Si è tenuto a Lucca Comics 2015 nella giornata di venerdì lo showcase di Tito Faraci e Corrado Mastantuono in occasione dell’uscita del volume Onibus dedicato a Mickey Mouse Mystery Magazine. È stata però l’occasione per parlare anche di PK, di Ridi Topolino, di Sio e molto altro ancora…
Ecco il nostro resoconto della lunga chiacchierata:

Tito Faraci: Prima di cominciare con le domande, vorrei parlare un attimo della copertina inedita realizzata da Corrado Mastantuono, nella quale Topolino ha un’espressione intrepida… Inizialmente non mi andava bene perché io soffro di vertigini, questo per spiegarvi quanto io mi identifichi con Topolino.

Per anni c’è stata la convinzione sbagliata che Topolino fosse il primo della classe, c’erano state troppe storie sbagliate che avevano costruito una concezione diversa dalla caratterizzazione originale.
E’ un eroe/non-eroe come Cary Grant, nelle storie di Gottfredson, Scarpa o Marconi è un uomo comune che capita in storie più grandi di lui, dalle quali riesce a uscire senza usare poteri speciali, ha a disposizione solo le sue forze per salvare sé stesso e magari nel frattempo anche una parte di mondo.

Mickey Mouse Mistery Magazine è nato in un periodo di grande sperimentazione, ricco di entusiasmo e fermento creativo, si era disposti a correre dei rischi; in quel periodo PK era appena decollato, era ovunque e aveva riscosso un successo gigantesco, tutti lo leggevano e lo amavano. PK aveva riportato il fumetto Disney in luoghi dove ormai era scomparso, ragazzi e adulti erano tornati a leggerlo.
Inoltre in quel periodo comparivano i primi forum. Ricordo distintamente la prima e-mail in assoluto che io abbia mai ricevuto, da parte di un lettore che si complimentava per Trauma.

In Disney c’era la volontà di fare qualcosa di simile con l’universo dei topi, un fumetto di genere (come PK aveva affrontato i supereroi) che potesse essere altrettanto esplosivo, quindi si pensò al noir. Ora il noir potrà sembrare una scelta scontata, ma vi assicuro che all’epoca non lo era; oggi lo vediamo spesso, ma all’epoca dovevano ancora iniziare serie televisive come CSI, Pulp Fiction era uscito da poco e il filone di Tarantino doveva ancora esplodere, i primi romanzi di Lucarelli non avevano avuto successo e molti dei celebri autori noir di oggi dovevano ancora esordire… Però era un genere che era nell’aria, c’era interesse per raccontare il mondo criminale e come funziona il nostro lato oscuro, lo guardiamo con paura ma anche con l’interesse di stare dalla parte sbagliata.però era un genere che c’era nell’aria, questo interesse per raccontare il mondo del criminale, come funziona il lato oscuro, lo guardiamo con paura ma anche con l’interesse di stare dalla parte sbagliata.

Vorrei potervi raccontare che ci ho lavorato da subito, ma in realtà mi hanno tirato sul carrozzone quando era già avviato; l’idea viene da Ezio Sisto, ci lavorava con Alessandro Sisti, ma c’erano anche Simone Stenti e Valentina De Poli. Era un progetto che si stava definendo, si cercava un buon soggetto per iniziare con la prima sceneggiatura. Nel frattempo però stava già prendendo forma la città, molti disegnatori stavano contribuendo, c’era un lavoro d’equipe che all’epoca non era molto frequente, ma così come esisteva un PK Team prese forma anche un MMMM Team.

Corrado Mastantuono: L’idea era quella di estrapolare Topolino dalla sua città di abitudine e immergerlo in un contesto più misterioso. Per quanto mi riguarda mi fu affidato (assieme ad alcuni miei colleghi) lo studio dei personaggi; inoltre bisognava studiare anche un’architettura completamente diversa, coerente con questa idea di monumentalità, da contrapporre al paesotto con le casette rassicuranti e gli alberelli che è Topolinia, mentre Anderville voleva essere l’equivalente disneyano di Gotham City.
Quindi c’era chi studiava ogni singolo elemento di quel mondo, partendo dall’architettura degli edifici per arrivare alla scrivania di Topolino, com’era fatto il telefono e i più piccoli oggetti di arredamento. Ogni autore ha fornito una sua interpretazione dei personaggi principali, poi si è fatta una scelta su quale versione di ognuno fosse la più riuscita.

È poi arrivato il momento delle domande del pubblico:

Showcase MMMMUna domanda a bruciapelo: rivedremo mai Mickey Mouse Mystery Magazine con nuove storie ambientate ad Anderville?

Faraci: Bè, “a bruciapelo”… in realtà è una domanda che ci aspettavamo tutti, era in lista, ora posso depennarla. (ride). Se qualcuno me lo chiedesse non farebbe in tempo a dire l’ultima M del titolo che starei già scrivendo su un foglio “Vignetta 1, Interno notte” (perché ovviamente la storia deve iniziare così).
Però è un fumetto figlio della sua epoca, mi chiedo se oggi avrebbe lo stesso impatto; io ormai vengo identificato con il genere noir ma lo sto scrivendo col contagocce, perché si vede un sacco in giro.

Valentina De Poli: Bè, se è uscito un Omnibus e siamo qui è anche per vedere l’accoglienza che avrà.

Faraci: Topolino si presentava benissimo in quel contesto anche perché gli abbiamo fatto di tutto, i personaggi per farli bene devi star male. Per far vedere quanto può essere forte un personaggio lo rendi debole, lo getti nella polvere; quindi abbiamo tolto a Topolino la sua rete di sostegni e amici, gli abbiamo fatto perdere il terreno da sotto i piedi. Se i personaggi li prendi a legnate, in realtà gli fai tanto bene.

Vedremo mai un crossover tra PK e MMMM?

Faraci: Ai tempi ne parlavamo spessissimo. Dicevamo che Anderville esisteva nello stesso universo della Paperopoli di PK. Chissà, forse se entrambe le testate fossero proseguite più a lungo si sarebbe visto. Ma ormai…

Quanto è stato difficile per voi realizzare un Topolino di genere noir, quando di solito è protagonista di storie più leggere?

Faraci: Per me è stato facilissimo, io non riuscivo a vedere un Topolino diverso a quello. Ho faticato su altre cose, sullo strutturare trame complesse, ma sulla caratterizzazione di Topolino, fatica nulla; leggevo le storie di Scarpa, quindi per me è un personaggio perfetto per il noir, l’uomo qualunque che si trova invischiato in una vicenda criminale.

Mickey Mouse Mystery Magazine ha subito una brusca virata narrativa a metà del suo percorso, passando da una continuity più stretta a storie più autoconclusive; inoltre la serie si è chiusa in modo brusco, senza poter installare un vero e proprio finale. Come mai?

Faraci: I numeri. Se oggi una serie vendesse come MMMM sarebbe qualcosa di straordinario.
Ma all’epoca c’erano aspettative diverse, si credeva che tutto dovesse essere una gigantesco successo e tutto ciò che non era tale non andava bene. MMMM era molto apprezzato da chi lo leggeva, ma non abbastanza letto. Chi si avvicinava lo amava molto, ma non è partito bene, non è decollato. E questo significa che la percezione non era positiva, ma sarebbe stato peggio se all’inizio fosse andato benissimo e poi fossero calate le vendite; invece così abbiamo capito da subito che il treno non era partito.
La sensazione era che la testata avrebbe potuto chiudere presto, per questo non si è portata avanti la community, per il timore di non poterne poi tirare le fila; continuare ad accavallare elementi e sottotrame rischiava di farci stare molto male quando queste sarebbero rimaste in sospeso.
Comunque anche nella seconda metà della serie ci sono storie bellissime; penso ad esempio a Black Mask, interamente ambientata sui vagoni di un treno, una vera e propria sfida ma devo riconoscere che ce la siamo cavata.

Mastantuono: Sì, si è cercato di capire chi leggeva Topolino e attirarlo su MMMM. Forse questa è stata un’ingenuità da parte nostra, perché oltre alla continuity interrotta è arrivata anche un’esposizione più semplificata; l’idea era “se non raggiungiamo i lettori di PK, forse possiamo tornare a rivolgerci ai lettori di Topolino“, ma fu un grosso errore.

C’è una leggenda metropolitana sulle tavole finali ambientate al cinema, che dice siano state aggiunte per rendere meno canonico quanto raccontato prima. È vero?

Faraci: Eh, sì, avevamo osato troppo nei primi numeri. Abbiamo rischiato tutti, perché all’epoca la direzione del fumetto non era in Italia ma in Francia, in mano a persone che avrebbero voluto Topolino ancora coi bottoni. Quella tavola finale era un compromesso, una sorta di dichiarazione che si trattava di un universo differente, c’è il mondo di Topolinia e quello “fittizio” dei film.
Io sono così incazzoso che quelle tavola l’hanno realizzata senza che io sapessi nulla. Sono andato in edicola per comprare il numero e mi sono reso conto che c’era una tavola in più; ho telefonato subito a Ezio Sisto, arrabbiatissimo, poi fortunatamente nel corso della telefonata mi sono calmato, ho capito cos’era successo.
Alla fine un autore deve usare la casa editrice, non viceversa. Non è che la casa editrice può chiede “Salta!” e noi “Quanto in alto?”, l’autore deve osare ed eventualmente l’editore lo frena, deve funzionare così.

Come lo posizionate il Topolino di Darkenblot, anche se non è il vostro?

Faraci: Io vedo queste cose in maniera estremamente positiva, puoi creare altre ipotesi narrative, ultimamente c’è anche la tendenza a raccontare il passato dei personaggi, disegnati in gioventù.
Sono tutti diversi punti di vista: Topolino può avere a casa Tip e Tap oppure non averli, senza che nessuno si chieda “ma dove sono finiti?”.

Tu hai anche creato personaggi originali entrati nell’universo Disney, come Rock Sassi o Bum Bum Ghigno, ce ne puoi parlare?

Faraci: Quando scrissi La lunga notte del Commissario Manetta decisi che serviva qualche altro personaggio importante. Ricordo di aver portato il soggetto a Sisto che ha riconosciuto quale fosse l’elemento più importante della storia, il personaggio di Rock Sassi.
Ora Sassi è diventato sempre più comico, ma questa settimana ho consegnato una storia in cui è tornato più duro, più efficiente; sono passati anni dalla sua creazione, ma sto ancora aggiustando il tiro.
Sarebbe bello un incontro tra lui e Bum Bum Ghigno, anche se topi e paperi non dovrebbero incontrarsi.

Ridi Ridi TopolinoEsce in questi giorni la storia d’esordio di Sio, un autore demenziale che fa tornare alla mente una rivista come Ridi Topolino. Potrebbe essere il momento giusto per veder nascere una testata simile?

Faraci: Adesso vi racconto la vera storia di Ridi Topolino.
A un certo punto mi hanno affidato l’editing di una cosa che si doveva chiamare Ridi Topolino, che avrebbe dovuto contenere storie brasiliane divertenti, dicendomi di inserire barzellette e curare la rivista, era un compito che avrei potuto svolgere con zero fatica. Però ho voluto sperimentare qualcosa di nuovo, e ai vertici mi hanno detto “Perché no? Se vuoi lavorare di più…”
È stato davvero qualcosa di folle, ricordo che abbiamo realizzato un numero natalizio uscito a giugno! In un numero Paperino invitava Paperina per una cenetta romantica a casa sua, e sul tavolo c’era un lumino di cimitero che aveva trovato a terra usato come candela; la storia è uscito in edicola e Paolo Cavaglione mi ha telefonato dicendomi che era stato chiamato dai vertici mondiali Disney, e se avessi osato fare un’altra volta una cosa simile mi avrebbe fatto scomparire dall’universo. (ride)
Pensate: è stato chiuso perché vendeva troppo. Era scomodo, stava uscendo troppo dai binari e c’era Topolino su cui si doveva concentrare l’attenzione dei lettori, quindi o lo cambiavamo completamente, o andava chiuso. Ma ci siamo divertiti un sacco a realizzarla.
Anche Sio lo leggeva e in molte interviste ha dichiarato di essere stato un grande fan; leggendo questa cosa ho pensato di chiedergli su Twitter se avrebbe voluto scrivere una storia di Topolino e lui mi ha risposto entusiasta. Lui è un autore disneyano fino al midollo. Anche Scottecs Megazine ha una struttura e un umorismo molto simile a Ridi Topolino.
Il fatto che lui si senta un erede di Ridi Topolino mi riempie di orgoglio.

C’è quindi qualche possibilità di rivedere una testata demenziale che vendeva TROPPO?

De Poli: Dovete sapere che quando sono diventata direttrice di Topolino, la prima cosa che ho fatto è chiedere la collezione completa di Ridi Topolino, perché non ce l’avevo.
Lo spazio per una testata simile ci sarebbe, bisogna calibrare le forze… però grazie per la domanda, ci penseremo.

Faraci: Già, a me risucchiava molte forze, all’epoca ho scritto meno storie.

Rivedremo mai invece la versione “pikappica” di Paperbat vista su un numero di Ridi Ridi Topolino?

Faraci: Quella è una cosa irripetibile, la sceneggiatura l’ho scritta in un’ora.

Rispetto a 20 anni fa il vostro target si sta differenziando? Forse prima ci si rivolgeva a bambini/ragazzi, mentre ora con prodotti come questo Omnibus ci si rivolge a un pubblico diverso, più adulto, composto da ex-bambini?

De Poli: Topolino è il fulcro di tutto ciò che facciamo, e anche nell’era Panini siamo riusciti a valorizzarlo. Però dovete pensare che noi lavoriamo sempre con nella mente il bambino di 9-11 a cui ci rivolgiamo, ma due terzi dei lettori di Topolino sono adulti. È importante continuare così per non snaturarsi, anche perché l’adulto va cercare su Topolino qualcosa che ha vissuto nel suo momento d’oro dell’infanzia; non puoi dargli altro, ma allo stesso tempo devi cercare più livelli di lettura per non separare i diversi pubblici, abbassare l’età del target non ha mai portato grandi risultati.
L’idea di diversificare il nostro pubblico c’è sempre però; grazie a Panini possiamo pensare a prodotti più curati, per collezionisti, cercando di far tornare un lettore che avevamo già conosciuto. Topolino -non- è un prodotto per bambini, io lo definisco un prodotto per tutti, per famiglie. Il bello è che entra una copia in casa e magari lo leggono in sei.

Faraci: Scrivere qualcosa per bambini è un gigantesco errore, esistono ottimi prodotti che sono ANCHE per bambini. Tu devi fare una storia che possa piacere a tutti e anche ai bambini; allargare il proprio campo e fare di più, non fare di meno. Non esistono storie per bambini e basta, la mia mente non può nemmeno concepire una cosa simile. Stringere il campo è un errore grandissimo, ci ho visto cadere anche autori affermati; sarebbe come parlare a tutti col birignao dei neonati, e nemmeno il bambino vuole essere trattato così.