Joss Whedon torna a scrivere un fumetto Marvel in ocasione dei 75 anni di Capitan America, come vi abbiamo già raccontato. Dal sito della Casa delle Idee, il regista di The Avengers e The Avengers: Age of Ultron, regala qualche considerazione sul suo ritorno in veste di sceneggiatore di una storia di otto pagine, destinata ad apparire su Captain America: Sam Wilson #7, per le matite di John Cassaday, già suo collega su Astonishing X-Men.

 

Captain America Sam Wilson #7, anteprima 01Il mio ritorno è colpa di Cassaday. Lui mi ha proposto di fare questa cosa e otto pagine non sono esattamente un impegno per la vita. Io e Cass siamo parimenti affezionati al Cap della Seconda Guerra Mondiale. Io sono stato in vacanza per un bel po’ di tempo e mi sembrava un modo perfetto per tornare a scrivere qualcosa. Con Cassaday è come lavorare con uno dei miei attori preferiti: non devo mai spiegarmi molto, mi capisce al volo.

Ha una visione incredibilmente lucida delle inquadrature e un modo di raccontare per immagini che riesce ad essere allo stesso tempo entusiasmante e profondo nell’affrontare la complessità delle emozioni umane.

Qualcuno ha detto che John non disegna corpi, ma persone in costume, persone inserite in un certo ambiente. Riesce a trovare umanità in tutto e la trama del suo tratto è semplicemente affascinante.

 

Inoltre, Whedon non fatica ad associare Cassaday a Capitan America, visto l’importante passato del cartoonist sul personaggio, da lui disegnato durante due importanti cicli narrativi che hanno in qualche modo rilanciato e reinventato il personaggio lungo lo scorso decennio. Il Cap di Cassaday, secondo lo sceneggiatore e regista, ha sempre affondato visivamente le sue radici nella tradizione, in quanto ad aspetto. Vederlo ora confrontarsi direttamente con l’epoca seminale del personaggio è una grande soddisfazione.

 

Sam Wilson, Captain America #7, variant cover di John CassadayRiprendere in mano l’era della Seconda Guerra Mondiale è sempre un’occasione per dare un’occhiata agli elementi che definiscono un eroe e al modo in cui essi sono cambiati. Difficilmente daremmo questa definizione di un uomo che guida un plotone in una zona in cui ci sono civili, oggi. Eppure è quel che Cap era anche allora e raccontarne le storie ci ricorda di come essere un eroe sia molto più che semplicemente prendere a cazzotti il nemico o sparargli.

Il cammino del personaggio negli anni è stato complicato. In certi periodi, gli sceneggiatori sono stati in difficoltà con lui perché lo percepivano come vecchio, superato. Ma io credo che la sua esistenza debba sempre essere un commento nei confronti del presente, dei tempi che viviamo, sia che siano in accordo con la sua personalità, sia che lui non si senta a suo agio.

Soprattutto adesso, che siamo tanto lontani dall’epoca delle sue origini e ci siamo abituati a guardare al passato principalmente con nostalgia, è importante rivolgere lo sguardo indietro con lucidità per renderci conto di quel che abbiamo perduto.

 

Al debutto come scrittore di una storia di Capitan America, Whedon ha dichiarato di essersi approcciato al personaggio su carta in maniera non molto differente da quanto ha fatto con la versione cinematografica. Anche in Avengers, infatti, Steve Rogers era il portavoce del regista nel sottolineare come la gente d’America sia cambiata rispetto ai decenni scorsi, alla metà del Novecento.

 

Siamo passati da una società che celebrava una persona come Steve Rogers a una società che mette su un piedistallo un uomo come Tony Stark. Tony è ricco, presuntuoso e convinto di poter risolvere ogni problema e che la gente morirebbe nell’istante in cui smettesse di prestargli attenzione. Non fraintendetemi: il suo personaggio è meraviglioso e Downey Jr. spettacolare, ma Cap è portatore di una semplicità risoluta che credo sia venuta a mancare alla nostra società.

 

 

Fonte: Marvel