Lo sceneggiatore Joshua Dysart – attualmente molto attivo in ambito Valiant Comics – è conosciuto soprattutto per Unknown Soldier, fumetto pubblicato tra il 2008 e il 2010 dalla Vertigo per il quale ha trascorso del tempo nel Sudan meridionale, documentandosi sui rifugiati e sui bambini soldato.

Nel 2014 lo scrittore ha fatto un viaggio in Iraq al fine di raccogliere materiale per la realizzazione della graphic novel Living Level-3: Iraq disegnata da Alberto Ponticelli, di cui si può leggere il primo numero gratuitamente su ComiXology.

 

 

Quest’opera di 35 pagine è stata pubblicata per la prima volta lo scorso gennaio come parte del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, un’iniziativa che vuole alleviare la fame e offrire aiuto ai rifugiati del Medio Oriente. La storia mette in risalto il lavoro delle organizzazioni umanitarie e degli operatori che lavorano per aiutare le persone in quei territori brutalizzati. Il progetto racconta infatti queste regioni di guerra mescolando la finzione con la vita reale documentata sul luogo dallo stesso Dysart. L’autore è tornato nel Sudan meridionale lo scorso maggio per effettuare ricerche utili per il secondo volume di 40 pagine.

Comic Book Resources ha contattato Dysart per parlare con lui della sua opera, del suo stile di vita e dei suoi progetti che mixano in modo schizofrenico la Nona Arte e le politiche globali.

 

Joshua, ci puoi raccontare come sei arrivato a lavorare su LL-3?

Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite voleva realizzare una graphic novel e avevano contattato lo sceneggiatore Ande Parks, un mio amico. Lui non ha accettato l’incarico, ma ha fatto il mio nome e, appena ho sentito di cosa si trattava, ho accettato, perché il tipo di lavoro affrontato per Unknown Soldier mi mancava. Mi sono divertito con gli altri fumetti che ho fatto, ma questa opportunità mi ha permesso di tornare a un’esperienza lavorativa che soddisfa completamente la mia vena creativa.

Per Unknown Soldier sei andato in Uganda e hai vissuto le difficoltà dell’Africa, giusto? Non ti spaventa avventurarti in territori ostili per questo tipo di progetti? Come reagisce la tua famiglia a questi viaggi, soprattutto stavolta, visto che la destinazione era l’Iraq?

Living Level-3: Iraq, anteprima 01Sì, sono stato anche nel Sudan del Sud, prima che diventasse una nazione, quando faceva semplicemente parte del Sudan. C’è sempre un momento in cui butti giù tuoi piani e sei mosso dall’entusiasmo, poi di solito nasce un’accesa discussione, perché quello che fai sembra essere uno sfruttamento della loro situazione, e per certi versi potrebbe anche esserlo.

Ho parlato con giornalisti di guerra e volontari che sono stati in situazioni molto più pericolose di quelle in cui mi sono trovato io, perciò mi rendo conto che il mio non è del tutto altruismo. C’è qualcosa che ti spinge in quei luoghi, a voler far parte di essi: c’è una parte oscura dentro di te che vuole trovarsi proprio in quei posti. Speri di riuscire a trasformare quell’energia in qualcosa di positivo e buono per il mondo, per le persone che devono vivere li pur non volendo, che sono costrette a restarci.

La notte prima di volare all’interno delle zone di guerra – mi è successo anche nell’Uganda settentrionale e nel nord dell’Iraq – è terrificante. Quella notte hai paura e ti domandi cosa stai facendo con la tua vita, cosa hai intenzione di fare. Questo viaggio in Iraq è stato un po’ differente: quando andai in Africa ero da solo, e sceso dal treno ho preso i trasporti pubblici senza alcuna forma di sicurezza, mentre in Iraq facevo parte del Programma nazionale alimentare, avevo un servizio di protezione professionale ed efficace, anche quando non mi sembrava necessario.

La mia famiglia era preoccupata? Certo. Mia mamma non aveva del tutto compreso la situazione finché non sono tornato indietro con le foto e i racconti. La mia fidanzata era preoccupata. Si preoccupano per te, ma tu devi comunque percorrere la tua strada, giusto?

Pensando ai tuoi cari, hai mai pensato che avresti potuto ottenere le interviste via Skype o per telefono? O chiedere a qualche volontario di farle per te? Perché andare sul luogo, con tutti i rischi che comporta? 

Living Level-3: Iraq, anteprima 02Le persone che sono state colpite in modo più pesante dalla situazione destabilizzante in quelle regioni non sono qualcuno che puoi chiamare via Skype. Vivono in una condizione peggiore della semplice povertà. Ci sono campi di sfollati, zone dove vivono masse di rifugiati, e comunicare con loro sarebbe un problema tecnologico. Ma non è la ragione principale per cui dovevo andare; dovevo parlare con queste persone faccia a faccia, guardare le case dove vivono, farmi raccontare delle case che hanno dovuto abbandonare e tutto ciò che hanno perso.

Tutte le loro proprietà, i loro conti bancari prosciugati, le loro case espropriate. E, ancor più importante, hanno perso persone care – bambini, madri, padri, fratelli – perciò se vuoi invadere le loro vite e farti raccontare le loro storie, il minimo che tu possa fare è mangiare con loro all’interno dei container che usano come case, stringere le loro mani, camminare sulle stesse strade che percorrono loro. Questo entra nelle ossa di tutto ciò che fai e senti davvero la differenza, la stessa differenza che c’è tra fare una ricerca su Google e un’esperienza che hai vissuto sulla tua pelle.

Come hai mantenuto un equilibrio tra l’adattamento dei personaggi di fantasia e le persone reali che hai incontrato?

Questa è stata la sfida principale a causa del poco spazio a disposizione. Volevo raccontare diversi tipi di persone perché la storia doveva riguardare la zona di guerra, ma volevo anche parlare di chiunque, a parte i soldati. Perciò tutti i personaggi sono di fantasia, ma alcuni sono basati su persone reali; ci sono storie reali vissute da intere famiglie, mentre altre sono una sorta di amalgama. Tecnicamente questo genere di storie di finzione rientrano nel genere narrativo, ma l’obiettivo è quello di fornire uno sguardo più profondo su una situazione reale, perciò devi stare attento al confine del tuo lavoro.

Una volta che hai documentato queste storie e sei tornato a casa con tutto il materiale, com’è proseguito il processo di realizzazione del fumetto, assieme al disegnatore, all’editor e al Programma d’alimentazione mondiale?

Il processo è stato molto lungo per diverse ragioni. Non avevo un vero e proprio editor, ho mandato la sceneggiatura al Programma d’alimentazione mondiale, ma non mi hanno dato indicazioni sulla storia, tutti erano soddisfatti da ciò che stavo facendo. Davvero, il processo di scrittura è stato rimanere chiuso in una stanza buia, fare i conti con l’incredibile quantità di storie raccontate da quelle persone e affrontare il peso della responsabilità di trasmetterle nel modo migliore in un piccolo albo a fumetti di 35 pagine. È stato difficile. Ha richiesto un sacco di tempo scrivere quelle 35 pagine, per me è stata una battaglia.

Hai documentato del materiale pesante: bambini soldato, rapimenti e altre situazioni simili. Com’è, dal punto di vista emotivo, rivivere quei momenti mentre scrivi?

Living Level-3: Iraq, anteprima 03La prima cosa che fai è chiederti se stai facendo la cosa giusta. Chi sono io per andare là, ascoltare le loro storie e farne dell’intrattenimento popolare? Ci sono riflessioni importanti sull’etica delle persone coinvolte in questo genere di progetti, cosa dovrebbero fare.

A volte mi sento un colonizzatore che lavora nel mondo dei fumetti, altre mi sento l’unico che prova a dare voce a popoli che non hanno la possibilità di comunicare con questo pubblico. Oscillo avanti e indietro tra queste due opinioni di me. Ma una volta che hai superato il senso di colpa, i dubbi e il dilemma etico del tuo lavoro, stai facendo i conti con le esperienze di questi bambini. Il che porta a un ulteriore senso di colpa. Queste persone non meritano ciò che stanno vivendo. Il loro destino non è nelle loro mani. Non vivi le storie che ti raccontano, le ascolti. Chi ascolta queste storie può avere dei disturbi post-traumatici, ma non è niente paragonato a ciò che vive quella gente.

C’è molta umanità in queste storie: non sei mai preoccupato di come verranno percepite? Considerando che il fumetto è conosciuto soprattutto per storie di supereroi in calzamaglia e opere d’intrattenimento…

Oh, no, penso che sia il medium perfetto. Penso che queste storie possano arrivare in modo troppo educativo o paternalistico, allontanando i potenziali lettori, ma di certo ho provato a scrivere in modo differente. Il fumetto non ha movimento o suoni, perciò quando lo affronti come lettore hai un maggiore controllo su esso. I fumetti sono perfetti per questo tipo di narrazione e spero di poterne fare altri di questo tipo.

Penso che una delle grandi tragedie del fumetto americano sia il fatto che è quasi completamente monopolizzato dai supereroi. Ma le cose stanno cambiando. Per assurdo, il cinema americano sta venendo monopolizzato dai film di supereroi e i fumetti ora sembrano meno interessati ai supereroi. Questo è esattamente il tipo di progetti a cui il fumetto dovrebbe partecipare, dovrebbe fare parte delle conversazioni globali tra esseri umani.

Cosa puoi dirci del seguito di questo volume, ambientato nel Sudan del Sud? È una zona che occupa un posto speciale nel tuo cuore.

L’intenzione è sempre stata quella di far sì che questo progetto fosse parte di qualcosa di più grande. Sono sempre stato interessato a raccontare la vita nelle zone distrutte, che sia a causa di conflitti geopolitici o per calamità naturali. Sono affascinato da come le persone continuano a vivere in queste situazioni precarie, perciò ho assolutamente il desiderio di continuare la serie LL3 fino a quando il Programma alimentare mondiale lo vorrà, e comunque quando sarà concluso continuerò a esplorare la figura dei civili in tempo di guerra.

È qualcosa che dovrebbe interessare tutti quelli che hanno la fortuna di vivere in una società stabile, e credo di dover raccontarlo a chiunque non sia così fortunato come mi sento io, avendo avuto l’occasione di sentirlo dalle parole di chi vive questa situazione.

 

 

Fonte: Comic Book Resources