Grazie alla disponibilità di BAO Publishing abbiamo avuto la possibilità di intervistare Terry Moore durante il suo tour promozionale in Italia, subito prima dell’incontro con il pubblico di cui ieri vi abbiamo proposto un resoconto. L’autore americano ci ha parlato del suo approccio ai personaggi, del suo desiderio di sperimentare nuovi media e di molto altro ancora.

 

Le tue opere hanno sempre delle ragazze come protagoniste. Questo avviene soprattutto per il piacere di disegnare corpi femminili, che i lettori apprezzano maggiormente, o c’è un altro motivo?

Sì, devo ammettere che sono molto più interessato a disegnare donne. Prima di iniziare a disegnare Strangers in Paradise mi sono reso conto di tutti gli ostacoli che devono affrontare, soprattutto se sei una ragazza attraente e vieni fissata, anche in situazioni in cui non ti fa piacere essere fissata. Sono circondate da predatori e vivono in un mondo pericoloso per loro. Ho cominciato a vedere questo aspetto ovunque intorno a me. Francine non si arrabbia molto per questa condizione, mentre Katchoo è decisamente più suscettibile a riguardo, volevo rappresentare due donne con atteggiamenti completamente differenti.

Terry MooreLe due protagoniste sono effettivamente due opposti: abbiamo la ragazza semplice della porta accanto e la ribelle dal carattere più difficile. Mi ricordano per certi versi coppie come Betty e Veronica, o Gwen e Mary Jane… Per caso sei partito da questi stereotipi per poi approfondirli?

Sì, quando inizi a leggere una mia storia pensi che tutti i personaggi appaiano come stereotipi, ma col tempo vado a scavare nel loro animo e scoprire come sono veramente. Quando lavoravo nel mondo della televisione e del cinema, le persone che sembravano più conservatrici in realtà erano le più originali, mentre quelle all’apparenza più brutali erano quelle di cui ti potevi fidare di più, le più sensibili. È l’esatto contrario della prima impressione. Per questo ho creato personaggi che sono immediatamente identificabili in determinate categorie: Freddie è un bastardo, Francine è una ragazza con cui si parla tranquillamente, David è un bravo ragazzo, Katchoo non crede a nulla di ciò che le dici… Questa è la mia sfida come autore, ora ho qualcosa con cui lavorare, farti venire la voglia di esplorare a fondo queste persone e scoprire cosa nascondano nel loro intimo.

In Strangers in Paradise hai inserito davvero molti elementi diversi dal fumetto: poesie, testi di canzoni, spartiti musicali, brani in prosa… Come hai scelto quale media utilizzare nelle specifiche situazioni?

Quando ho iniziato questa serie ci ho inserito tutto ciò che avevo, ogni idea, non ho tenuto nulla da parte per altri fumetti. La ragione per cui l’ho fatto è perché, quando ero un musicista, ho portato una demo con dieci canzoni a un produttore, lui l’ha ascoltato e mi ha detto: “Ogni canzone ha un’idea valida, perché non metti assieme tutte le tue buone idee per fare una canzone grandiosa?”. Non ho mai dimenticato il consiglio e l’ho sfruttato quando ho affrontato quest’opera. Tutte le mie idee, i miei personaggi, i miei dipinti…

Strangers in ParadiseDecidevo di utilizzare la prosa quando arrivavo a una scena composta da dieci minuti di dialogo. Erano conversazioni necessarie alla storia, ma non volevo disegnare quindici pagine di teste parlanti, così mi sono chiesto se non fosse meglio scrivere due pagine in prosa. Ci sono anche copioni teatrali o cinematografici, perché ho spinto la mia mente a pensare fuori dagli schemi. È affascinante perché ora possiamo osservare Strangers in Paradise da diversi punti di vista, raccontare la stessa storia a Broadway, al cinema, in tv, in un romanzo; potevo usare qualunque media e a un certo punto non sapevo nemmeno se considerare ancora Strangers in Paradise un fumetto.

È il mio tentativo di realizzare un prodotto multimediale, ho addirittura inserito una colonna sonora nelle scene più tranquille, e l’ho fatto prima della nascita degli ebook! Quando sono arrivati gli ebook, ciò che ha entusiasmato tutti è la possibilità di inserire un sacco di sottotrame verticali: arrivi a un certo punto della storia in cui pigi un pulsante e puoi soffermarti sui retroscena di un personaggio con una storia parallela. È un po’ quello che fa Alan Moore nelle sue graphic novel.

A proposito di Alan Moore, come vivi questa omonimia? Ormai sei anche tu un fumettista famoso e condividi il cognome con quest’altra importante figura del settore…

Lo so, è strano! La prima volta che qualcuno ha sentito il nome Moore è stato a Nottingham nel 1.500, quindi immagino che io e Alan siamo parenti alla lontana… ma lui non ha mai lasciato la nostra terra d’origine. Mi piace pensare che tutti i Moore siano imparentati tra loro, tutti gli Smith, tutti i Jones…

In Strangers in Paradise oltre a utilizzare media differenti sperimenti anche molti stili narrativi: penso alle tavole con Katchoo e Francine supereroine, le pagine disegnate come un fumetto per bambini, l’episodio che omaggia Xena… Quanto questi esercizi di stile sono stati realizzati per divertimento e quanto erano un banco di prova per capire cosa affrontare una volta terminato Strangers in Paradise?

Non volevo realizzare fumetti mainstream, le tavole supereroistiche erano solo uno svago e sapevo che le strisce a fumetti per i quotidiani stavano morendo… Ho anche usato certi elementi dei manga, così che i lettori con una cultura a riguardo potessero riconoscere alcuni elementi, ad esempio i personaggi diventano simili a un manga quando sono eccitati o hanno una sciocca discussione. Se hai notato, in Strangers in Paradise più le scene sono buffe o leggere e più il tratto è cartoonesco, mentre nei momenti più tristi diventa tutto molto realistico. Ho pensato di fare questo basandomi su come noi ricordiamo la nostra vita: se pensi a una giornata con gli amici ti vengono in mente molti sorrisi e movimento, mentre se ricordi una brutta esperienza sono immagini fisse e quasi cambia l’illuminazione.

L’unica cosa con cui davvero volevo preparare i miei lettori al futuro è la prosa. Volevo testare le mie abilità come scrittore e capire se le persone avrebbero accettato i miei testi o li avrebbero considerati terribili. Fortunatamente ho avuto la reazione sperata: quando ho finito la serie ho detto che avrei voluto scrivere un romanzo e ai miei fan andava bene.

Quindi prima o poi leggeremo un romanzo di Terry Moore?

Certo! Se vivrò abbastanza a lungo, mi piacerebbe molto.

Hai scritto anche Runaways, una serie che per me ha i migliori personaggi Marvel apparsi negli ultimi vent’anni. Credo che sarebbero perfetti per una serie televisiva e qualche anno fa si era parlato di un film… Hai idea del perché questi personaggi non siano sotto i riflettori?

RunawaysPenso che il motivo sia perché Brian Vaughan, il creatore della serie, al momento è impegnato su tanti altri progetti, mentre la Marvel si sta concentrando sui suoi personaggi principali.

Quando si è parlato anni fa di portare i Runaways al cinema, c’erano molti film con gruppi di ragazzi con poteri speciali e so che la Marvel aveva il timore di adattare un gruppo di supereroi teenager per il grande schermo, perché c’erano già tanti prodotti simili. Non so se ormai sia considerata un’opera datata, ma penso che sarebbe meglio una serie televisiva: la TV è più adatta ai personaggi, il cinema agli idioti che si buttano nelle scene d’azione. In Runaways hai un gruppo di 6-7 persone. Con una serie televisiva hai potenzialmente dieci anni per approfondire le loro personalità. In un film ogni personaggio avrebbe 2-3 minuti di spazio.

Quali sono state le tue fonti d’ispirazione nel mondo del fumetto?

Le mie più grandi influenze sono state l’illustratore americano Alex Raymond, Charles Schulz e Milo Manara. Metti assieme questi tre autori e il risultato sono io. Oh, e aggiungi anche qualche personaggio da cartoon come Bugs Bunny!

Ho iniziato disegnando personaggi da cartone animato, come Bugs Bunny e i Peanuts, con i quali impari a utilizzare linee molto semplici per trasmettere delle emozioni. Puoi prendere un sorriso minimalista realizzato con una sola linea e inserirlo sul volto di un personaggio realistico e più complesso da disegnare. Mi sono reso conto che capisco subito quando un disegnatore non ha un passato nell’animazione, perché le sue immagini sono ricche di dettagli e hanno anatomie perfette, ma sono ferme, non c’è dinamismo.

Quale sarebbe il tuo dream cast per Katchoo e Francine in un film?

È cambiato nel corso degli anni, perché quando ho iniziato Strangers in Paradise pensavo a Jennifer Connelly e Mira Sorvino. Ma ora? Penso che Zooey Deschanel sarebbe adatta per Francine, e ci sono molte attrici bionde che potrebbero essere Katchoo, ma non appartengono ai grandi nomi di Hollywood. Alcuni dei miei attori preferiti vengono dal Canada, hanno volti normali, non sembrano essere usciti dalla copertina di Vogue.

Qual è il fumetto più interessante che hai letto negli ultimi mesi?

Direi Il killer del Green River, pubblicato da Dark Horse [in Italia da BAO Publishing].