Se avessimo potuto scegliere un solo panel tra quelli tenutisi settimana scorsa alla WonderCon di Anaheim, probabilmente avremmo scelto la discussione su Jack Kirby che vedeva ospiti l’amico e collega Mark Evanier, le leggende del fumetto Len Wein e Neal Adams, il premio Eisner Darwyn Cooke e lo sceneggiatore Fred Van Lente. Ecco il succo di quel che queste notevoli personalità del fumetto americano hanno detto sul Re in persona, sul disegnatore più influente in assoluto della storia dei comics.

 

Jack Kirby Marvel

Evanier – Ogni giorno della mia vita penso a Jack, ne parlo o rispondo a domande su di lui. La sua mente era sempre in movimento, correva da un argomento all’altro ed era capace di associazioni di idee assolutamente uniche. Molti dei soggetti delle sue storie erano frutto proprio di quest’abitudine instancabile di accostare concetti e creare tra essi relazioni che non sarebbero venute in mente a nessun altro.

Van Lente – Per vivere, scrivo principalmente fumetti. Prima di entrare in questo mondo, mi sono interessato alla vita di Jack e ho fatto ricerche biografiche su di lui per hobby. All’epoca uscivo con una bella ragazza con cui poi mi sarei sposato. Lei era una sceneggiatrice e io ho imitato, come le scimmiette. Ho adattato la mia ricerca per una sceneggiatura, che dopo una lettura è rimasta su uno scaffale a prendere polvere. Tuttavia siamo riusciti a metterlo in scena per un festival a Brooklyn, con un pubblico per metà composto di lettori di comics e metà semplici spettatori. La storia di Jack è un incredibile pezzo di vita americana, una storia di sforzi per affermarsi, di talento premiato, di impegno e dedizione.

Evanier – Aveva un’etica del lavoro incredibile e apprezzava quando gli altri autori e artisti gli sottoponevano i propri punti di vista o l’idea per un eroe o un criminale di sua creazione. Negli anni non l’ho mai visto essere competitivo, non lo infastidiva che qualcuno preferisse il lavoro altrui al suo. Credo che nessuno l’abbia mai capito, ma sono convinto che la cosa dipenda dal fatto che, in qualche modo, sapeva di fare un altro mestiere rispetto a ogni altro disegnatore.

Non voglio offendere nessuno, ma quando John Buscema si metteva al tavolo da disegno per realizzare un nuovo numero dei Fantastici Quattro, il suo obbiettivo era disegnare un numero dei Fantastici Quattro, mentre quello di Jack era creare un nuovo mondo, un universo fantastico, esplorarne la meraviglia.

Jack Kirby

Adams – L’influenza di Jack è immensa. Io mi immagino il povero Stan Lee ricevere le sue pagine e Jack che pensa: “Asgard? Devo conoscere tutti gli dei di Asgard!”. Andare in biblioteca e fare ricerche per controllare e approfondire era la seconda natura di Kirby. Stan doveva adeguarsi e farlo pure lui, perché Jack stava sopra a tutti quanti. Non avevi speranze di raggiungerlo, perché nessuno sapeva dove stava andando, a cosa stava pensando.

Poi leggevi un suo fumetto e ci trovavi un’intera splash page piena di roba tecnologica, di componenti meccaniche intrecciate fra loro. Il povero Stan era sconfitto dalla creatività visiva di Jack, non aveva speranze di imbrigliarla e contenerla, perché Jack era semplicemente troppo grande, troppo unico. Dove diavolo aveva trovato il tempo per immaginare, studiare, realizzare tutta quella roba? Jack era un genio. Di fatto, aha creato il nostro settore da solo. Noi non abbiamo fatto altro che seguire il sentiero.

 

Adams ha continuato spiegando che la DC Comics trattò male Jack Kirby quasi quanto la Marvel, attirandolo con promesse di un miglior trattamento, che Carmine Infantino eliminò cercando di cambiare il suo stile perché si modellasse su quello di Curt Swan. Ma capire un genio non era possibile per quel che Adams definisce un “funzionale illetterato”. Se non altro, dice Adams, Stan Lee ha sempre apprezzato il suo lavoro, mentre Infantino non lo faceva. Non era Stan Lee il problema di Kirby alla Marvel, ma l’establishment dell’epoca, che lo pagava meno di quanto meritasse.

 

Evanier – Jack aveva ben pochi alleati in DC. E la tendenza era quella di vedere ed ingigantire tutte le piccole cose che non andavano bene piuttosto che le migliaia di meraviglie del suo disegno. Anche altri artisti e autori brillanti, come ad esempio Nelson Bridwell, subirono lo stesso trattamento. Nelson era uno dei grandi difensori di Kirby, era avanti di decenni nel mondo dei fumetti.

La cosa peggiore era che, ovviamente, per quanto Jack fosse criticatissimo e maltrattato, poi moltissimi artisti venivano invitati e incoraggiati ad imitarlo. E ognuno di loro finiva per fallire, per risultare poco più di una pallida copia, con pessimi risultati anche tra il pubblico. Sembra impossibile che uno dei migliori di sempre abbia subito questo genere di comportamenti, eppure è così.

 

Len Wein ha invece parlato della sua esperienza assieme a Marv Wolfman, quando ebbero la possibilità di frequentare direttamente la casa di Jack Kirby.

 

Era un posto sorprendente. C’erano un sacco di quelle meravigliose doppie pagine appese ai muri. Lui e la moglie ci trattavano come dei figli. Ci andavamo una volta al mese e non facevamo altro che guardare Jack che lavorava. Roz ci faceva quasi da mamma. Veniva a portarci latte e biscotti e devo dire che erano una famiglia davvero meravigliosa. Siamo diventati amici per la vita ed è stato un privilegio. A Jack interessava quel che pensavamo, era sempre in cerca di confronto e informazioni, sempre a caccia di nuovi stimoli e progetti. Essere stato suo amico è un dono che mi porterò nella tomba.

 

 

Fonte: Comic Book Resources