Ospite d’onore a Lucca Comics & Games 2015 per presentare il suo ultimo film Garm Wars: L’Ultimo Druido, il regista Mamoru Oshii è stato al centro di un’esclusiva master class ed è stato intervistato da Badtaste.it. Per concludere la giornata Oshii ha partecipato a un incontro col pubblico rispondendo alle domande dei fan.

 

Può parlarci della sua collaborazione con Satoshi Kon per Patlabor 2?

Mamoru Oshii – Abbiamo collaborato poco, sia per quel film che per il manga Seraphine, e purtroppo il nostro ultimo incontro è finito con un litigio. Il fumetto fu interrotto anche per quello. Sono ovviamente molto dispiaciuto della sua scomparsa, soprattutto perché così non abbiamo più potuto fare altri lavori insieme.

Quant’è importante la colonna sonora in film d’animazione come Ghost in the Shell o The Sky Crawlers?

Oshii – Conosco l’autore delle musiche dei miei film da più di 20 anni e quando ci incontriamo non parliamo molto del lavoro che stiamo facendo. Lui non inizia mai a lavorare senza aver visto il girato; guarda le immagini e sente una musica nella mente che poi realizza.
Di solito con lui dico: “Mettiamo della musica da questo punto a questo punto”, decidiamo gli strumenti da utilizzare, ma il resto fa tutto lui.

Non mi piace molto il tipo di armonia “alla occidentale” nelle colonne sonore. Nel caso di Ghost in the Shell volevamo utilizzare qualcosa basato sul folklore giapponese e siamo andati a comprare un tamburo tradizionale. Inoltre ci siamo resi conto che utilizzare la voce come strumento era una scelta interessante.

Mamoru OshiiCome mai per Ghost in the Shell ha usato una palette di colori molto fredda, mentre in Ghost in the Shell – Innocence colori molto caldi?

Oshii – È una domanda a cui mi è molto difficile rispondere. Per me la cosa più importante è il colore della pelle, non esiste un personaggio con il colore della pelle identico a un altro.

Tra i suoi film qual è il più personale, quello che lo rappresenta di più come persona?

Oshii – Non saprei, sicuramente nessuno dei miei film racconta di me stesso in modo diretto. A volte si crede che ci sia un legame indissolubile tra il regista e la sua opera, per cui se si conosce di persona il regista si può comprendere meglio l’opera, ma nel mio caso non è così. Il film è un lavoro di gruppo, ci collaborano molte persone, diverse personalità contribuiscono. È un lavoro di mediazione con gli altri membri che lavorano al film.

Com’è stato tornare a lavorare su Patlabor dopo 20 anni per Patlabor: The Next Generation? È stato in qualche modo influenzato dal successo del blockbuster hollywoodiano Pacific Rim?

Oshii – Il ritorno di Patlabor non è stata una mia scelta, ma qualcosa che mi è stato commissionato; però ho apprezzato tornare a lavorare sul franchise. Il robot che compare all’inizio del film è stato creato davvero e lo hanno portato in giro per il Giappone, è stato divertente.

Conosco Pacific Rim e ho incontrato Guillermo Del Toro, ma in quanto regista di film robotici non penso di poterlo apprezzare; un film di robot che mi è davvero piaciuto è stato Chappie di Neil Blomkamp, un regista che apprezzo molto. Non ricordo altri film sui robot che abbiano funzionato; credo che il più famoso a Hollywood sia Transformers, ma per quanto mi riguarda non ci siamo proprio.

Ha scelto il libro The Sky Crawlers per trarne un film perché le tematiche sono vicine a quelle che tratta di solito? Com’è stato l’incontro con l’autore?

In realtà il libro l’ho letto solo dopo che mi era stato proposto di realizzarne un film. Quando ho incontrato l’autore siamo riusciti a parlare solo del design di aeroplani; anch’io scrivo libri e in questi casi sia lo scrittore che il regista sanno come vanno le cose, ci saranno modifiche perché sono media differenti, perciò è meglio se non si parla della trasposizione. Per questo abbiamo parlato degli aeroplani ed è stato un momento molto piacevole.