Il terzo episodio della seconda stagione di Daredevil è destinato probabilmente a essere ricordato come uno dei migliori, se non il migliore in assoluto, dell’intera serie TV, almeno in base a quanto visto sinora. Le ragioni dietro questo nostro giudizio sono molteplici e ve le esporremo di seguito.

Partiamo dal titolo della puntata, Il meglio di New York, in originale New York’s Finest: questa peculiare scelta di parole è tutt’altro che casuale e va a citare un titolo, o più generalmente un “modo di dire”, molto noto e probabilmente caro ai lettori DC Comics. World’s Finest è infatti una delle tante maniere nelle quali vengono identificati Batman e Superman, i personaggi più famosi della DC Comics, nonché il titolo di una testata antologica che li ha visti protagonisti. Il parallelismo tra il Cavaliere Oscuro e l’Uomo d’Acciaio con Daredevil e Punisher è chiaro e manifesto: se i primi due sono “i migliori del mondo”, senza dubbio i secondi sono “i migliori di New York”. Questo episodio infatti ruota attorno ai due protagonisti assoluti di questo show, che finalmente hanno modo di confrontarsi faccia a faccia in un’accesa e appassionante discussione. Ci arriveremo.

Analizziamo ora come si apre questa puntata, ricordandovi che al termine della precedente Matt Murdock è stato sconfitto e catturato da Frank Castle, anche a causa dei suoi poteri in tilt. Ora giace incatenato su un tetto e privo di coscienza. In questo stato, il protagonista ha una visione dal significato tanto enigmatico quanto rivelatorio: Matt vede una suora impegnata a lavare via il sangue dal suo corpo. Chiunque abbia letto Daredevil: Rinascita di Frank Miller e David Mazzucchelli sa bene che la madre di Matt, che ha abbandonato il figlio in tenera età, è poi divenuta una suora di nome Maggie. Che questa visione sia dunque un presagio di quello che verrà? Si noti anche la forte simbologia di stampo religioso che governa questa sequenza. La suora del sogno si china su un impotente Matt, e dal suo collo pende un crocifisso sulla testa del protagonista, come una sorta di Spada di Damocle, alimentando il suo cronico conflitto interiore e il senso di colpa che lo spingono, paradossalmente, a non arrendersi mai e a continuare imperterrito la sua personale, tormentata crociata. Si noti anche come il sangue di Matt, rosso come il colore del “Diavolo Custode” che rappresenta, vada a sporcare la tinozza di acqua limpida e pura: simbolicamente, questo dettaglio rappresenta come la rabbia e la violenza abbiano contaminato in maniera irreparabile l’anima di Matt Murdock.

Veniamo poi al cuore pulsante dell’intero episodio: il confronto tra i due suddetti vigilanti. Troviamo Daredevil in catene, e Frank Castle che lo osserva. Inizia un dialogo tra i due, nel quale emergono similitudini e differenze nel loro modus operandi. Entrambi desiderano fare giustizia e salvare gli innocenti; Daredevil ha però un codice morale più alto e rigido che gli impone di non uccidere nessuno dei suoi avversari e di consegnarli alla giustizia, nella quale ripone la sua fiducia, affinché questi possano pentirsi delle loro azioni e essere riabilitati nella società. Il Punitore, invece, non crede nelle seconde occasioni e sostiene fermamente che chi toglie una vita debba pagare con la propria, senza se e senza ma. Sostanzialmente, Castle non accetta l’idea che i criminali sconfitti da Daredevil possano rialzarsi e tornare a commettere azioni malvagie.

Nel corso di questa diatriba scopriamo alcune cose su Punisher: era cattolico ed è originario di New York, come Matt, oltre al suo nome, Frank. Scopriamo inoltre del suo passato militare nei Marine (come nei fumetti). Esplicativo in questo senso è il motto di questo corpo militare americano, “semper fi“, che il personaggio esclama nel corso di un teso confronto con un anziano, insospettito dai rumori sul tetto del suo palazzo.

Il confronto tra i due personaggi è molto profondo e va ad affrontare temi importantissimi, come la speranza e la perdita. Molto apprezzabili sono anche le parole dietro alla simbologia della maschera: il Punitore afferma di non essersi mai voluto nascondere, a differenza di Daredevil che può tornare alla sua vita normale semplicemente togliendosi il casco e fingendo che le azioni compiute in costume siano state fatte da un’altra persona, lavandosi in qualche modo la coscienza. Il tema del “doppio” è assai caro al fumetto supereroistico, che dimostra di poter toccare anche temi filosofici potenzialmente spinosi. Frank, paradossalmente, dimostra però di non essere in alcun modo interessato a scoprire chi vi sia dietro la maschera di Daredevil, al quale si rivolge appellandolo come “Rosso“. In sostanza, Castle sostiene come il suo interlocutore non sia altro che un “palliativo“, mentre lui rappresenta la “cura“.

Abbiamo notato un’altra citazione, parafrasata, di una storia DC Comics. Punisher a un certo punto esclama: “Ti basterà una giornata no per diventare come me“. Oltre ad alludere al suo passato, che presumibilmente scopriremo molto presto, questa frase è molto simile a una detta da Joker a Batman nella celebre graphic novel Batman: The Killing Joke di Alan Moore e Brian Bolland: “Basta una giornata storta per trasformare il migliore degli uomini in un folle“.

Daredevil e il Punitore secondo Garth Ennis e Steve DillonLa fine di questo confronto è drammatica: Frank lega una pistola alla mano dell’incatenato Matt con del nastro adesivo, poco prima di portare al suo cospetto Grotto, il quale confessa, sotto tortura, di essersi macchiato di due omicidi. Il criminale è destinato a essere punito in modo definitivo da Castle, ma Daredevil ha la possibilità di fare fuoco su Punisher e impedirlo. Questa scena è praticamente identica a quella mostrata in Punisher #3 di Garth Ennis, Steve Dillon e Jimmy Palmiotti. Leggere per credere.

In questo episodio, inoltre, fa ritorno il personaggio di Claire Temple, già apparso nelle prime stagioni di Daredevil e Jessica Jones. L’infermiera fa riferimento a Luke Cage parlando di qualcuno di “molto più forte” di Matt Murdock che ha incontrato in passato. Vi ricordiamo che Claire ha un suo corrispettivo sulle pagine dei fumetti Marvel, che è stato per diverso tempo legato sentimentalmente proprio a Cage.

La conclusione dell’episodio ci mostra una lunga e spettacolare sequenza che vede il protagonista affrontare da solo l’intera banda dei Dogs of Hell in un combattimento mozzafiato che si svolge per le scale di un palazzo. Il livello tecnico di questa sequenza è notevole, ben più alto e apprezzabile dello già straordinario piano sequenza visto nella seconda puntata della prima stagione, che mostrava un combattimento in un corridoio sotterraneo illuminato da luci al neon.

Negli ultimi secondi della puntata, Karen Page, che sta indagando in solitaria sul passato di Punisher, scopre la radiografia di un teschio umano, “forato” da un proiettile. Non sappiamo a chi appartenga, ma possiamo supporlo dato che il teschio è il simbolo del Punitore.

Una curiosità: nella puntata appare la scritta dell’azienda fittizia Standard Heating Oil, che non ha riferimenti nella continuity Marvel, ma è lo stesso nome della compagnia del personaggio interpretato da Oscar Isaac in 1981 – Indagine a New York, diretto da J.C. Chandor.

 

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