Durante Lucca Comics & Games 2015, abbiamo avuto la possibilità di intervistare il fumettista spagnolo Alberto Madrigal, autore di Un lavoro vero e Va tutto bene (QUI la recensione), opere edite da BAO Publishing. L’artista ci ha parlato di come il suo lavoro sia cambiato dopo il successo del suo primo libro e non solo.

 

Va tutto beneA distanza di circa due anni dall’uscita di Un lavoro vero, libro che ha avuto grande successo, come è cambiata la tua vita come artista?

Sicuramente nella mia vita oggi è tutto più chiaro. Prima di Un lavoro vero infatti non sapevo veramente di voler e poter fare del fumetto la mia vita. Certo, ci provavo da tanti anni, però non sapevo realmente di essere in grado, per esempio, anche solo di realizzare un libro dall’inizio alla fine. Con il mio primo lavoro, che ha avuto una lunghissima gestazione, alcune domande hanno trovato risposta. Finito il libro, mi sono reso conto di aver gettato delle fondamenta destinate a sopravvivere nel tempo: ora ho una base sulla quale costruire.

Ogni libro è diverso dall’altro, ma adesso ho quel tipo di confidenza che mi fa credere in me stesso: sembra una cosa di poco conto, ma in realtà è tantissimo. Grazie a questa consapevolezza, il 90% dei pensieri negativi, delle paure e dell’ansia, svaniscono. Per me questo è stato un passo importantissimo. Adesso, per esempio, non mi faccio più troppe domande sullo stile di scrittura o di disegno. Per anni, ho cercato quasi disperatamente di trovare ciò che paradossalmente ho trovato quando ho smesso di cercare. Ora mi rendo conto che nei miei primi anni di carriera avevo davvero tanti quesiti nella mia mente che condizionavano negativamente il mio lavoro, a volte bloccandomi sul serio. Queste domande, però, spariscono da sole: devi solo lavorare, credere in te stesso e non guardare indietro. Anche se quello che stai facendo non ti piace.

Va tutto beneVeniamo ora a Va tutto bene. Cosa ti ha ispirato in questa storia, che mi confessasti di avere in mente già da diverso tempo? Nella lavorazione del libro hai sperimentato metodologie di lavoro differenti?

Questa è una domanda bella tosta. Diciamo che ho un metodo, nella mia testa, o meglio, so qual è il mio modo “naturale” di lavorare. Come conosco bene ciò che non fa veramente per me. Nel corso della mia carriera, mi sforzo ogni giorno di superare i miei limiti, provando sempre cose nuove, sia nella scrittura, che nel disegno.

Con Va tutto bene ho deciso di non disegnare tutto il layout prima di mettermi a disegnare le tavole, perché in caso contrario mi sarei annoiato. Con questo libro ho dunque scritto la storia, facendo una sorta di storyboard senza disegni. Mi spiego: immaginavo le scene nella mia mente, con un preciso ritmo e poi, su un taccuino bianco, diviso per vignette (le stesse con le quali sarebbe stato suddiviso il lavoro finito) scrivevo in ogni riquadro quello che sarebbe avvenuto. Per esempio, nella prima vignetta, scrivevo: “Alberto e Raffaele sono a un tavolo a chiacchierare”. Nella seconda “Raffaele solleva il bicchiere e beve”, e così via. Dopo questo primo step, mi mettevo a disegnare la pagina, in maniera sequenziale, senza aver necessariamente già scritto tutta la storia. Con questo metodo perdi tante cose: non hai una “totalità grafica” della storia. Ma quello che guadagni, per me, è più importante: procedendo nel dar vita alla tua storia passo dopo passo, hai più tempo per pensare, per sentire quello che hai nella testa.

Non volevo dover riempire un contenitore rappresentato da un inizio e una fine. Volevo costruire il mio palazzo piano dopo piano, dando a ogni “piano” uguale e giusta importanza, facendo molta attenzione nel dare alla storia il giusto e costante ritmo. Inoltre, la prima metà del libro è stata disegnata a china manualmente, e poi colorata in digitale. Nella seconda parte, invece, ho fatto tutto in digitale, complice l’acquisto di una nuova tavoletta per disegnare.

Un Lavoro Vero coverNella tua nuova opera la protagonista è una ragazza. A cosa è dovuta questa scelta? Quanto è stato difficile per te scrivere di un personaggio femminile?

Ovviamente, è qualcosa di davvero difficile, perché ragiono naturalmente da uomo. La cosa che mi aiuta è che non si tratta di un romanzo, nel quale devo raccontare ogni pensiero dei protagonisti. Nel fumetto comunichi solo una parte dei pensieri e dei sentimenti, altri magari li mostri con le immagini e altri ancora lasci che sia proprio il lettore a immaginarli. Ho scelto una donna perché volevo staccare dal tono autobiografico. In Un lavoro vero c’era tanto di me, forse troppo. Da artista, mi viene naturale raccontare quello che succede nella mia vita o in quella di coloro che mi sono vicini ma, di contro, questo comporta una certa esposizione di qualcosa di privato. Quindi ho deciso di guardare a una nuova prospettiva, creando un personaggio “ex novo”. Certo, anche i protagonisti di Va tutto bene hanno alcuni elementi di me e dei miei amici, oltre al fatto che la storia è sempre ambientata nella città in cui vivo, Berlino.

In conclusione, quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Solo due settimane fa ho finito di lavorare a un fumetto francese edito da Futuropolis. Ho curato la parte grafica di un libro di 86 pagine sceneggiato da Mathilde Ramadier. È stato il lavoro che ha occupato tutto quest’anno, un progetto che avevamo pianificato da diverso tempo. Finalmente, quindi, ho avuto il tempo di andare in viaggio di nozze! Adesso, mi voglio fermare un attimo, respirare e iniziare a pensare a cosa vorrei raccontare nel prossimo futuro. Vorrei fare un viaggio, da solo, scoprire realtà diverse, perché mi piacerebbe ambientare la prossima storia in una nuova città. Mi piace moltissimo Milano: ogni volta che ci sono stato mi sono sentito ispirato.