Chi conosce i mutanti solo attraverso le loro imprese cinematografiche forse lo ignora ma la storia editoriale degli X-Men è costellata di viaggi nel tempo e parecchi crono-viaggiatori hanno fatto parte delle loro formazioni, finendo quasi sempre per abbandonare la dimensione d’origine in barba alle apparentemente inflessibili leggi dell’universo. Dei futuri distopici poi non ne parliamo: ogni team creativo che ha detto la sua sulle testate mutanti ne ha creato almeno uno, e così ogni generazione di lettori ha avuto il suo drammatico avvenire da scongiurare a tutti i costi. Se ce n’è uno a cui gli X-aficionados sono rimasti più affezionati è sicuramente il primo ad essere stato raccontato, quello creato nella minisaga Giorni di un Futuro Passato di Chris Claremont e John Byrne, ossia il tandem di autori che più di ogni altro ha contribuito a rendere unici i personaggi creati da Lee & Kirby. In quei due storici episodi di Uncanny X-Men, la Kitty Pryde del 2013 (!) tornava nel 1981, durante i suoi primi giorni con gli X-Men e, nel corpo della sua versione più giovane, tentava di impedire l’assassinio del Senatore Kelly per scongiurare l’ascesa delle Sentinelle e la segregazione dei mutanti nei campi di sterminio.

Il film racconta una storia tutto sommato simile, mixando gli svariati futuri dei fumetti e applicando il tutto alle contraddittorie vicissitudini cinematografiche degli X-Men. E così, malgrado la scena dopo i titoli di coda di Wolverine: L’Immortale, ritroviamo Logan in un futuro nemmeno troppo lontano in cui paradossalmente è il personaggio visibilmente più invecchiato, causa le striature canute sulle tempie. Con lui, un drappello di mutanti, indentificabili come l’ultimo baluardo dell’homo superior: Alfiere, Blink, Warpath, Sunspot e i decani Colosso, Xavier (inspiegabilmente di nuovo nel suo corpo), Magneto, Tempesta, Uomo Ghiaccio, Kitty Pryde; quest’ultima, interpretata dalla sprecatissima Ellen Page e dotata di un potere “aggiuntivo”, per non dire sostitutivo. Sarà lei infatti a trasferire la coscienza di Wolverine nel corpo dell’irsuto canadese del 1973, nel tentativo di impedire a Mystica di uccidere Bolivar Trask (Peter “Tyrion Lannister” Dinklage), inventore delle Sentinelle. Così facendo la storia verrebbe riscritta e la guerra con le Sentinelle impedita. Per riuscire nell’intento Wolverine dovrà però convincere gli Xavier e Magneto del passato, quelli di First Class, a collaborare nonostante le inconciliabili divergenze di opinioni.

X-Men: Giorni di un Futuro Passato, più che un sequel del film di Matthew Vaughn del 2011, i cui filoni narrativi vengono epurati utilizzando il debole escamotage della guerra in Vietnam, è un tentativo di quagliare dopo quattro film (uno molto bello, uno pessimo e due piacevoli… più due discutibili spin-off) e capire se il brand è ancora vivo. Il non-rilancio di First Class, con tutte le sue potenzialità, era stato “contaminato” dalla presenza di Hugh Jackman (per una gag, poi), includendo a forza la pellicola nella continuity dei film di Singer e rendendo di fatto l’operazione un mancato reboot. Ciò ha creato non poche incongruenze tra passato e presente degli X-Men filmici, come ad esempio il forte legame Xavier-Mystica mai accennato da Singer o il litigio tra Charles e Magneto (con conseguente perdita dell’uso delle gambe del primo) collocato molto tempo dopo, in un flashback di Conflitto Finale di Brett Ratner. Insomma, la timeline degli X-Men al cinema è un vero e proprio pasticcio temporale in cui ogni sceneggiatore ha detto la sua non facendo troppo caso al lavoro di chi l’aveva preceduto. Dunque, guazzabuglio per guazzabuglio, tanto vale buttarla sui viaggi del tempo e tentare di fare il punto.

ATTENZIONE: seguirà una ragionevole quantità di spoiler, tipica delle recensioni.

 

Per questo e altri motivi si può dire che Singer si stia giocando tutto con Giorni di un Futuro Passato, mettendo insieme gli elementi maggiormente riusciti delle precedenti x-pellicole e shakerando il tutto con un budget che rivaleggia con quello di Titanic: nel ruolo del viaggiatore temporale, l’inossidabile frontman Wolverine, supervisionato dai vecchi fascinosi nemiciamici Stewart-Xavier e McKellen-Magneto, catapultato nei sempre intriganti anni 70 e attorniato dalla crème di First Class, il trio Fassbender/Lawrence/McAvoy. Ad esclusione del giovane Hank “Bestia” McCoy (Nicholas Hoult), il resto, a dirla tutta, è una serie di comparsate e cammei. E com’è questo ritorno in grande stile dei mutanti al cinema? Buono, decisamente riuscito. Non siamo dalle parti del solido X2 ma certamente al di sopra di tutti gli altri capitoli e affini. Nonostante una parte centrale troppo lunga, e qualche discorso accorato di troppo, il film non annoia e centra il bersaglio intrattenendo piacevolmente. L’intreccio infatti coinvolge e i personaggi, quelli che non fanno da tappezzeria, sono ben orchestrati. L’azione, pur non essendo ai livelli di Captain America: The Winter Soldier, propone delle buone coreografie e a livello visivo il film è decisamente spettacolare, soprattutto quando c’è di mezzo Magneto (il 3D non è comunque imprescindibile). McAvoy giganteggia su tutti con la sua interpretazione del giovane Xavier sbandato, mentre appena sotto c’è la solita poliedrica Lawrence e un Fassbender davvero parecchio credibile nel manto del signore del magnetismo, abbigliato finalmente a dovere e dotato di un elmo molto cool. Jackman, col pilota automatico di chi sa che nessuno può portargli via il posto, fa il suo. Una menzione particolare la merita il Quicksilver di Evan Peters, forse il personaggio più azzeccato fra tutti, protagonista della scena più divertente del film. Ma il pregio più grande di Giorni di un Futuro Passato è l’aver catturato lo spirito che permea i migliori fumetti dedicati agli X-Men: quel lottare per mantenere viva la speranza di pace e di uguaglianza per tutti, umani e mutanti. Va detto che il film di Singer non è esente da difetti; non per niente è figlio dei capitoli precedenti, con tutte le contraddizioni di cui sopra. Abbiamo quindi diversi passaggi in cui la sospensione dell’incredulità viene meno (tutta la questione legata ai viaggi del tempo è gestita in maniera poco coerente) e una manciata di situazioni in cui è palese che si sia voluto strafare creando degli autogoal evitabili (su tutti, l’insistere sull’omicidio di Kennedy e lo sguardo di Mystica nei panni di Stryker).

ATTENZIONE: seguono spoiler sul finale, una volta appresi non potrete tornare indietro nel tempo.

 

Ciò che va sottolineato è che Giorni di un Futuro Passato, pur essendo un buon prodotto e un pregevole biglietto da visita per il ritorno degli Uomini-X a grandi livelli, col senno di poi dà l’impressione di essere un grosso compromesso ben confezionato che si sarebbe potuto evitare. Il finale è esplicito a riguardo: la gestione degli X-Men al cinema è stata bocciata e tutto ciò che abbiamo visto negli ultimi dieci anni (eccezion fatta per il comunque spuntato First Class) è stato spazzato via. Una vera e propria ret-con dalle conseguenze devastanti come forse non si era mai vista al cinema, cornice più avvezza ai reboot che agli errata corrige. A conti fatti, una soluzione un po’ troppo comoda per Singer, ai tempi attirato dalle sirene di Superman Returns e poi, dopo qualche lavoro non particolarmente riuscito, di ritorno sui pupilli di Xavier. E così, quello che ci ritroviamo ora è un vero e proprio marvelliano What if…? promosso a filone titolare dei mutanti sul grande schermo: e se Bryan Singer non avesse mai abbandonato gli X-Men?

Le prime conseguenze le abbiamo viste negli ultimi minuti di Giorni di un Futuro Passato. Con la riuscita della missione di Logan nel 1973, il futuro comandato dalle Sentinelle è stato sventato e le cose hanno preso una piega che definire gradevole è dir poco: la Scuola per Giovani Dotati è in piedi e gremita di studenti come non mai; Xavier, Scott e Jean vivi e vegeti; Bestia nei ranghi degli insegnanti; Rogue e Bobby di nuovo insieme. Insomma, il cast storico al gran completo, nonostante qualche anno di troppo sulle spalle per assicurare un sicuro avvenire alla squadra senza sostituzioni o addirittura un ennesimo rilancio. Ma, credibilità del progetto a parte, solo una minaccia incombe all’orizzonte per gli X-Men (dopo i titoli di coda): Apocalisse. Ma se gli sceneggiatori questa volta faranno i compiti a casa, andrà tutto per il verso giusto. Vai con la bella copia, Singer.