Dopo il via ufficiale allo speciale dedicato ai 30 anni di Dylan Dog, partito con Roberto Recchioni, è ora di entrare nel vivo incontrando di volta in volta sceneggiatori e disegnatori che si sono cimentati e cimentano con l’Indagatore dell’Incubo. Ma Rapalloonia è da poco alle spalle e alla kermesse ligure, dopo Matteo De Longis, abbiamo incontrato Daniele Caluri, altro autore impalmato quest’anno con il prestigioso Premi U Giancu.

 

Ciao, Daniele! Bentornato su BadComics.it. Grazie per la tua consueta disponibilità e per l’omaggio al personaggio di Tiziano Sclavi che hai realizzato per i nostri lettori. Ma veniamo al dunque… Come hai conosciuto Dylan Dog, da lettore o da autore?

Da lettore, naturalmente. Quando uscì il primo numero avevo 15 anni, e mi colpì così tanto che – ricordo – non riuscivo a non leggere l’albo per strada, nel tragitto dall’edicola a casa.

Quale storia ricordi in modo speciale e perché?

Non ce n’è una in particolare, ma elementi che mi rimandano a diversi albi. Potevano essere semplicemente lo stile del disegnatore (ricordo che mi affascinava parecchio quello di Piccatto), quando la storia, quando alcune invenzioni, o il recupero di figure appartenenti ad altre culture. Uskebasi, per esempio.

Tre aggettivi per definire Dylan Dog.

Precario, precario, precario. Cambia il contesto di riferimento: il lavoro, l’amore, le qualità.

Se Dylan Dog non fosse un fumetto, sarebbe…?

…Una schifezza.

DD ha il suo senso proprio sulla pagine di carta, con le caratteristiche e le dinamiche che regolano il linguaggio del fumetto, tutt’altro che elementare. Però non nego che mi piacerebbe vederne sviluppare una serie TV, a patto che fosse fatta con tutti i crismi e il dovuto investimento.

Con quale personaggio, soggetto, atmosfera ti trovi più a tuo agio e adori disegnare?

Purtroppo ho disegnato due soli albi, più un racconto breve, e non ho avuto modo di affrontare i comprimari. Groucho l’ho disegnato in 3 o 4 tavole, Bloch in un paio. Nel Dylan Dog che ho disegnato su sceneggiatura di Emiliano Pagani ho disegnato Carpenter. Ma mi mancano Lord Wells e la signorina Trelkowski, per esempio. Ecco, mi piacerebbe disegnare lei.

Come cerchi l’ispirazione quando ti approcci a disegnare una scena? Hai dei riti preparatori che compi usualmente?

Ma no, l’ispirazione è un concetto romantico, fortunatamente superato. Mi metto al tavolo e comincio, ripartendo dal punto in cui avevo lasciato il giorno prima. Poi, sicuramente, mi capita di imbattermi in una vignetta, o una sequenza, che mi coinvolgono in modo maggiore rispetto ad altre. E a quel punto magari metto un disco che mi pare adatto alla bisogna. Ecco, forse un rituale è proprio quello: scelgo la musica in funzione del disegno e ne diventa la sua colonna sonora.

Che consiglio daresti a un giovane disegnatore che si avvicina per la prima volta a Dylan?

Mi sentirei presuntuoso a consigliarlo, per il semplice motivo che io Dylan Dog lo sto ancora studiando. Gli direi sicuramente di fare molta attenzione nell’approcciarlo e di studiarselo bene: il suo carattere, prima ancora che le sue fattezze.

Cosa significa per te disegnare Dylan Dog?

Beh, un ciclo che si compie, come accade ogni volta che si passa al di là di una barriera. L’ho amato da lettore adolescente, mi ci ritrovo a disegnarlo da adulto, mescolando ricordi di sensazioni a una diversa conoscenza. Dylan Dog è un fumetto fantastico per la ricerca delle giuste atmosfere: permette di travalicare lo stile puramente descrittivo, in favore di passaggi più sfumati, a volte sperimentali. Mischia rigore e possibilità.

Quando potremo leggere l’episodio della serie regolare a cui hai lavorato con Emiliano Pagani ai testi?

Presto, spero. L’ho consegnato lo scorso giugno, confido che possa uscire entro la fine dell’anno. Ma non abbiamo ancora avuto notizie in merito.

Puoi rivelarci qualcosa sul tuo futuro dylaniato?

Ho appena iniziato a disegnare un nuovo albo, scritto da Gabriella Contu, una sceneggiatrice al suo esordio sulla testata. Una storia molto dura e asciutta, che mescola dramma, orrore e vendetta. E queste sono corde che, se mi vengono smosse, mi coinvolgono parecchio. Mi è piaciuta un sacco e la sto disegnando con grande piacere. E poi ce ne sono altre, di storie, da fare prossimamente. Una di Emiliano e l’altra, se riusciremo a dare seguito al pour parler, di Tuono Pettinato.

Vorremmo chiudere con il tuo personale augurio al nostro Old Boy, cosa gli diresti?

Continua a sollevare domande, più che a fornire risposte.

Rapallonia 2016, disegno di Daniele Caluri