Nuovo appuntamento con il nostro Speciale dedicato ai 30 Anni di Dylan Dog: a Rapalloonia 2016 abbiamo incontrato il disegnatore di Addio, Groucho (contenuto in Dylan Dog Color Fest 10), breve ma seminale racconto, preludio alla saga del Pianeta dei morti di Alessandro Bilotta, nonché del recente L’uomo dei tuoi sogni di Paola Barbato. Stiamo parlando dell’artista Paolo Martinello, che ha omaggiato tutti voi con uno splendido sketch dedicato all’Indagatore dell’Incubo.

Ma ora, spazio alla nostra chiacchierata!

 

Ciao, Paolo! Benvenuto su BadComics.it. Come hai conosciuto Dylan Dog: da lettore o da autore?

Da lettore. L’ho conosciuto quand’ero ragazzino, mi pare facessi la terza media. Alla fine di una gita scolastica un amico aveva abbandonato sul sedile del pullman il numero 32, Ossessione, scritto da Sclavi e disegnato da Montanari & Grassani. Lo vidi e cominciai a sfogliarlo. Quello era un episodio particolare, forte, con una bella dose di splatter, ma si intravedevano molto bene le caratteristiche principali del personaggio. Mi ha subito incuriosito e da lì sono diventato un lettore fedele di Dylan Dog.

C’è una storia che ricordi in modo speciale?

Sono un appassionato di vecchia data di Dylan, per cui te ne elencherei decine. Ho sempre amato il disegno, quindi ricordo in particolare quando smaniavo per l’uscita di una storia illustrata da Corrado Rodi, Piero Dall’Agnol o Giovanni Freghieri. Godevo nel vedere quelle tavole fantastiche. Un volta finito l’albo, prendevo un foglio A4 e provavo a copiare tutto quello che avevano fatto loro, ovviamente non riuscendoci. [ride].

Tre aggettivi per definire Dylan Dog?

Dylan Dog 32: OssessioneAiuto! Non è semplice perché Dylan Dog è un fumetto incredibilmente sfaccettato in cui convivono elementi, talvolta anche opposti, come horror e amore. Più che aggettivi, se penso a Dylan Dog, mi viene in mente una “porta” che si spalanca verso tutta una serie di universi possibili, ma allo stesso tempo è ben radicato nella realtà contemporanea.

È poi potrei definirlo come una “splendida sospensione dell’incredulità”: tra le sue pagine si vede periodicamente la Morte – come fosse una vicina di casa – c’è un assistente assurdo che non si sa da dove sia saltato fuori e, nonostante tutto, funziona alla perfezione.

La terza cosa che mi viene in mente è “ispirazione”. Per me è stata un’ispirazione, non solo per il fumetto, ma per alcuni aspetti della cultura in generale che ho scoperto grazie a lui, come un certo tipo di musica, un certo tipo di cinema, un certo tipo di lettura.

Se invece penso al protagonista, direi “giovane” in senso assoluto, non solo esteriormente ma anche per come affronta ogni situazione. Poi direi “coraggioso”, sicuramente, e “inquieto”.

C’è un personaggio, un soggetto, un’atmosfera con cui ti trovi più a tuo agio e adori disegnare?

Non ce n’è solo uno, o una, in realtà. Non ho disegnato tanti numeri di Dylan Dog, ma ho avuto esperienze molto diverse. Se dovessi scegliere un’atmosfera sarebbe scura, cupa, malinconica come ho sperimentato nel seguito del Pianeta dei morti di Alessandro Bilotta. Oltre a questo, ciò che mi ha interessato molto nella sceneggiatura di L’uomo dei tuoi sogni di Paola, e in quella che sto illustrando ora, è cercare di cogliere tutte le sfumature, le emozioni attraverso la recitazione dei personaggi. Mi piace molto disegnare storie emozionanti ed emozionali.

Come ti approcci a una sceneggiatura di Dylan Dog, da dove cominci? Hai dei riti preparatori che compi usualmente?

La copisteria? Porto il file in copisteria e… [ride] No scherzo. Leggo una prima volta lo script, cerco di fissarmi uno schema mentale e prendo appunti sulle immagini che mi vengono in mente nell’immediato. Poi rileggo una seconda volta per capire se, oltre ai soggetti che sono emersi prima, ce ne sono altri che possono avere una certa rilevanza secondo la mia sensibilità.

Nella storia che sto preparando ora, della Barbato, ci sono dei demoni. Paola mi aveva parlato di demoni generici, dall’aspetto tradizionale e aveva lasciato a me completa libertà interpretativa. Io mi sono creato una sorta di bestiario demoniaco cercando di dargli un senso e un riferimento secondo i miei gusti.

Come cerchi ispirazione per la scena da disegnare?

A me aiuta molto la musica, oppure in alternativa un film che mi ha fatto venire in mente proprio la sceneggiatura che ho sotto gli occhi.

Hai esordito in Bonelli con un Color Fest, mentre il tuo primo albo della serie regolare è stato Il Calvario, scritto da Giovanni Gualdoni e uscito nel luglio 2014. Hai quindi vissuto la fase di transizione del rilancio del personaggio guidato da Roberto Recchioni. Quali sono state le tue impressioni al riguardo?

La cosa che mi è piaciuta di più con l’arrivo di Roberto, e che si è respirato subito nell’aria, è stata la grande libertà d’espressione lasciata agli autori. Conosco i codici classici della Bonelli, la gabbia e via dicendo, ma ora quando propongo una mia variazione di solito la risposta è positiva e interessata. Ho lavorato in precedenza per la Francia e non credevo sinceramente che il mio stile fosse adatto alla Bonelli, credevo che avrei dovuto trovare dei compromessi nel momento in cui sono stato chiamato a cimentarmi con una serie e un personaggio così famoso come Dylan Dog. Invece ho potuto esprimermi in tutta libertà e lo giudico un aspetto assolutamente positivo.

Che consiglio daresti a un giovane disegnatore che si avvicina per la prima volta a Dylan Dog?

Non ho molti consigli da dargli. Gli direi di leggerlo, di conoscerlo profondamente, perché così sarà lui a suggerirgli la cosa giusta. Dylan è un personaggio che si è emancipato da chi lo ha creato, da chi lo scrive e lo disegna, vive di vita propria, ha trent’anni, ormai, e un fascino unico.

Cosa significa per te disegnare Dylan Dog?

Sono stato un suo lettore appassionato fin da ragazzino, poterlo disegnare oggi lo reputo davvero un grande onore. Grazie al cielo, quando ci lavoro e sono quasi in uno stato di trance non mi rendo conto della responsabilità che ho, se mi succedesse solo per una singola vignetta, penso che andrei nel panico. [sorride].

Superata la giusta reverenza nei confronti del personaggio e degli artisti che lo hanno rappresentato finora – mi sembra assurdo farne parte anch’io – ritengo Dylan Dog anche una straordinaria possibilità si esprimere me stesso, perché mi sento affine a certe storie, certe atmosfere. Quindi gli sono doppiamente riconoscente.

Che auguri vorresti fare al nostro Old Boy per i suoi trent’anni?

Di durare il più possibile, di avere altri cinquecento compleanni, anche per interessi personali [ride], con altrettante belle storie, bravi autori per scriverle, disegnarle e anche bravi intervistatori che ci chiederanno di parlarne.

 

Rapallonia 2016, disegno di Paolo Martinello

 

SPECIALE 30 ANNI DI DYLAN DOG: