Garth Ennis era presente al Baltimore Comic Con, dove ha incontrato i propri fan, aggiornandoli sui suoi progetti in corso e su quel che li aspetta nel prossimo futuro. L’autore nordirlandese ha spaziato tra i suoi molteplici impegni che lo vedono presente nei cataloghi di varie case editrici del comicdom americano. A partire da quello della DC Comics, che sta ristampando le vecchie storie di War Stories in due volumi formato paperback, mentre i nuovi archi narrativi della serie sono pubblicati da Avatar, come ideale continuazione del successo di Battlefields. Ennis ha dichiarato che la nuova serie di War Stories è uno dei suoi lavori meglio riusciti e che, come spesso succede con le sue opere, non ci sarà molto da stare allegri, ma non mancherà una gran dose di umorismo.

Per Dynamite, Ennis sta lavorando a Red Team, la sua prima storia interamente legata al genere investigativo. Pungolato sul motivo per cui non sia mai approdato prima a questo tipo di narrativa, Ennis ha detto di non pensare a se stesso come a un autore di generi. Ha scritto Hellblazer per dieci anni senza mai pensare di essere uno scrittore horror. Parlando di Red Team, impossibile non pensare alle storie del Punitore. Ennis ha detto di averlo scritto come ha fatto perché non lo ha mai visto come realmente inserito in un contesto supereroistico, nemmeno declinato come antieroe. Frank è su un piano diverso, frequenta un mondo che un eroe in senso stretto non può conoscere e che solo Nick Fury, sotto la sua lente realistica e più a contatto con l’universo dello spionaggio (non certo la versione popo degli anni Settanta) può condividere, tra tutti i personaggi della Marvel.

Ennis ha parlato anche di Caliban, che assieme a Crossed incarna la sua attuale anima tra fantascienza e horror. Dopo il debutto in aprile, questa space saga dai toni decisamente inquietanti ha altri due numeri in uscita nel prossimo futuro, per Avatar Press. Dal pubblico è stato chiesto se ci sono echi della letteratura di Lovecraft nell’immaginario della serie. Ennis ha confessato di no, sostenendo che l’ispirazione gli sia venuta soprattutto dai classici della fantascienza cinematografica degli anni Ottanta: Robocop, Predator e soprattutto l’Alien di Ridley Scott. Il rapporto con Lovecraft potrebbe sopravvivere solo nell’ottica in cui il grande autore americano era ispirato da una visione distopica del mondo, raccontava situazioni in cui l’essere umano è ridotto a poco più di un insetto impotente. In questo senso, l’idea di base di Caliban fa riferimento a quell’immaginario e a situazioni simili, ma provenienti da suggestioni totalmente diverse.

Non potevano mancare domande riguardanti Preacher e la sua trasposizione televisiva attualmente in lavorazione. Ennis ha detto di aver ltto lo script della prima puntata e di aver avuto la sensazione che non ci sia alcuna volontà di annacquare i contenuti che hanno reso Preacher il capolavoro di assurdità e spregiudicatezza degli anni Novanta. Un’ottima notizia, almeno potenzialmente per tutti noi che restiamo in attesa di vedere il risultato.

Caliban

Fonte: Bleeding Cool