neil gaimanNeil Gaiman, di recente tornato ai fumetti con Sandman: Overture (a novembre in Italia per RW-Lion), è stato intervistato da Repubblica in merito alla sua nuova raccolta di racconti, Cose Fragili (Mondadori). Sebbene negli ultimi anni Gaiman non sia stato così profilico nel campo della nona arte, resta molto attivo come romanziere e sceneggiatore. Eppure, parlando delle differenze tra i vari media, non ha difficoltà a scegliere quello che predilige:

Ognuno ha i suoi pregi. Ma contano soprattutto le limitazioni dei singoli generi. È come il tennis. Devi stare alle regole, scavalcare la rete. E ogni match ha una storia a sé. Ma se devo scegliere, scelgo i fumetti. Quando risfoglio quelli vecchi mi emoziono molto.

Lo scrittore afferma di amare maggiormente il tipo di comunicazione che costringe il fruitore a mettere in moto l’immaginazione, come ad esempio le trasmissioni radiofoniche, e sostiene che oggi la vera fabbrica dell’immaginario mondiale risieda nelle storie popolate da personaggi a cui affezionarsi realmente. Incalzato sull’argomento serie tv, Gaiman bolla il fenomeno come “non culturale” e di moda, per via delle solide basi tecnologiche da cui dipende. Il mezzo, dunque, che sovrasta il messaggio e ne determina il successo passeggero. A questo proposito, racconta, il suo amico Terry Gilliam gli ha confessato di ritenere la tv il nuovo cinema. Gaiman non sembra però essere dello stesso avviso:

No. Perché, nonostante l’hi-tech, resta televisione. Il fenomeno delle serie tv mi ricorda molto quello dei fumetti. Ma solo questi ultimi riescono a fornire un immaginario, a combinare mondo interiore ed esteriore. In film o serie tv non riesco a immedesimarmi. Con un romanzo è diverso. C’è molta più empatia. È più facile imbattersi in uno sterminato immaginario interiore, vedi il Caulfield del Giovane Holden di Salinger. Ma i fumetti riescono a suscitare entrambe le cose. E questa è la loro caratteristica straordinaria.

cose fragiliUna marcia in più che, a dire il vero, è da sempre uno dei cavalli di battaglia di Alan Moore, altro grande amico di Gaiman. Un’altra idea comune di questi due leggendari scrittori britannici ha a che fare con la figura dell’eroe: Moore da molti anni sostiene che i supereroi abbiano fatto il loro tempo e che, in generale, la figura di un individuo di fatto superiore agli altri, sopra alle leggi e in cui credere ciecamente, sia qualcosa di inquietante e che addirittura ricordi i totalitarismi del ‘900. Gaiman non si allontana poi molto da questa visione:

Non ho mai creduto negli eroi. Perché credo nella gente comune. Se credi negli eroi, devi far finta che non abbiano difetti. Ed è agghiacciante. Gli eroi sono sempre umani. Perfino nell’antichità gli eroi venivano distrutti dai loro difetti. Siamo troppo fragili per avere eroi. Robin Williams ne è stato la dimostrazione.

Il futuro di Gaiman sembra finalmente nel segno del fumetto: oltre al già citato Sandman: Overture, tempo fa vi abbiamo parlato di un progetto ancora segreto con l’artista Colleen Doran (di cui a dire il vero non si conosce ancora il formato) e ovviamente dell’attesissimo finale di Miracleman, lasciato nel cassetto per decenni e ora ripreso con il disegnatore Mark Bukingham.

Dopo Cose Fragili, uscito il 9 settembre nelle nostre librerie, la prossima fatica letteraria di Gaiman sarà Trigger Warning, che sarà dato alle stampe in America solo tra un anno. Ma se non volete aspettare così a lungo, sappiate che a novembre per 001 Edizioni uscirà finalmente l’edizione italiana di Don’t Panic: the official Hitchhiker’s Guide to the Galaxy Companion, una guida alla Guida Galattica per autostoppisti, alla vita e alle opere di Douglas Adams, scritta proprio dall’autore di Coraline.

 

Fonte: Repubblica