Jacen Burrows parla del suo lavoro su Providence, la nuova serie scritta da Alan Moore che riprende da dove Neonomicon ha lasciato: una trasposizione dei temi di H.P. Lovecraft e dell’horror nato dalla sua penna in una visione fumettistica e narrativa contemporanea. Della passione dell’autore per il padrino della letteratura del terrore, nonché del suo progetto culturale, vi abbiamo già riferito; ora tocca all’artista della serie dire la sua.

In coda a questo articolo, non perdetevi una gallery degli interni del primo numero (vi ricordiamo che Panini Comics ha da poco editato le prime storie di Providence in un volume della linea 100% HD).

 

Providence #1 CopertinaTutti i progetti di Alan Moore su cui ho lavorato rappresentavano una sfida unica. Per Il Cortile, abbiamo sviluppato il formato a due vignette verticali; su Neonomicon siamo passati alla griglia a quattro orizzontali che riprenderemo in Providence. Una composizione di questo genere può essere complicata, perché c’è un sacco di narrazione da condensare in ogni vignetta, e con poche libertà sulla posizione dei personaggi e del dialogo.

Più si lavora all’interno di questi confini, più si deve dar prova di abilità nel comporre la pagina in modo interessante, senza cadere nelle solite pose e inquadrature convenzionali.

La mia capacità di messa in scena in tre dimensioni è migliorata molto dai tempi di Neonomicon, perché lì non potevo prendere scorciatoie. Inoltre sentivo l’urgenza di acquisire uno stile più realistico e appropriato al materiale.

 

Una transizione che Burrows ha trovato complessa, ma decisamente fruttuosa e un’evoluzione che considera ancora del tutto in corso su Providence, che sarà una serie visceralmente spaventosa per i lettori anche grazie a una serie di scelte strategiche precise.

 

Abbiamo discusso molto, l’ultima volta che sono stato a Northampton da Alan. Potevamo assumere un classico approccio visivo gotico e restare a quelle atmosfere ultramondane, ma per questa storia ci siamo voluti concentrare su un realismo storico molto tangibile, con la speranza che, quando appariranno le cose orribili che vedrete, o quando un protagonista incapperà in uno degli angoli oscuri dell’immaginario lovecraftiano, il contrasto li renderà ancor più terrorizzanti.

Il protagonista, Robert Black, non vive in un mondo da incubo, ma nel nostro, che a volte si interseca con dimensioni che lo spaventeranno a morte. Ci sono decisamente alcune occasioni in cui ho dovuto creare e mostrare della roba davvero orripilante, ma credo che il contrasto con la chiara ambientazione dell’anno 1919 amplifichi notevolmente la tensione.

 

Un’ambientazione che vive anche di architettura. Mai come in Providence, Burrows ha dovuto dare agli edifici e alle città tutto questo spazio, anche grazie a una ricerca forsennata sull’aspetto delle abitazioni, sull’urbanistica, sulla moda che gli ha davvero richiesto molto, per sua stessa ammissione.

 

Providence vol. 1Sin dall’inizio, mi era chiaro che questo sarebbe stato un lavoro diverso per me, come disegnatore, quindi volevo metterci davvero tutto me stesso. Per fortuna, in questa caccia mi hanno aiutato i riferimenti precisi, sia di Alan Moore che di Ariana Osbourne, editor di Avatar Press. In fine dei conti, che i lettori se ne accorgano o meno, posso dire di essere orgoglioso del mio lavoro su Providence, in questo senso.

Il generale realismo delle scelte estetiche ha anche influenzato il lavoro dell’artista sulle espressioni facciali del protagonista e degli altri personaggi della storia, sulla base delle indicazioni notoriamente precisissime delle sceneggiature di Moore.

Alan non descrive soltanto le azioni e l’aspetto delle persone, ma mi dà anche abbastanza dettagli sul loro passato, sulla personalità e sulla loro presenza da permettermi di farmi un’immagine mentale di loro prima ancora di mettere la matita sulla pagina. Tuttavia, per Robert Black mi sono lasciato influenzare direttamente dalle illustrazioni di J.C. Leyendecker. Un grande illustratore dell’epoca d’oro che ha preparato la strada per tanti grandi professionisti. Ho studiato a lungo il suo lavoro sperando di catturarne lo stile opulento ed elegante.

 

Grande attenzione è stata prestata anche alle copertine. Burrows ha deciso che ogni serie di cover avrebbe fatto riferimento a un tema ricorrente: specifici luoghi, ritratti di personalità importanti, le donne di Lovecraft, il suo pantheon e così via. Il soggetto di ognuna sarebbe stato deciso da Moore, di volta in volta.

 

Le copertine/ritratto e quelle sulle donne sono state le più soddisfacenti, perché ho potuto mettere in mostra qualcosa di più della personalità di alcuni personaggi e mostrarli nel loro elemento in modi che non mi avrebbe permesso il disegno narrativo. Probabilmente la mia preferita è però quella che ritrae una strada colma di gatti, tratta dalle Dreamlands di Ulthar. Sono sempre felice di disegnare animali.

 

Infine un commento dell’artista alla cultura lovecraftiana in generale e alla sua importanza.

 

L’idea che uno sconosciuto scrittore pulp dei primi anni del ventesimo secolo abbia potuto avere un’influenza così grande sulla moderna cultura popolare è surreale. Anche al di là della manciata di film, giochi e libri ispirati alle sue visioni, la sua impronta è incommensurabile. In fin dei conti, credo che il suo tema principale sia sempre stato il fatto che, non importa quanto l’umanità sia concentrata su se stessa, resta sempre insignificante di fronte all’immensità dello spazio e del tempo. Il terrore di Lovecraft è lo stesso che deriva da questa consapevolezza.

 

 

 

 

Fonte: Bleeding Cool