Dopo una prima tranche sulla sua vita da responsabile del collegamento tra le varie anime della Marvel e una seconda parte legata al pubblico odierno e ai meccanismi con cui decreta il successo rispetto al passato, ecco la conclusione della videointervista di Comic Book Resources a Joe Quesada, in cui si affronta, tra l’altro, un argomento sempre in voga tra gli appassionati di comics: le differenze di filosofia tra la DC Comics e la Casa delle Idee.

In quest’ultima parte, l’artista ed ex Editor-In-Chief affronta anche argomenti direttamente connessi alle storie attualmente pubblicate negli Stati Uniti e non ancora giunte da noi. Pertanto, vi si trovano alcuni SPOILER. Siete avvisati. Tra essi, certamente il suo commento al destino di Bruce Banner e alla sua apparente morte nel corso di Civil War II.

 

04. Civil War II #3, di Brian M. Bendis e David Marquez, copertina di Marko Djurdjevic - MarvelCredo che la morte di Banner sia stata un’idea grandiosa per scuotere i lettori. Soprattutto perché c’è un piano preciso per quel che seguirà, per ciò che sta accadendo tutto attorno durante l’evento che viene raccontato. Questo è sempre stato il modo in cui lavoriamo ed è sempre stata la mia filosofia e sono felice che sia ancora praticata nella casa editrice.

Che cosa significa la possibilità di veder raccontate queste morti così significative? Come influenzano tutto il resto? Quel che amo dei nostri editor è la loro capacità di essere le nostre antenne, di esserlo per davvero. Sono fondamentali per capire che direzione prendere e cosa possiamo permetterci con i nostri personaggi.

Mi ricordo quando ero impegnato con la DC Comics, nei primi anni della mia carriera, al lavoro su storie di Batman con il film sul personaggio in uscita. C’erano un sacco di regole molto ferree che ci arrivavano dall’alto e parecchi divieti. Si doveva trattare il personaggio con i guanti di velluto, vietato ucciderlo, vietato tutto quel che poteva in qualche modo scuotere lo status quo.

Dall’altra parte, anche alla Marvel avevamo dei film in arrivo, con Iron Man, Capitan America, il progetto che avrebbe portato ad Avengers, e abbiamo deciso di raccontare una storia chiamata Civil War, in cui Tony Stark era percepito come un tiranno e Capitan America sarebbe morto. E, a ben guardare, quelle storie hanno aiutato il successo dei personaggi proprio dando scossoni alle loro vite e facendo preoccupare i lettori.

Iron Man non era un grandissimo nome, all’epoca, ma improvvisamente era diventato importantissimo proprio per i dubbi della gente sulla sua etica, sulla sua morale. Prima che ce accorgessimo, i nostri scrittori trovarono il personaggio così affascinante da volerlo come ospite su un po’ tutte le testate, proprio perché aveva acquisito drammaticità. Poi venne la morte di Cap, venne l’idea del Soldato d’Inverno che, grazie a Ed Brubaker, fecero lo stesso con Steve Rogers.

Soprattutto la scomparsa di Capitan America ha fatto bene alla Marvel. Quando Steve è tornato e Bucky è diventato di nuovo il Soldato d’Inverno è stato un grande successo. Ed ecco l’importanza dei nostri fan: sono davvero una cartina tornasole e spargono la voce su quel che facciamo anche tra coloro che non leggono fumetti, in modo che, per esempio, i nostri film abbiano una riconoscibilità importante anche presso il pubblico generalista.

 

Un meccanismo fondamentale per Quesada, che riconosce grande merito a tutti quegli amici di non lettori in grado, all’uscita per esempio di Captain America: The Winter Soldier, di raccontare per filo e per segno quanto bella e importante sia la storia del Soldato d’Inverno a fumetti e determinare, quindi, gran parte dell’entusiasmo di massa che precede i lungometraggi.

 

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Fonte: Comic Book Resources