È il 1983 e Akira Toriyama sta pensando di portare a termine Dr.Slump & Arale; decide così di sperimentare qualche storia breve per capire quale sarebbe stato il suo successivo manga da serializzare su “Weekly Shonen Jump”. Tra questi fumetti autoconclusivi, approfittando della sua passione per le arti marziali e per i film di Jackie Chan, Toriyama realizza Dragon Boy; il riscontro positivo del pubblico confermerà all’autore che quella è la direzione giusta da intraprendere. Per cinque anni il mangaka ha realizzato episodi autoconclusivi del buffo scienziato e della ragazzina robot, ma nel corso della serie apparivano sempre più di frequente cicli di storie più lunghi che lasciavano intuire il desiderio di dedicarsi a qualcosa di più strutturato dal punto di vista narrativo; per creare qualcosa di respiro più ampio si basa sul classico della letteratura cinese Il Viaggio in Occidente, nel quale quattro eroi viaggiano per raggiungere l’illuminazione e diventare dei buddha.
Goku

Il protagonista è il monaco Sanzang, con caratteristiche simili a quelle di Bulma; Sanzang è colui che dà il via all’avventura, portando con sé discepoli che spesso sfrutta, anche mentendo loro per il suo tornaconto. La ricerca della salvezza muta nella raccolta delle sfere del drago, sette antichi manufatti in grado di evocare un drago che può esaudire un qualunque desiderio, motore narrativo considerato più avventuroso.
Lo scimmiotto di pietra diventa Son Goku, forzuto ragazzino che come il personaggio a cui è ispirato viaggia a bordo di una nuvola armato di un bastone in grado di allungarsi; per avvicinarlo alla scimmia originale, Toriyama gli conferisce una strana coda, elemento che anticipa la sua successiva trasformazione in gigantesco gorilla alla vista della luna piena.

Il maiale Zhu Wuneng è interpretato da Olong, la versione del personaggio più simile a quella originale: Zhu Wuneng è infatti stupido, pigro e con una passione per le belle ragazze, aspetto che gli costerà la trasformazione in un maiale. Nella vita precedente era in grado di compiere diverse trasformazioni, elemento presente anche in Olong, nonostante possa mantenere queste forme solo per pochi minuti.
Il demone di fiume Sha Wujing diventa Yamcha, mantenendo la sua abilità in combattimento; l’unica altra caratteristica che possiamo ritrovare nel personaggio creato da Toriyama sono le mosse legate all’acqua, in origine magie che sono però diventate colpi di arti marziali.
Sono questi i fattori che gettano le basi per Dragon Ball, uno dei manga di maggior successo di sempre.

Tutto comincia in mezzo alla foresta, dove si incontrano Goku e Bulma; lei è una ragazza dotata di strumenti e veicoli ultratecnologici mentre lui è un ragazzo selvaggio dalla forza sovrumana, lei è maliziosa e pronta a trarre vantaggio dal suo aspetto fisico quanto lui è ingenuo e privo di qualsiasi tipo di informazione su come siano fatte le donne.
La loro relazione è estremamente efficace e suscita simpatia fin dalle prime pagine, toccando picchi di comicità quando Goku scopre che le donne non hanno il pisello; fa piacere osservare come Bulma e le sue forme femminili siano mostrate in più di un’occasione per suscitare risate, con un’eleganza che è lontana anni luce dai fan service abbastanza gratuiti che ormai appaiono nella maggior parte dei manga odierni.

Le invenzioni di Toriyama sono abbondanti ed è incredibile realizzare che questa prima saga del fumetto si sviluppa in solamente 24 episodi, per la quantità di personaggi, situazioni ed elementi introdotti in così poco tempo. Nonostante il contesto fuori dal tempo in cui si svolge la trama, in luoghi immersi nella natura o in piccoli centri abitati, la presenza di apparecchiature come il Dragon Radar e le capsule Hoipoi suggeriscono che ci troviamo in un mondo con tecnologie futuristiche, anche se sarà mostrato meglio solamente più avanti. Parallelamente però esistono anche creature fantastiche, come dinosauri o esseri in grado di assumere le sembianze di altri esseri viventi o oggetti; questo crea un mix tra vecchio e nuovo che rende affascinante il mondo in cui si muovono i personaggi.Uno dei personaggi più divertenti è senza dubbio il Maestro Muten, che inizialmente fa solo una breve apparizione come vecchio saggio in grado di aiutare i protagonisti nella loro missione; il suo carattere da maniaco però attira molte simpatie, spingendo l’autore a riportarlo in scena già dopo poche settimane.
b28c0d4aad4b38a24d075128e85366b1Anche Yamcha suscita più di una risata grazie alla sua fobia per le donne, in netto contrasto con la sua figura da tenebroso combattente; il suo personaggio inizia a portare nel manga le prime sequenze d’azione che vanno oltre le 2-3 pagine; la componente action subirà poi un ulteriore salto di livello con la prima Kamehameha lanciata da Muten, in una scena che mostra l’esile mingherlino sotto una luce completamente differente, con lo stile di disegno che per qualche pagina abbandona lo stile umoristico per sfoggiare un tratto più adulto che negli anni diverrà poi lo standard del fumetto.
Toriyama dimostra un’ottima capacità di pianificazione, inserendo qua e là elementi che in futuro potrà riprendere per svilupparli in modi che probabilmente all’epoca nemmeno lui immaginava; ne sono alcuni esempi la coda di Goku, o l’introduzione di Chichi, personaggio che compare per poche pagine per essere poi ripreso ad anni di distanza.
Gli unici due episodi interlocutori di questa saga che appaiono leggermente inferiori come qualità e che riletti a saga conclusa non apportano nulla al disegno complessivo sono quelli con la Banda del Coniglio, in cui un coniglio gigante tiene sotto scacco una città grazie al suo potere di trasformare le sue vittime in carote; si tratta però di un riferimento al coniglio lunare, personaggio presente ne Il Viaggio in Occidente.
La trama giunge alla resa dei conti con l’introduzione di Pilaf, buffo essere sulle tracce delle sfere del drago, che opera col supporto di due buffi scagnozzi; Pilaf ricorda nell’aspetto Re Nikochan, l’alieno invasore con le fattezze di un sedere presente in Dr. Slump & Arale, similitudine rafforzata nella sua prima scena da una gag con la tipica cacchetta rosa.
La squadra di protagonisti che si è formata lungo il viaggio, superando le reciproche ostilità, deve ora affrontare una minaccia comune per cercare di liberarsi dalla prigionia e impedire che Pilaf conquisti il mondo. La risoluzione conclusiva è spiazzante, riutilizzando l’elemento demenziale che ha permeato la narrazione fino a quel momento anche in una scena epica come l’evocazione del drago Shenron: Olong interrompe la richiesta del desiderio domandando delle mutandine da donne, facendo scomparire il pericolo. Ma i lettori non potevano certo aspettarsi a questo punto della storia un’ulteriore colpo di scena di tale portata: Goku infatti alla vista della luna piena si trasforma in un colossale scimmione che distrugge la reggia di Pilaf, non ricordando nulla dopo che Yamcha riesce a riportarlo alle sue fattezze umane.

Tutta questa saga è stata ideata come una sorta di gioco, in cui i protagonisti attraversano varie quest per ottenere la ricompensa finale; è una struttura perfetta che permette di raccontare tante breve storie, ma con un filo conduttore che rende tutto omogeneo, in particolare riuscendo a costruire gradualmente il team di personaggi che poi dovrà affrontare “il mostro finale”.
Toriyama però aveva dall’inizio pensato a Dragon Ball come un manga che sarebbe durato circa un anno, concludendosi col ritrovamento delle sfere del drago; osservando il successo del fumetto e rendendosi conto del valore dell’universo narrativo che aveva costruito, non poteva però interrompere qui la storia.
Le sfere del drago però si sono disperse per il mondo e per un anno sono normali sassi, per cui non avrebbero più potuto essere al centro della vicenda, c’era bisogno di pensare a qualcosa di differente.
Ed è qui che l’amore dell’autore per Jackie Chan e per le arti marziali inizia ad assumere un peso sempre maggiore…