Abbiamo incontrato Riyoko Ikeda a Bologna in occasione di NipPop 2015, festival dedicato alla cultura giapponese giunto quest’anno alla quarta edizione. L’autrice di Lady Oscar e Caro Fratello ha parlato della sua carriera, di come si relaziona coi suoi personaggi e alcuni retroscena sulle sue opere più famose…

 

Grazie per la disponibilità e benvenuta su BadComics.it, signora Ikeda.
Oltre alla sua opera più famosa, Lady Oscar, molti altri suoi fumetti sono basati su figure storiche realmente esistite. Cosa la attira in questo genere di storie?

Nelle opere di carattere storico una buona parte della costruzione del fumetto dev’essere dedicata al processo di ricerca, dai 2 fino ai 7 anni. Questa fase mi affascina e forse è proprio grazie a essa che un determinato racconto poi rimane nel cuore di chi lo legge.

Lei ha fatto parte assieme ad altre mangaka del gruppo 24 Nengumi, che ha rivoluzionato il panorama del fumetto giapponese, soprattutto per quanto riguarda i fumetti per ragazze e l’importanza delle autrici nel mondo dei manga.
Ci può parlare di com’è entrata a far parte di questo gruppo e quali obiettivi vi eravate prefissate?

In quegli anni i manga non venivano considerati cultura, erano in una posizione veramente bassa, fortemente criticati e sconsigliati ai bambini. Chi li comprava solitamente li leggeva per poi buttarli. Invece il nostro sentimento comune era quello di far arrivare i manga alla stesso livello della letteratura, così da farli diventare un tipo di cultura che rimane.

Maria AntoniettaNel suo percorso artistico, c’è stato un momento in cui le è accaduto qualcosa di personale che le ha fatto pensare “Voglio raccontare questo!”, oppure un punto di svolta per quello che voleva narrare nelle sue storie?

Credo che l’evento più importante fu la scoperta della figura di Maria Antonietta; a causa del grande lusso e sfarzo di cui si circondava, fu lei a indurre la Francia alla Rivoluzione Francese e per questo sui testi di storia è rappresentata come un personaggio negativo. Ho avuto la fortuna di imbattermi nella biografia di Maria Antonietta di Stefan Zwaig, grazie alla quale scoprii che in realtà era differente; così pensai che era arrivato il momento di riproporre la storia di questa donna nel modo più delicato possibile. Inizialmente infatti la mia velleità non era quella di realizzare un racconto storico, ma semplicemente rappresentare la vita di Maria Antonietta.

Sappiamo però che il suo editore non era entusiasta all’idea di una biografia di Maria Antonietta, ma il successo di Lady Oscar ha dimostrato che lei aveva ragione. Ha dovuto superare molti ostacoli per imporre la sua idea?

Come ho detto poco fa, i manga avevano una reputazione spiacevole; tra questi quelli che detenevano la posizione più bassa in assoluto erano gli shojo manga, e circolava una “maledizione” per cui si riteneva che se questi trattavano argomenti storici non avrebbero mai avuto successo. I redattori, quasi tutti uomini, trattavano con grande leggerezza questo tipo di argomento, ritenendoli sciocchi perché dicevano che i lettori erano quasi tutti bambini o donne, quindi non avrebbero capito. Inoltre si chiedevano cosa avrebbe offerto di nuovo un fumetto che parlava di eventi storici? Io invece ho spiegato loro l’importanza della storia e ho garantito che sarei riuscito a farne un’opera di successo.

In Lady Oscar ha anche inserito la prima scena di sesso presente in un manga, suscitando molto scalpore. Come ha reagito alle reazioni del pubblico?

In redazione sono arrivate delle chiamate da parte dei genitori che dicevano “È una cosa improponibile, è una vergogna!”. A una telefonata rispose un redattore in modo splendido, chiedendo a una madre “Ma lei ha letto tutta la storia dall’inizio? Perché io la invito a farlo e nel caso in cui si dovesse imbattere in questa scena dovesse pensare ancora che è una scena vergognosa, la invito a ricontattarci telefonicamente.” Da quel momento non ci furono più telefonate.

Lady OscarIn che punto della lavorazione di Lady Oscar ha deciso quale sarebbe stato il tragico destino della protagonista?

In realtà ho pensato abbastanza presto come avrei potuto far terminare il fumetto e una delle possibilità era appunto quella di far sì che Oscar morisse il 14 luglio 1989, però a metà dell’opera ero indecisa, anche per quello ho inserito la tubercolosi polmonare… Però sì, sapevo che in un modo o nell’altro Oscar sarebbe morta.

Di Lady Oscar sono stati fatti diversi adattamenti teatrali, cosa ne pensa?

Quello che sto per dire si applica anche all’animazione: si tratta di quelli che potremmo definire “spin-off”, opere secondarie che hanno meno importanza di quella originale. Quelle che sono le volontà dei registi teatrali o televisivi comunque le stimo, ma detto ciò in Giappone si tende a scordare molto spesso il fatto che sono da ritenersi prodotti distinti dal mio fumetto.

Si dice che nelle sue opere un autore metta sempre una parte di sé. C’è un personaggio in cui si riconosce o che ha più caratteristiche in comune con la sua autrice?

Non esiste un personaggio che abbia tutto di me, ma il modo di pensare di Oscar ha molto in comune con la mia visione delle cose.

Alla carriera di fumettista ha affiancato un percorso da soprano; quali studi ha fatto?

Fin da bambina ho studiato pianoforte e avevo il sogno di poter lavorare nel mondo della lirica, ancor più di quanto desiderassi diventare una mangaka. Inizialmente mi sono sentita frustrata perché credevo di non avere il talento necessario per realizzarlo, però una volta passati i 40 anni ho pensato fosse giusto provare a cimentarmi nuovamente con la musica ed è per questo che mi sono iscritta al conservatorio.

Lavorando come mangaka mi sono resa conto che ci sono dei punti in comune con l’opera, riguardanti l’estetica, gli sviluppi della storia e la gestione dello spazio in scena. Quindi tuttora più dell’opportunità canora mi interessa la performance sul palco, e ho capito di avere talento nelle rappresentazioni.