Dalle colonne di Games Radar, Mark Millar svela la genesi del suo nuovo progetto Huck, disegnato da Rafael Albuquerque. Quello che segue è una lucida riflessione dell’autore scozzese che, dopo aver dato uno scossone al comicdom nei primi anni Duemila con progetti incendiari come The Authority e The Ultimates, sembra ora avvicinarsi più alla concezione del supereroe predicata da Grant Morrison (All Star Superman) e, almeno in parte, da Alan Moore (Tom Strong).

Tutto comincia dalla visione di Man of Steel, film diretto da Zack Snyder

 

Ho pensato molto ai supereroi ultimamente. La cosa non è certo una sorpresa, considerato che mi procurano di che vivere fin da quando avevo diciannove anni. Ma più nello specifico, ho pensato alla crescita esponenziale dei supereroi che si fanno più oscuri e meditabondi, logorando il confine tra i buoni e i cattivi fino al punto in cui quel confine non esiste più. Insomma, che si comportano da stronzi, e devo ammettere che mi sono divertito molto a essere una parte di tutto questo.

The Authority di Mark Millar e Frank Quitely

The Authority di Mark Millar e Frank Quitely

Quando convinsi la Marvel a lasciarmi reinventare gli Avengers con The Ultimates, misi Capitan America a capo delle missioni in Iraq per sostenere le controverse politiche estere di George W. Bush dell’epoca. Quando misi le mani su Superman, in Red Son, lo reimmaginai come un dittatore comunista che imponeva gli ideali di Marx ed Engels a un elettorato globale che non poteva fare nulla per fermarlo. Quando ho avuto l’opportunità di creare un supereroe divertente per uno dei miei figli, inventai Hit-Girl, una ragazzina di dieci anni che assomigliava a Polly Pocket, ma aveva l’arsenale di John Rambo e la coscienza sociale di Ann Coulter. In breve, ho le mani sporche di sangue proprio come chiunque altro, ma è qui che le cose si fanno interessanti.

Vedete, adoro l’ultra-violenza dei fumetti quanto qualsiasi altro abitante di Glasgow (vedi Kingsman: The Secret Service di quest’anno, in cui Colin Firth abbatte 100 fondamentalisti in una chiesa Battista Meridionale), ma allo stesso tempo credo ci sia bisogno di un po’ più di equilibrio. In mezzo a tutti questi oscuri, tormentati e seriosissimi film di supereroi che hanno procurato a Hollywood un sacco di soldi negli ultimi quindici anni, sento il bisogno di un po’ più di speranza e di un può MENO di carisma e di micidialità. Un pensiero che mi colpì in modo particolarmente energico quando vidi la versione di Superman interpretata da Henry Cavill in Man of Steel di Zak Snyder, un paio di anni fa.

Ora, per prima cosa lasciatemi dire che sono un accanito sostenitore di tutti coloro che hanno lavorato a questo film, dal regista allo sceneggiatore, fino allo stesso Cavill, che ritengo un Superman spettacolare ed estremamente amabile. Dirò anche che ero seduto in prima fila a guardare la tetra scena d’apertura degli X-Men ambientata ad Auschwitz, Wilelm Dafoe che veniva crocifisso a un muro in Spider-Man, l’introspettivo Hulk di Hang Lee e Batman che smetteva ufficialmente di sorridere PER SEMPRE circa nel 2004. Mi piace tutto. Dopo decenni di supereroi bislacchi e registi di dubbia qualità, caddi in ginocchio e lodai il livello di talento che finalmente era al servizio di questi personaggi che avevo amato per tutta la vita. Eravamo stati legittimati! Finalmente ci prendevano sul serio! Ma nell’estate del 2013, quando il giorno della Festa del Papà andai a vedere Superman che sconfiggeva il cattivo torcendogli il collo fino a spezzarlo e in pratica lo assassinava, mi sono chiesto davvero se fossimo giunti in fondo a quella strada in particolare.

Huck #1, Copertina di Rafael AlbuquerqueOra, ho colto la logica di quella scena, che ha perfettamente senso nel contesto del film, in quanto il cattivo aveva demolito metà Metropolis e ucciso centinaia di migliaia di persone. Eppure stiamo parlando di Superman. Era come vedere Gatto Silvestro mettere finalmente le zampe su Speedy Gonzales. O vedere Taddeo sparare in faccia a Bugs Bunny. Da bambino adoravo Superman non solo per la sua lucidità o il suo potenziale per una soluzione fatale, ma perché era in grado di fare praticamente di tutto, eppure sceglieva comunque di essere gentile. Era sempre stata questa la morale di un supereroe per me.

Wonder Woman era un’ambasciatrice di pace che giunse nel mondo degli uomini per porre fine alla nostra insaziabile sete di guerra. Batman era un bambino i cui genitori erano stati assassinati e che voleva assicurarsi che nessun altro bambino là fuori avrebbe mai trascorso un Natale senza una madre o senza un padre. Superman era un individuo che aveva perso il suo intero mondo e che quindi considerava tutte le forme di vita un tesoro. I supereroi hanno sempre avuto un elemento di violenza intrinseco nella loro natura, ma ciò che li separava da Han Solo, Indiana Jones e dal Capitano James T. Kirk (che per me erano semplicemente degli “eroi”), erano le loro soluzioni pacifiche a dei problemi insormontabili. E così, mentre me ne stavo seduto al cinema, mi chiedevo… dovrei cercare di creare qualcos’altro?

I supereroi dei fumetti si sono inoltrati in luoghi molto oscuri fin dai primi anni 70, quando il cinema mainstream divenne cupo e personaggi come Wolverine e il Punitore colsero lo zeitgeist culturale di un’America che aveva perduto la guerra. Riesco a capire la loro popolarità come lettore e come autore perché il tono delle loro storie, sempre più adulto, finalmente ci procurò il plauso che avevamo sempre cercato. Questi temi e situazioni adulte ci fecero conoscere a un’intera generazione di lettori che non avevano mai preso in considerazione di comprare un fumetto prima di allora e questa ritrovata serietà nel cinema dei supereroi, particolarmente negli ultimi quattordici anni, sembrava appropriata in un mondo martellato da attacchi terroristici e crisi finanziarie.

 

Continua…

 

Fonte: Games Radar