali.

Morgan Lost invece, non fugge. Forse lo soffre, ma è calato e ben radicato nel suo distopico ambiente metropolitano. È molto più tormentato, oscuro e pessimista di Brendon; almeno, questo è quello che mi sento dire da molti e che condivido.

Brendon è un impulsivo, un sanguigno. Morgan Lost è un pazzo che vede i fantasmi, ed è un depresso. Come scansione narrativa, a proposito, il secondo è più moderno del primo, com’è giusto che sia, visto che è più recente. Infine Brendon è un eroe solitario, quasi un nomade, mentre Morgan è una figura introversa, ma circondata da comprimari. Entrambi certamente vivono una profonda solitudine interiore; in questo sono simili. E non li definirei neppure anti-eroi; a me piace vederli come persone, anche se ovviamente con una prestanza fisica e una capacità di lottare non proprio nella media. Nelle loro storie mi farebbero fuori dopo due pagine. [ride].

Ci hai parlato del nuovo corso Brendon, puoi darci qualche dettaglio in più? Quando lo vedremo in edicola?

Dovrebbe essere un semestrale. Parliamo di uno speciale a colori solo su di lui. Uscirà certamente l’anno prossimo, dobbiamo trovare i mesi giusti, che potrebbero essere – che ne so – aprile e ottobre, per esempio. Saranno storie, come dicevo, più visionarie e ci saranno cambiamenti grafici. Bendon non avrà 
più il solito corpetto, cambierà pistola, cavallo e avrà anche un coltello.

Ci puoi fare qualche nome degli artisti coinvolti nel progetto?

Io ho già scritto almeno setto o otto sceneggiature. Massimo Rotundo, così come disegnò il primo numero della serie regolare, darà il via a questo nuovo corso. Ne sta poi realizzando uno Max Bertolini, fresco di Morgan Lost; sarà un fumetto molto suggestivo. Cercherò di far sì che lo sia ogni episodio. Sono molto entusiasta di questo progetto. Ho interrotto Brendon per dar vita al mio secondo figlio, ma non l’ho mai dimenticato, né lo posso fare… è mio figlio! [sorride].

Chiudiamo con il tuo “secondogenito”. Dopo un anno dall’arrivo in edicola, qual è il bilancio che possiamo fare per Morgan Lost? E cosa ci puoi dire del suo futuro?

L’unica cosa negativa è che siamo invecchiati tutti di un anno [sorride]. Per il resto sono molto contento. Morgan Lost ha avuto una visibilità impensabile. Su Facebook è merito di Lola [Airaghi], senza dubbio, ma in generale ci siamo impegnati veramente tanto. Devo ringraziare tutti, perché siamo stati invitati ovunque a parlare di Morgan Lost. Ancora oggi l’attenzione è molto alta e magari veniamo invitati non solo a festival del fumetto, ma anche del giallo e del cinema. La cosa mi lusinga molto.

 

SPECIALE 30 ANNI DI DYLAN DOG: