Questo breve botta e risposta con Roberto Recchioni è solo il preludio allo speciale dedicato ai 30 anni di Dylan Dog che raccoglierà la testimonianza di tanti autori che hanno contribuito a fare dell’Indagatore dell’Incubo uno dei personaggi a fumetti italiani più amati e apprezzati di sempre. Non potevamo non cominciare questo viaggio dall’editor delle testate dell’Old Boy, nonché suo autore di punta.

 

Ciao, Roberto! Grazie per la tua consueta disponibilità e bentornato su BadComics.it. Ti saresti mai immaginato di diventare il curatore di Tiziano Sclavi, ora che è tornato a scrivere? Sarai severo come con gli altri scrittori?

Tiziano mi ha scritto: “sei il mio curatore, curami”. Che è quello che sto facendo. C’è da dire che non c’è molto da curare. Tiziano non solo scrive belle storie, sempre molto funzionanti sotto il punto di visto narrativo, ma le scrive anche in una maniera molto pulita, con una forma perfetta. Sarebbe bello se tutti gli autori scrivessero così.

Come hai convinto Tiziano a tornare a scrivere? C’è anche il tuo zampino nel suo desiderio di cimentarsi con la nuova serie Le Storie di Dylan Dog?

No. È stato lui a dirmi che aveva un’idea. Io mi sono limitato a studiarne la produzione e dare il mio apporto sotto un aspetto che mi viene sempre bene, quello dell’aspetto e il feeling che questa serie avrà.

Ci racconteresti come ti è stato proposto l’incarico di editor per le serie di Dylan Dog?

Me lo hanno chiesto Tiziano e sua moglie Cristina e Mauro Marcheselli.

Hai lanciato e stai lanciando tanti giovani talenti con la tua gestione: secondo te quali sono le qualità che un artista, o uno sceneggiatore, deve possedere per lavorare sull’Indagatore dell’Incubo?

Ti posso dire quello che non deve essere: un impiegato del fumetto. Per fare Dylan, devi spenderci dentro qualcosa. La routine deve essere bandita.

Parliamo un po’ di ciò che rappresenta questo personaggio, partendo dalle origini: nel 1986 esce L’alba dei morti viventi: cosa cambia per sempre nel panorama del fumetto italiano?

È il punto di incontro tra l’esperienza del fumetto d’autore di quegli anni e la tradizione del fumetto seriale italiano. Tiziano compie un miracolo che dimostra che entrambi gli approcci possono coesistere armoniosamente in una sola opera. Inoltre, è un fumetto che anticipa la sensibilità che investirà il mondo da lì a poco. Dylan è un fumetto di successo perché di altissima qualità, ma diventa un fenomeno di massa che investe la società, i costumi e la cultura perché intercetta il suo tempo.

E oggi, invece, quali sono i presupposti perché Dylan Dog rimanga fedele al modello originale, pur puntando a essere un personaggio legato all’attualità?

Stessa cosa. Dylan deve intercettare e, se possibile, anticipare, lo spirito del tempo presente.

Tre aggettivi per definire Dylan Dog?

Vivo. Dubbioso. Presente.

Quale storia non tua ricordi in modo speciale e perché?

In maniera affettuosa direi Gli uccisori, il primo Dylan Dog che ho letto. Poi aggiungerei Memorie dell’invisibile. La sceneggiatura perfetta accompagnata al disegno perfetto. Solo Watchmen può stargli accanto sotto il punto di vista tecninco-artistico, nel complesso.

Quale storia tua ricordi in modo speciale e perché?

La mia storia, quella scritta da me, di Dylan del cuore, direi che è Al servizio del caos. Adoro John Ghost e quella storia riflette il mio stile più allegro.

Ti vedremo mai all’opera come disegnatore di Dylan Dog, magari per un Color Fest?

No.

Se potessi ringraziare l’Old Boy di persona per ciò che rappresenta per te, cosa gli diresti?

Grazie?

Chiudiamo con un tuo personale augurio al personaggio per i suoi primi 30 anni?

Che tu possa viverne altri trenta, ugualmente interessanti.