Mercoledì scorso abbiamo incontrato Giacomo Bevilacqua (A Panda Piace, Metamorphosis), ospite della libreria Feltrinelli di Bologna per presentare il suo nuovo fumetto, Il suono del mondo a memoria, pubblicato da BAO Publishing.

 

 

In attesa della nostra intervista all’autore, che pubblicheremo domani, ecco il resoconto dell’incontro con il pubblico moderato da Michele Foschini.

 

Giacomo fa fumetti da dieci anni e circa due anni fa, nell’inverno del 2014, ci ha mandato una vignetta (la potete trovare a tavola 65), cinque righe di presentazione e una vaga idea di ciò che voleva realizzare: una love story emotiva con la città di New York, ma non era ancora una trama. Quanto era un “vediamo che reazione hanno” e quanto invece ti sentivi pronto a sviluppare il discorso se avessi avuto una reazione entusiastica? Insomma: quanto te la stavi improvvisando?

Il mio dramma è questo: quando finisco di lavorare vengo assalito dall’ansia, mando sempre un sacco di roba in giro a diversi editori. Il problema è quando mi dicono di sì, perché poi le robe le devo fare. È una cosa comune a molti che fanno lavori da freelance, mandano progetti in una forma preliminare pensando “poi lo svilupperò”. Il problema con Il suono del mondo a memoria è stato esattamente questo: era nato come libro da 90 pagine, arrivando poi a 192.

Quello che interessa a Giacomo è soprattutto l’aspetto tecnico del fumetto, non perché l’abbia realizzato freddamente, ma perché si tratta della prima opera così lunga che colora.

Sì, lo facevo in uno stato d’animo simile a quello dei bambini piccoli che la sera piangono perché non vogliono dormire; ho scoperto che è perché loro credono di svegliarsi la mattina e non ritrovare la stessa situazione di tranquillità del giorno precedente. Ecco, io la mattina mi svegliavo davanti a una nuova pagina da colorare e mi dicevo “oddio, non ce la farò mai!”, poi miracolosamente ci riuscivo e mi rendevo conto che non ero del tutto deficiente.

Il suono del mondo a memoria, anteprima 01

Il protagonista si impone una missione: stare a New York per 2 mesi senza parlare. È difficile immedesimarsi con lui, nessuno si sognerebbe mai di fare una cosa simile, ma Giacomo semina indizi emotivi in grado di creare nel lettore un’empatia istantanea per la sua situazione.

La ragione per cui sono così motivato a portare il fumetto nel mondo dei lettori di prosa è che il fumetto mostra chiaramente se l’autore era coinvolto nella storia, non puoi farlo di mestiere. Per le prime pagine l’autore ti tiene lontano dal centro emotivo poi lentamente il personaggio si schiude. E questo è segno di una grande maestria. Una cosa a metà tra il “di pancia” e “il di testa”, e a metà tra queste due cose c’è il cuore.

Quando uno fa un lavoro di questo tipo, con una lavorazione così lunga, ci sono altri lavori che si mettono in mezzo e Giacomo lavora parallelamente anche per altre storie di altri editori. Da quando hai iniziato a realizzare Il suono del mondo a memoria ci sono già altre cose o storie a cui hai pensato?

Be’, intanto, ridimensioniamo la tua immagine: le Bevilacqua Enterprises sono io in pigiama per la maggior parte del mio tempo.

Parallelamente a questo fumetto stavo lavorando a un’altra graphic novel, Lavender, ambientata su un’isola deserta. Sarà un horror pubblicato da Bonelli. Tutto questo perché non mi piace fossilizzarmi. In dieci anni ho fatto fumetti diversi l’uno dall’altro. Non credo di poter trovare un genere dove fermarmi, anche Panda nel tempo ha cambiato il suo stile. Se faccio una cosa non riesco a concentrarmi solo su quella per un anno, devo avere almeno 2 o 3 lavori assieme.

Ci racconti la tua New York, il modo in cui l’hai rappresentata?

È una città in cui questo mormorio di fondo c’è sempre, ovunque vai. Mi serviva un personaggio che portasse all’estremo il suo bisogno di solitudine, per assurdo, nella città più caotica del mondo. La città cambia, non sembra mai la stessa a diverse ore del giorno. Tutti la rappresentano come una città fredda, ma le luci mutano in base al quartiere in cui ti trovi, il sole si riflette con i palazzi di vetro. Ho lavorato basandomi su foto in bianco e nero che avevo scattato, perché volevo poi colorare sulla base della mia memoria, fare una colorazione emotiva. Lo sforzo che ho dovuto fare è stato chiudere gli occhi e ricordarmi che luce c’era in quel periodo dell’anno. E per me è difficile, dato che non ricordo nemmeno cosa ho mangiato stamattina.

Tu fai un regalo al lettore che non è comune. Ci sono autori che creano personaggi antipatici per il lettore, qui invece ci impieghiamo decine di pagine per capire cosa pensi di Sam, lasci la possibilità di decidere se è antipatico, simpatico o distaccato. Hai tolto al lettore il bisogno di volere bene a Sam, ma a un certo punto il lettore si rende conto che ha tutti gli elementi per comprendere lui e tutta la sua perplessità. Quando scrivi conosci già il finale? Quanto c’è nel tuo storyboard, nella sceneggiatura?

Il suono del mondo a memoria, copertina di Giacomo BevilacquaNasce tutto da una macrotrama, un’idea. Suddivido in blocchi di pagine e mi scrivo “da pag. 1 a pag. 20 succede questo”. Dopodiché vado sempre più nel dettaglio e scrivo pagina per pagina, poi vignetta per vignetta… e alla fine capita regolarmente che devo aggiungere pagine, o sottrarne.

Con Metamorphosis ho chiesto l’aiuto di Giovanni Masi per mettere assieme le idee che avevo, ma nel limite del possibile faccio le cose da solo. Quando ho iniziato a fare Metamorphosis avevo venduto all’[Editoriale]Aurea un soggetto diverso, più simile a C.S.I., poi sono andato a chiudermi in casa, nutrendomi esclusivamente di coccodrilli Haribo, quelli con la pancia bianca. Avevo comprato la confezione da 200, con all’interno addirittura la pinzetta per raccoglierle. Quando ho mandato le prime 20 pagine a Enzo Marino, erano qualcosa di completamente diverso rispetto all’idea iniziale. Lui ha detto: “Ma che cazzo è?”, e io: “Lascia fare, Enzo…”

Alla Bonelli mi lasciano molta fiducia. Mi hanno detto: “Fai come vuoi”. E io vado in ansia. Come? E la gabbia? E adesso io a chi disobbedisco?

Come disegni?

Ormai disegno solo ed esclusivamente in digitale, dal 2006, usando la carta mi sporco, insozzo i muri… In Metamorphosis ho fatto abbondante utilizzo dei retini e delle scale di grigi, ma sono serviti anche per sopperire alle mie mancanze come disegnatore. C’è anche da considerare la tempistica differente: per Metamorphosis ho realizzato 300 pagine in un anno, mentre per Il suono del mondo a memoria, 200 pagine in due anni.