Un incontro tra autori che condividono l’amore per il crimine. No, non quello commesso. Nemmeno in senso artistico, dato che si tratta di sceneggiatori amatissimi e che tutti noi abbiamo apprezzato nel corso delle loro carriere. Ed Brubaker, David Lapham, James Robinson e Darwyn Cooke non sono solo autori noir, ma certamente hanno un particolare feeling per il genere. Ad accomunarli anche il fatto di essere tutti attualmente in forze alla scuderia Image. Della loro passione per gli intrighi e il giallo hanno parlato durante WonderCon, in un incontro con i lettori.

RevengeanceCooke – Le storie noir sono sempre state le mie preferite. Il mio primo lavoro per la DC, quando avevo vent’anni, fu una crime story. Ho scritto i fumetti di Parker, che erano pura narrativa hard boiled. Quando fu il momento di scrivere una serie indipendente, volevo scrivere un noir, ma volevo anche che fosse molto diverso da ogni altro. E così è nato il mio Revengeance!: la storia di un uomo libertino e non violento che subisce un’esperienza tanto orribile da fargli giurare che darà la caccia ai colpevoli e li ucciderà, chiunque siano.

Assolda un detective privato non per trovare le sue prede, ma perché gli insegni a trovare i criminali. Si tratta di una dark comedy, più oscura di quanto non sia comica. Ci sono un sacco di situazioni che spero troverete interessanti e divertenti. Ventotto pagine per ogni numero, che significa ottantaquattro pagine di storia.

Robinson e Brubaker hanno quindi espresso grande apprezzamento per Stray Bullets. La serie capolavoro di David Lapham viene applaudita dai colleghi come una delle più entusiasmanti del genere. Brubaker ha quindi commentato dicendo che quando Lapham smise di scriverla, lasciò un vuoto di quasi dieci anni in cui nessuno o quasi scrisse delle vere e proprie storie noir nei comics americani.

Brubaker – La prima cosa che riuscii a piazzare alla DC è La Scena del Crimine, una storia di omicidi pesantemente influenzata da Ross MacDonald. Mandavo fotografie di San Francisco a Michael Lark per realizzare un vero fumetto noir.

Lapham – Devo dire che io volevo soltanto raccontare la mia storia e mi è uscita la prima di Stray Bullets. Da lì è partito tutto, ma non me l’aspettavo, non era progettato. Se l’avessi pensato come un’antologia, probabilmente non avrebbe venduto molto. Ogni numero ha la sua storia e io ho solo trovato il modo di connetterle l’una all’altra. Ho creato questo universo in cui alcuni archi narrativi sono più strettamente interconnessi di altri. Anche adesso lavoro con questo metodo: ho un’idea di dove voglio arrivare, ma non tutti i numeri in mente. A volte scopri che quel che credevi buono all’inizio non porta da nessuna parte.

Stray Bullets: Killers, ad esempio, divenne una storia molto personale in cui inserii un sacco di esperienze mie, di quando conobbi e iniziai a frequentare quella che sarebbe divenuta mia moglie: ragazzi che fanno sesso per la prima volta. Ero al quarto numero e mi domandavo che cavolo di storia sarebbe diventata quella che stavo raccontando. Poi tutto ha finito per funzionare. Quando fai dei piani, spesso li raggiungi e devi cambiarli perché ti hanno già stancato.

Stray BulletsSu domanda del moderatore, gli autori hanno quindi confessato le loro influenze più forti.

Cooke – Donald Westlake, Richard Stark, Chales Willeford.

Brubaker – Jim Thompson, David Goodis. Non credo di aver mai scritto niente di meglio di Blast of Silence, un film di settantadue minuti.

James Robinson – Adoro Earl Derr Biggers, che ha scritto Charlie Chan. Mi piace Encyclopedia Brown, i libri su Nancy Drew.

Brubaker ha spiegato che le crime story sono un’ottima scusa per parlare di altri temi. Raccontando un’indagine o una storia di delitti si possono coinvolgere gli argomenti più svariati e farlo in questo modo è molto più semplice che prendendoli di petto. Cooke ha quindi parlato del proprio adattamento a fumetti del personaggio di Parker, protagonista dei romanzi di Donald Westlake.

Cooke – Parker è un criminale metodico. Westlake era ossessionato dalle procedure, dal metodo. Quando discutevamo via mail del mio lavoro, lui era molto disilluso sulle mie possibilità di afferrare questo aspetto. Un giorno mi scrisse di pensare a lui come a un idraulico che si presenta con la sua scatola degli attrezzi per aggiustare un bagno. Se però gli dai fastidio, ti uccide, perché lui è qui per aggiustare il bagno.

Scrivere un adattamento è molto più semplice, parti da materiale già esistente. Ho già tutto lì. Mi sarebbe piaciuto adattare “I the Jury” di Michael Spillane, ma è un libro così complicato che trasporlo sarebbe come compiere un omicidio. Dipende sempre dal materiale di partenza.

I fan hanno dunque chiesto agli autori quali film di genere abbiano apprezzato negli ultimi anni.

Robinson – Mi è piaciuto Drive.

Cooke – Grifters! La sceneggiatura è di Westlake.

Brubaker – The Last Seduction è un bel calcio nei denti. Ho adorato Memento.

Sempre dal pubblico è giunta una domanda sull’eventuale ispirazione tratta da veri e propri crimini di cui si sia letto, magari, sui giornali.

Lapham – Per quanto mi riguarda, non frequento molto il genere procedurale. Se scrivessi la storia di un assassino che deve semplicemente uccidere qualcuno e dovessi solo raccontare come, non saprei che farmene. Non è il mio genere di crime story. Quindi no, non mi sono mai direttamente ispirato alla cronaca.

Robinson – Ho tratto ispirazione dalla storia di Fish, un serial killer del 1920 che fu catturato da un tizio che aveva promesso di prenderlo ai genitori di una delle sue vittime. Questo genere di dedizione sono qualcosa che metto spesso nelle mie storie. Ora come ora sto scrivendo, in effetti, una sceneggiatura basata su eventi reali, ma non posso rivelare nulla.

 

 

Fonte: Comic Book Resources